2 Tristezza comune

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  Giornata dal punto di vista di Kyo:

La sbornia mi era ormai passata.
Mi sentivo osservato.
Mi voltai.
Gli occhi di mio fratello erano puntanti su di me.
Mi guardava con quello sguardo severo.
"Smettila di piangerti addosso, non lo capisci che non ti serve a nulla comportarti così!"disse mio fratello urlando con rabbia.
Non lo avevo mai visto così arrabbiato.
Lui era sempre stato quello che non perdeva mai la calma,di solito ero io a perderla con tanta facilità.
Mentre lui era il classico bravo ragazzo pacato, che non si arrabbiava mai neanche volendo.
Quelle parole che aveva pronunciato erano vere:
non serviva a nulla piangermi addosso come un bambino, ma non riuscivo ad andare avanti, a vedere qualcosa di positivo in questo lurido mondo, perché era la sua presenza a rendere gradevole la mia vita, era stata sempre lei a farmi capire che la vita fosse un dono e non una disgrazia.

Io non dissi niente.
Lo guardai con indifferenza e lui uscì dalla stanza più arrabbiato di prima sbattendo forte la porta.
Lui non poteva capirmi,nessuno poteva comprendere quello che provavo.
Mi avvicinai alla finestra ormai si era fatta sera,il cielo si era ormai fatto scuro e in mezzo a quell' oscurità la luna emanava una fioca luce dorata.
Quel cielo tenebroso ero io, e quella luce chi era?
Quella piccola luce di speranza mi mancava, la volevo pure io, mi sarebbe bastata un lieve bagliore per sentirmi vivo ancora una volta.

Poi mi ritornò in mente quel giorno che cambiò per sempre la mia vita:

Io stavo camminando per le strade,erano soltanto le cinque del mattino,non c'era molta gente in giro.
Qualcuno mi chiamò,era un uomo sulla quarantina, che mi puntava una pistola contro.
Stava fermo davanti a me e mi guardava con compassione,sembrava quasi gli dispiacesse uccidermi.
Io non feci nulla, non potevo fare niente, ero disarmato,aspettavo solo il momento in cui si fosse deciso a spararmi.
All'inizio non ebbi paura, ma quell' attesa stava iniziando a diventare insostenibile.
Non capivo se voleva ammazzarmi perchè non lo faceva subito, invece di prolungare le mie sofferenze?
Purtroppo quando si decise a farlo non colpì me, ma una ragazza che si era messa in mezzo.

Mayko era finita per terra e mi guardò per l'ultima volta.
Il suo corpo era coperto di sangue e il suo viso era divenuto bianco e freddo come non lo era mai stato.
Cercava di dirmi qualcosa ma non riuscivo a capirla, la sua voce era molto flebile e confusa, poi smise di parlare e dalla sua bocca uscì molto sangue e poi i suoi occhi si chiusero per sempre.
Io ero chinato dinanzi al suo corpo inerme, ancora non riuscivo a realizzare che fosse morta.
Non volevo crederci, era troppo doloroso ammetterlo.
L'uomo che le aveva sparato, quel bastardo era svanito nel nulla, senza lasciare alcuna traccia di sé.
Non riuscivo neppure a ricordare quel volto, era oscurato dalla mia memoria.
Dopo mi sdraiai sul letto, mi addormentai con quei pensieri tristi ancora nella mia testa.
Il giorno seguente non feci nulla di speciale,stavo leggendo un articolo sul giornale "Tokyo Espress".
Parlava di Keitawa,un politico che si era candidato come nuovo presidente, conoscevo bene quell'uomo,tutti credevano di sapere chi fosse,ma io e mio fratello eravamo i soli a conoscerlo veramente.

Giornata dal punto di vista di Yoko:

Ero appena uscita per andare a scuola,la mia sorellastra Shizuko si era fatta accompagnare dal suo autista, mentre io chissà perché ogni volta ero costretta a farmi accompagnare da mio padre o meglio il mio padre adottivo.
Aveva una macchina sportiva,gli era costata tantissimo, ma per lui i soldi non erano un problema ne aveva in grande quantità.
Salì in macchina piuttosto preoccupata,avevo paura delle sue intenzioni.
Lui guidava lanciandomi talvolta qualche sguardo malizioso, io guardavo fuori dal finestrino per non incontrare quello sguardo che mi terrorizzava.
Avrei voluto sedermi nei posti dietro, ma lui mi obbligò a sedermi davanti a lui.
Durante i semafori e le fermate causate dal traffico, si avvicinava a me per toccare ogni parte del mio corpo con le sue viscide mani.
Io avrei voluto sottrarmi da ciò, ma non potevo fare niente, ero solo una ragazzina quattordicenne spaventata, così continuavo a guardare fuori dal mio finestrino, per non dover incrociare il suo sguardo che mi incuteva timore.
Avevo cominciato a provare paura, da quando aveva iniziato a provare un grande interesse verso il mio corpo.
Quando sua moglie tornava tardi per questioni di lavoro, ne approfittava per entrare nella mia stanza e violentarmi, non avevo mai avuto il coraggio di parlarne a qualcuno.
Rei il mio ragazzo con cui c'era stato solamente qualche bacio era sempre molto impegnato, giocava a basket insieme ai suoi amici, quindi non ci vedevamo molto e quelle poche volte che ci vedevamo non trovavo le parole per raccontargli quello che mi era accaduto. Le mie amiche Yuri e Yamiko non sapevo se mi avrebbero capito,inoltre mi mancava il coraggio di raccontarlo a qualcuno, perché in quel caso, se lo scopriva mi uccideva.
Mi fece scendere dalla macchina, io scesi in fretta avendo paura che ci ripensasse.
Eravamo arrivati, la mia scuola era un istituto privato per gente piena di soldi.
Scesi di corsa dalla macchina, volevo andarmene a scuola il più presto possibile,ma lui voleva accompagnarmi sino a lì.
Io gli dissi di non disturbarsi, così lui con un espressione maligna, mi chiedeva un bacio sulla guancia prima di andarsene.
Mi avvicinai al suo corpo curvo che era pronto per ricevere quel bacio,senza alcun sentimento facevo quello che mi chiedeva sperando che un giorno mi avrebbe lasciato in pace.

Finalmente dopo quel bacio se ne andò ed io entrai a scuola contenta, perché quello era l' unico posto dove nessuno avrebbe abusato di me.
Percorsi il corridoio che era affollatissimo di ragazzi e ragazze che ridevano fra di loro, riuscì a superare quella marmaglia ed entrai nella mia classe.
La prof non era ancora arrivata,i miei compagni erano tutti alzati che parlavano fra di loro.
Rei smise di parlare con la sua comitiva e si avvicinò a me. "Ciao Yoko!"disse lui sorridendomi.
"Ah,ciao..."dissi io.
"Ma che hai?!lo sai, sei davvero strana.
Ci sono giorni in cui spicchi felicità da tutti i pori e giorni in cui sei di pessimo umore!mi disse lui.
"Tutti hanno dei giorni neri e giorni in cui si sentono felici!"gli risposi. "Rei,Rei!"lo chiamò uno dei miei compagni.
"Adesso devo andare"disse lui tagliando corto.  

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