30 Tornare bambini

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Kyo:

Dopo un po' lei smise di abbracciarmi così anch'io smisi di stringerla, prima allentai la stretta e poi allontanai a malincuore le mie braccia dal suo corpo.
"Scusami, mi sono ecco...lasciata prendere dalla disperazione e così ti ho abbracciato senza rifletterci..." affermò imbarazzata.
"Non dovresti abbracciare gli sconosciuti..." affermai cercando di apparire freddo e distaccato.
" Si, ma tu non sei uno sconosciuto..." balbettò osservandomi con un espressione cauta ma al contempo dolce.
"Che cosa sai di me?" le domandai lasciandola di stucco, perché era vero non sapeva nulla di me, neppure il mio cognome falso e figuriamoci quello vero.
"Tu sei la persona che mi ha salvato la vita, che mi ha consolato....questo è quello che conta" affermò flebilmente.
"Quindi non ti importa sapere chi sono?" le chiesi scettico.
"Si, però questo non potrebbe mai compromettere quello che hai fatto per me..." affermò abbassando lo sguardo per non incrociare il mio.
"Attenta, ragazzina a quel che dici..." la avvertii.
Yoko mi osservò perplessa e disse "Lo so, già che sei un malavitoso, non so quel che fai di preciso per vivere, ma non mi importa saperlo, ho vissuto con gente più sporca di te, che non si fa scrupoli neanche con una ragazzina come me...mentre tu hai quel po' di bontà e mi basta quella..."
"D' accordo, allora io sono Kei... cioè intendevo Kasinshi Kyo..."
"Ah, capisco" affermò scrutandomi con la coda dell'occhio.
Avrei voluto dirle la mia vera identità, ma mi vergognavo troppo per ammettere quella schifosa realtà e inoltre sapevo che se glie l' avessi detto non mi avrebbe più guardato con quello sguardo dolce, anzi di sicuro mi avrebbe odiato, ma perché mi importava così tanto non essere odiato da lei?
"Allora d'ora in poi sarò Kasinshi Yoko..." affermò sorridendo, poi però arrossii di botto.
Rimasi interdetto, che cosa intendeva dire con quell' affermazione, se aveva intenzione di fantasticare con la mente su matrimoni e famiglia con me, poteva anche scordarselo e notando la mia espressione non del tutto soddisfatta disse "Credo lei abbia frainteso...ecco io intendevo...che siccome ho un cognome brutto da portare, pensavo che il tuo..il suo... fosse meglio così..."
Mi stava dando improvvisamente del lei, ero diventato improvvisamente così vecchio ai suoi occhi,così non potendone più di sentirmi dare del lei, le dissi "Ho solo 22 anni, non c'è bisogno di darmi del lei..."
Non sapevo perché dessi tanto peso a quelle formalità, dopotutto lei sarebbe stata solo una piccola parentesi della mia vita che primo o poi sarebbe svanita, come una delle tante altre cose.
" Sai riguardo ad oggi sono felice di esserti stata utile in qualche modo..." affermò sorridendo.
Quel sorriso, mi faceva sentire terribilmente in colpa l' avevo usata come ostaggio e lei invece di incazzarsi, era felice di essermi stata in qualche modo utile, di certo ragazzine più innocenti di lei non ne avevo mai incontrate.
Poi entrò improvvisamente mio fratello che ci guardava interrogativo "Che ci fate qui?" chiese.
"Le ho disinfettato la ferita...." affermai incerto, con un po' di agitazione, non volevo che sapesse dell' abbraccio tra me e Yoko, di sicuro si sarebbe fatto delle idee sbagliate.
"Ecco io dovrei andare al bagno, quindi se poteste uscire mi fareste un grandissimo favore!" affermò stringendo le gambe per trattenere la vescica.
A Yoko scappò una risata, notando che mio fratello, si stava facendo la pipi addosso,. lui invece la guardò con uno sguardo lievemente imbronciato, non gli piaceva sentirsi preso in giro.
Usciti dal bagno, ci recammo nella mia stanza, io mi adagiai nel letto, ero stanco morto, mentre lei si sedette nella sedia che si trovava vicino la scrivania della mia stanza.
Le dissi di prendermi il telecomando poggiato sulla scrivania, lei si avvicinò al mio letto per darmelo, così accesi la tv che era davanti al letto.
Lasciai un canale a caso, dove c'era il telegiornale, che parlava della scomparsa di Keitawa Yoko.
Si vedeva la troupe di giornalisti sotto casa di Keitawa, che non aspettavano altro che la sua uscita, ma lui si limitò a rimaneredavanti il cancello della villa dicendo che non volevo rilasciare alcuna intervista poiché la situazione era molto delicata e non voleva che i giornalisti usassero la scomparsa di sua figlia come mezzo per fare audience.
Minacciò i giornalisti sotto casa, gridandogli contro che li avrebbe denunciati tutti, era veramente furioso chissà perché si agitava tanto "il mio amato" padre e poi quelle parole così profonde, non erano da lui:"Non usate mia figlia per fare soldi, per fare audience o per qualunque altro secondo fine!" Osservai l' espressione turbata di Yoko, anche lei non riusciva a comprendere quella reazione di Keitawa.
Cercai di scorgere qualcosa dai suoi occhi neri come i miei e poi capii che forse stava nascondendo qualcosa riguardo Yoko, altrimenti perché era così interessato a lei, doveva per forza esserci qualcosa sotto.
"Sai perché è così interessato a ritrovarti?" le chiesi.
Lei con sincerità rispose "Non lo so..."
"Sei sicura di non saperlo?" le chiesi per accertarmi della sua sincerità.
"Lo giuro...non ne ho idea..." affermò con un groppo in gola temendo che non le avessi creduto.
Guardai il suo faccino, non scorgendovi neppure la traccia di una bugia, poiché se avesse mentito avrebbe di sicuro abbassato lo sguardo, oppure avrebbe guardato un punto imprecisato della stanza, invece no, mi osservava sicura di quel che diceva. Così fui certo che non mi stesse mentendo, perché una ragazzina non era in grado di mentire così bene.
Dopo però incominciai a pensare, che se per Keitawa Yoko era importante, per soddisfare un suo secondo fine, non si sarebbe fermato davanti a niente per ritrovarla, avrebbe fatto setacciare tutta Tokyo se fosse stato necessario e questo mi preoccupava non poco.
L' idea di doverci avere a che fare non mi piaceva per diverse ragioni, perché aveva rovinato la vita di Toshio ed anche la mia, a Toshio per le violenze, a me per il suo affetto ossessivo e poi mi ricatto anche quando scappai di casa: Se non fossi tornato a vivere con lui, mi avrebbe fatto espellere dalla scuola e persino dalla società, infatti fu così. Non potei più frequentare la scuola e neanche trovare un lavoro, poiché non appena tutti leggevano il mio cognome tutti si tiravano indietro dicendomi di non potermelo offrire, anche quando cambiai cognome avvenne la stessa identica cosa e allora capii che di nascosto mi controllava.
Per questo motivo io e mio fratello, ci ritrovammo a dover spacciare cocaina e a rapinare qualche banca per poter tirare a campare.
Ma una delle ragioni che più mi preoccupava nell' averci a che fare, era che lui era un politico potente, ricco e corrotto, mentre io e mio fratello eravamo solo due criminali da quattro soldi, quindi in un probabile scontro ci avrebbe fatto fuori in poco tempo con i suoi aguzzini.
Altra cosa che mi preoccupava più di tutte era Toshio, lui non avrebbe retto la vista di quell'uomo, dopo tutto il male che gli aveva fatto, non l' avrebbe sopportato, sarebbe stato troppo doloroso per lui.
Così mi trovavo tra due fuochi, aiutare Yoko correndo il rischio che Keitawa ci trovasse, oppure abbandonarla tirandomi fuori da quella brutta storia una volta per tutte.
"Io non credo che tu possa rimanere qui, lui ti sta cercando e non si fermerà di fronte a niente, per trovarti!" affermai perplesso.
"Sei un vigliacco" affermò furibonda, guardandomi con un espressione severa sul volto.
"Che diamine le prendeva così all'improvviso?" mi chiesi tra me e me.
Inoltre non mi piaceva il modo in cui mi avesse definito,era inappropriato, mentre la definizione più corretta era "egoista", pensavo solo e semplicemente alla mia pelle e non alla sua, dopotutto che cosa poteva mai esserci di male in questo, tutti gli uomini pensano solo e soltanto a se stessi, quando avvertono il pericolo, si chiama istinto di sopravvivenza.
"Io non sono vigliacco, sono semplicemente egoista!" affermai cercando di mantenere la mia solita freddezza.
" E non esserlo, potresti pentirtene..." affermò osservandomi con i suoi occhioni color nocciola lucidi e supplichevoli.
Mi alzai dal letto e mi avvicinai a lei, per guardare meglio la sua espressione, lei allora pianse dicendo "T prego farò tutto quello che vuoi...qualunque cosa, ma non mandarmi via...."
Mi sentivo in colpa, poiché l' avevo di nuovo fatta piangere, ma che cosa avrei dovuto fare, non avevo altra scelta che mandarla via, ma lei non si dava per vinta e con i suoi occhi tristi continuava a persuadermi.
Tirai fuori dalla tasca dei miei pantaloni un paio di fazzoletti, ne estrassi uno per poi poggiarlo sulle guance umide di Yoko, lei interpreto quel gesto come un" puoi restare" e mi sorrise calorosamente.
Io non avevo ancora detto nulla, però lei mi aveva già fregato con le sue convinzioni che non mi andava di dover deludere, insomma ero caduto vittima di una ragazzina alla quale non sapevo dire no, perché non appena le negavo di restare in casa mia, lei piangeva afflitta ed il mio cuore si contorceva.
Forse avrei dovuto lasciare quel meschino compito a mio fratello, anche se lui era sempre stato il ragazzo dal cuore d'oro, ero certo che in quell' occasione non si sarebbe lasciato convincere con tanta facilità dalle lacrime di quello scricciolo e l' avrebbe cacciato subito fuori da casa nostra.
"Grazie grazie grazie grazie" ripeteva tutta contenta.
Io la osservavo rassegnato, ma dentro di me provavo una strana sensazione di benessere, nonostante sapessi che quella scelta avrebbe comportato non pochi pericoli, poi lei di nuovo parlò sorridendomi. "Non ti pentirai di questa scelta" affermò con entusiasmo.
"Invece me ne pentirò, perché quell'uomo farà fuori me e mio fratello e poi riuscirà a riprenderti"
Lei allora perse tutto l' entusiasmo e incominciò a tremare spaventata dall' idea che Keitawa potesse trovarla, così mi fece sentire ancora una volta in colpa.
Non sapevo più come comportarmi, così alla fine per tranquillizzarla mentii spudoratamente dicendo "Non potrà mai trovarti, qui sei al sicuro!"
Bastò quella semplice frase a farle tornare il sorriso, anzi sembrava ancor più contenta di prima,ma stranamente anch'io ero contento e sorrisi automaticamente come un ebete.
Avrei voluto controllarmi, ma era tutto inutile, non riuscivo a far a meno di sorridere come un idiota, mentre lei invece tornava ad assumere la sua solita espressione turbata.
Mi dispiaceva vederla così e senza pensarci troppo, mi avvicinai a lei per farle il solletico alla pancia, lei scoppiò a ridere, mentre con le dita le tastavo il suo morbido stomaco.
"Basta! Ti prego!" disse continuando a ridere di gusto.
Io continuavo a farle il solletico divertito dalla sua sonora risata,mentre lei tentava di acciuffare le mie mani con le sue per fermarmi e poi corse via ridendo, ma era tutto inutile la raggiunsi quasi subito e in quell' azzuffamento di solletico, senza accorgercene finimmo nel letto e in una posizione abbastanza ambigua.
Ero sopra di lei, sentivo il calore del suo corpicino sotto il mio e anche il suo viso era così vicino al mio, se mi fossi avvicinato di un altro solo centimetro, le mie labbra avrebbero sfiorato le sue.
Osservavo le sue labbra tentato dal desiderio di baciarle, ma non potevo farlo, era tutto così dannatamente sbagliato, pensavo mentre sentivo il mio cuore esplodere.
La sentii sussultare, così sollevai lo sguardo verso i suoi occhi, lei mi guardò imbarazzata dicendomi "Mi stai stritolando..."
"Scusami..." dissi subito alzandomi dal letto per liberare il suo corpo dal mio.
Ma quando meno me l' aspettassi, lei mi colse alle spalle per farmi il solletico sullo stomaco con le sue manine, mi uscirono le lacrime agli occhi per quanto risi.
Non ridevo così da troppo tempo, forse da quando Mayko era morta o forse ancor prima che lei morisse, un po' mi sentii come se fossi tornato bambino.
"Ti prego, adesso basta!" affermai continuando a ridere.
"No, questa è la mia vendetta!" disse giocosamente
"E va bene, allora non mi lasci altra scelta!" affermai scherzosamente, liberandomi dalle sue manine e riprendendo a farle il solletico, lei uscì dalla stanza correndo in giro per casa, io la seguii scontrandomi con mio fratello che ci guardava scioccato, non avendo idea di cosa stessimo combinando.

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