Cap. 2 Una mancanza di attenzione [pt.1]

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Creare qualcosa di perfetto è molto difficile, poiché la perfezione non richiede semplicemente l'assenza di errori, ma anche di individuare il modo assolutamente migliore, di qualsiasi altro, di fare una cosa tra le tantissime alternative possibili.

L'essenza di una cosa è una e una soltanto e quando si vuole crearla in modo perfetto, bisogna considerare tutte le forme che potrebbe avere e scegliere l'unica che esprime l'essenza della cosa stessa.

Ciò può portare al blocco. Si inizia ad avere paura di non riuscire a rendere le cose nel modo in cui esse dovrebbero essere e quindi: o si sceglie di non creare o ci si lancia in una folle ed eterna selezione di elementi infinita, nella quale si considerano tutte le forme possibili dello scibile umano, giungendo inevitabilmente al blocco.

La perfezione è dunque impossibile da replicare, ma per fortuna una cosa perfetta non è né bella né utile, quindi il raggiungimento di essa non dovrebbe fregare a nessuno.

Fu a questo risultato teorico che arrivarono gli architetti di Numeronia: la perfezione poteva convivere col reale, ma non rappresentare il reale. La città progettata da loro sarebbe stata dunque il più possibilmente giusta, non perfetta. Ogni cosa avrebbe avuto le giuste dimensioni e la giusta fattura, in modo da essere tutto costruito "nella miglior maniera possibile che attualmente veniva in mente".

Gli edifici avrebbero avuto forma e lunghezza in proporzione al loro uso e alla loro posizione geografica, la mobilia delle case avrebbe avuto un peso in base agli spostamenti medi e il design di ogni oggetto (dai water agli spazzolini) sarebbe stato fisso e universale, calcolato tramite meticolose medie ponderate.

Purtroppo creare le cose con questo metodo permetteva di avere tutto in modo preciso, ma allo stesso tempo, tutto era incredibilmente scomodo. Le strade e i pavimenti erano lisci, duri e difficili da percorrere, gli armadi erano grossi e ingombranti (un armadio di Numeronia era impossibile da smuovere, una volta montato in un luogo, sarebbe rimasto lì per l'eternità), le padelle cuocevano i cibi in modo strano rendendoli mollicci, brodosi, commestibili, ma di certo non appetitosi e le sedie e i letti, per gli dei, la loro struttura ergonomica andava contro tutto il creato, neppure i gatti ci si mettevano sopra talmente che erano scomodi (da qui nasce il detto "meglio essere sbranato dai bruka che starsene seduto per due minuti su una sedia di Numeronia" e la nota ballata "L'altra notte ho fatto l'amore con Jenny, ma eravamo in un hotel di Numeronia no-oh-noo!" ).

La città nonostante tutto era bellissima da vedere. Immersa in una vegetazione verde fatata, con le sue fontane colorate e le curiose opere architettoniche, si dimostrava uno dei posti più belli di tutta la galassia. Non vi erano né soli (si intende stelle molto luminose) né lune, l'intera città era illuminata da arcobaleni artificiali, i quali irradiavano le strade e le abitazioni con tutti i soffici colori dello spettro ottico. Da lontano il pianeta era infatti circondato da una fitta rete di anelli colorati, che gli donavano una luce che risplendeva luminosa nel nero dello spazio profondo (non a caso fu proprio dopo aver osservato il pianeta che a Kavandiskji venne l'idea per realizzare "Festa, colori ballano nella retina", un quadro bellissimo, dove il grande artista è riuscito a rappresentare ogni singola tonalità del colore anche se, come ogni suo dipinto, lasciava disorientati e accecati se osservato per troppo tempo e con troppa attenzione).

La città era suddivisa in cerchi insiemistici concentrici, ognuno dei quali rappresentava un insieme numerico. Si iniziava con la cerchia più esterna dei numeri reali, poi quella dei numeri razionali, quella dei relativi, dei naturali e infine, posta al centro di Numeronia, vi era la torre immaginaria.

Gli abitanti erano divisi a seconda del loro ramo di occupazione e bravura matematica, che andava a crescere andando dall'esterno verso l'interno. Bravura inversamente proporzionale alla capacità attentiva che andava a decrescere drasticamente arrivati all'insieme dei numeri relativi, dove erano all'ordine del giorno i più bizzarri infortuni fatalistici (il lettore non si deve far confondere, la divisione insiemistica non riguardava i numeri con cui avevano a che fare i matematici di un insieme, ma è solo un titolo, poiché il matematico di grande valore è colui che si avvicina di più al centro dell'unità fondamentale della matematica stessa; tutti i matematici di Numeronia operavano con tutti i numeri complessi che conosciamo).

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