28 un abbraccio

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Più il tempo passava e più la tensione che provavo aumentava, senza accorgermene urlai ad alta voce :"Kio aiutami!"mi aveva salvato la vita una volta ma adesso lui non era lì e di sicuro non mi avrebbe più tirato fuori dai guai.
L'uomo al volante si mise a ridere e l'altro disse "allora sei proprio stupida"disse anche lui ridendo, non capiva perché ridessero così tanto di me, mi davano sui nervi.
Uno dei due uomini si tolse la calza,con un gesto delle mani abbastanza veloce, intravidi il suo volto dallo specchietto retrovisore, conoscevo quegli arruffati capelli castano chiaro e quegli occhi neri così freddi e profondi nel quale potevo perdermi e poi vidi quelle labbra che raramente destavano un sorriso, il proprietario di quella bocca non era altro che Kyo. Rimasi senza parole, scoprendo che la mano del mio carnefice, appartenesse allo stesso ragazzo che mi avesse dato conforto nel momento più grigio della mia esistenza. Poi l'altro uomo si tolse la maschera,così scoprì che non era altro che suo fratello, mi avevano fatto un bello scherzo, dovevano essersi molto divertiti alle mie spalle o forse le loro intenzioni non erano davvero buone, forse adesso ero davvero il loro ostaggio.
" Yoko pensavo tu avessi capito da sola la situazione, ma a quanto pare sei più ingenua di quanto credessimo "mi disse Kio con la solita espressione fredda che assumeva quasi sempre.
"Quali sono le vostre intenzioni?" chiesi preoccupata.
Volevo capire quale fosse il mio ruolo in quella faccenda,ero l'ostaggio che dovevano uccidere o ero qualcos'altro?.
In fondo ero stata io la stupida in tutta quella storia, perché di solito quando si ha a che fare con dei delinquenti si cerca una via d'uscita,ma io non l'avevo cercata anzi era stato il delinquente ad offrirmi la soluzione,ma io rifiutai la libertà, lasciandomi ingannare dalla sua apparente generosità. Dopotutto non ero cambiata, ero rimasta la Yoko stolta che crede ancora nell' esistenza dei buoni in questo diavolo di mondo, mentre invece tutti continuavano a rivelarsi degli esseri meschini.
"Non saprei.. penso che ti taglieremo a pezzettini"disse Kio con un espressione sadica sul volto.
Il mio viso sbianco improvvisamente, rimasi in silenzio per paura di poter dire qualcosa di avventato che potesse innervosirlo.
Poi il fratello si mise a ridere dicendo"così la spaventi a morte!" e continuando a guidare aggiunse "sta solo scherzando!".
Non sapevo fino a che punto Kio stesse scherzando,non sembrava che scherzasse,il suo volto sembrava così serio e irremovibile, non era la stessa persona che mi aveva salvato la vita. Il mio collo sanguinava incessantemente, stavo perdendo troppo sangue e incominciai ad avere sempre più paura, sentivo il mio cuore battere all' impazzata, non volevo morire ero ancora così giovane, ma non potevo fermare lo scorrere del sangue che continuava a fluire fuori sporcandomi la maglietta.
"Continuo a sanguinare!"dissi preoccupata, ma la mia preoccupazione come immaginavo non fu affatto ricambiata, non glie ne importava proprio nulla della mia vita, così mi infuriai dicendo " Vi sbatteranno in galera per aver ucciso una minorenne, vi ci faranno marcire!"
" Yoko fra non molto avrai un emorragia e morirai e noi ti seppelliremmo in un posto dove nessuno scaverai mai"disse Kio sorridendo sadicamente, i suoi occhi sembravano davvero quelli del diavolo in persona.
"No,io non voglio morire!vi prego portatemi in un ospedale!"dissi disperata.
Io non volevo morire, so che può sembrare da pazzi dire una cosa del genere dopo aver tentato il suicidio, ma in realtà non volevo suicidarmi,io volevo solo avere una vita diversa e provare quell' ebbrezza di poter perdere tutto in un semplice istante, ma ormai questa sensazione mi aveva stancato e mi aveva fatto capire la vera importanza che avesse per me la vita:per me vivere significava poter ammirare il sole, con la speranza che un giorno tutto fosse cambiato in meglio e vedere la felicità degli altri riflessa nei loro volti come se mi appartenesse e poi guardare un qualche anime, cercando di allontanare i miei pensieri da tutto il resto, così quando guardavo un anime o un qualche film, mi lasciavo sopraffare dalla sindrome di Werther, ovvero era come se diventassi la protagonista di quel film o di quell' anime, però cercavo sempre di trarre dal personaggio in cui mi immedesimassi gli aspetti più positivi, così adesso diventai la protagonista di qualche anime, che di solito erano sempre tenaci e determinate, non come me, che ero sempre stata un tipo che si butta a terra con molta facilità.
"Liberatemi!" urlai agitandomi.
Arrivati a casa, stavo iniziando a pensare ad una via di fuga, dovevo andare in ospedale al più presto possibile,prima che l'emorragia mi avesse ucciso.
"Bene Yoko vieni con me!"disse Kio assumendo un espressione seria in volto, io non avevo alcuna voglia di seguirlo, ma lui mi trascinò prendendomi per il braccio,così non potei far altro che seguirlo, avevo paura di cosa avesse in mente.
Mi portò in bagno chiudendo la porta dietro di se, lo osservai i suoi occhi non sembrano preannunciare nulla di buono, adesso li riconoscevo chiaramente, erano gli stessi occhi vispi e pazzi di Keitawa.
"Che vuoi fare?"gli chiesi spaventata.
"Voglio rendere la tua morte meno sofferta!"disse prendendo una valigetta di metallo.
"No!"gli risposi allontanandomi da lui.
Mi allontanai spaventata, intuendo che mi volesse uccidere e persino in un modo bizzarro, forse in puro stile Jack lo squartatore, così mi guardai attorno per cercare una via d'uscita e poi notai quelk tavolo che mi era accanto dove erano posate un paio d forbici, lui stava cercando di aprire la valigetta che non si apriva con molta facilità, così approfittai della sua distrazione per prendere le forbici.
"Fermo!" gli urlai, mentre cercava ancora di aprire la valigetta.
Kio non sembrava intimorito dalle forbici che gli puntavo contro,anzi sorrideva e si avvicinò piano piano a me, le mie mani tremavano, avevo un'arma eppure lui continuava a venire verso di me, cominciavo a chiedermi perché continuasse a muoversi, avrei potuto ucciderlo oppure era certo che non avrei mai avuto il coraggio di farlo,ma si sbagliava di grosso, questa volta non sarei stata più la Yoko fragile e stolta, ma sarei stata tenace e decisa.
Purtroppo la mia tenacia ebbe termine più del previsto, non sapevo perché ma non appena mi rivolse quello sguardo e quel sorriso dolce, le forbici mi scivolarono dalle mani con estrema facilità e lui le spostò dalla sua parte con il piede, poi riuscì ad aprire la valigetta, mentre io stavo cercando di riprendere le forbici, ma era impossibile riuscire a prendere quelle dannate forbici,avrei dovuto avvicinarmi a lui senza che se ne accorgesse e poi avrei dovuto abbassarmi in fretta per prenderle, insomma era davvero troppo complicato.
Così ormai rassegnata mi soffermai su quella valigetta per vedere gli strumenti di tortura che il mio carnefice intendesse usare, ma mi dovetti ricredere non c'erano armi, ma soltanto medicinali. Tirò fuori da essa della bambagia versandogli dell' alcool etilico, lo guardai attonita, lui mi guardò sorridendo, che bel sorriso pensai osservandolo, rimanendo immobile a fissarlo con meraviglia." Non pensavo che le ragazzine temessero così tanto il disinfettante....certo brucia un po' però..." disse continuando a ridere.
"Io pensavo che tu..." affermai non riuscendo a completare la frase, ero troppo sbalordita.
"Adesso brucerò un po'..." disse posando la bambagia sul mio collo e mi lamentai per il bruciore.
"Hai solo un piccolo graffietto nulla di grave!" affermò guardandomi.
Prima mi aveva parlato di emorragia pensai confusa e adesso diceva che era un semplice graffio?Kio aveva notato le mie perplessità e assunse un espressione divertita dicendo:"Che idiota riguardo l'emorragia stavo solo scherzando!"
Cercai di mantenere la calma, ma era furiosa, avrei voluto ucciderlo per lo spavento che mi aveva fatto provare, ma dopotutto dovevo ringraziare il cielo che fosse tutto uno scherzo e una burla, però ero lo stesso arrabbiata, avrebbe potuto risparmiarmi tutta quell' ansia e agitazione che mi aveva messo addosso.
"Mi hai spaventato a morte!" affermai infuriata.
"Mi sono un po' lasciato prendere la mano, ma la colpa in parte è tua, che sei una credulona!" affermò ridendo.
Improvvisamente non ero più arrabbiato con lui, non sapevo perché ma il suo sorriso mi ipnotizzava, così non ebbi la forza di controbattere. Poi di c divenne serio e mi fece delle domande su mia madre, non capivo perché mi stesse chiedendo quel genere di cose, così all' inizio rimasi in silenzio, anche perché non avrei saputo come iniziare il discorso e non sapevo se tralasciare alcuni particolari, ovvero che mia madre fosse una poco di buono.
"Se non ti va di parlamene non fa nulla" affermò pacatamente.
Ma alla fine per una qualche ragione a me sconosciuta, finì per raccontargli tutto senza tralasciare nessun particolare, quando finì di raccontargli tutto, lui non disse il solito mi dispiace che tutti avrebbero detto compassionevoli, si limitò semplicemente a darmi un ' energica pacca sulla spalla, senza volere incominciai a piangere, le lacrime scendevano dal mio viso come se fossero impazzire, avrei tanto voluto fermarle, ma era tutto inutile.
Lui non disse nulla, non diceva le solite frasi ipocrite delle persone che ti dicono di farti coraggio, quando in realtà, non sanno neppure il motivo per il quale stai soffrendo perché non l' hanno mai vissuto nella loro pelle, ma nonostante tutto, con ipocrisia ti dicono di farti forza. In quei momenti pensai a loro nelle mie condizioni e mi chiedevo " Chissà se loro vivendo le mie sofferenze avessero avuto la forza di smettere di piangere e di farsi coraggio come tanto predicavano".
" Non avrei dovuto chiederti quelle cose"disse sinceramente dispiaciuto dal mio stato d'animo.
"No, non è colpa tua" affermai cercando di fermare le lacrime.
"Non devi per forza fermarle, se hai voglia di piangere, fallo" disse notando i miei inutili sforzi.
Ancora una volta reagii d'istinto,mi gettai letteralmente fra le sue grandi e forti braccia, riuscivo a sentire il calore del suo corpo e sentivo quelle braccia che mi avvolgevano come una pesante coperta che si metteva nei giorni d'inverno per stare al caldo, però quel calore era ancora più piacevole perchè non scaldava soltanto il corpo, ma anche la mente ottenebrata dagli spiacevoli ricordi, poi sentivo i suoi respiri e il suo fiato che mi giungevano un po' sino alla testa e alle guance, anche quella era una bella sensazione ma era molto fioca, pechè mi arrivava ben poco del suo fiato e dei suoi respiri, perché purtroppo ero troppo distante dalla sua bocca per via della mia scarsa altezza e della sua che invece era eccessiva.
Mi chiedevo quanto potesse essere alto, forse era un metro e ottanta, mentre io arrivavo si e no a sfiorare un metro e cinquantacinque,pensai sentendomi una nanerottola.

Dangerous loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora