CAPITOLO 18.

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Taehyung's pov.

Sono le due e mezza di notte e non sono ancora riuscito a prendere sonno, porca puttana.

Non mi piace dormire sul divano, non riesco a proprio a chiudere gli occhi. Vorrei andare a sdraiarmi in una delle camere degli ospiti, ma mia madre prima di partire per qualche posto, si preoccupa sempre di chiudere le stanze a chiave.

Decido di andare in camera mia, dove ora dorme Leah, per prendere il mio computer e le cuffie, così da poter ascoltare della musica o magari guardare un film.

«Che cosa ci fai qui?» Chiede appena apro la porta mentre sussulto dallo spavento, dato che non mi aspettavo fosse sveglia.

Noto che ha gli occhi arrossati e gonfi, grazie alla lampada accesa sul comodino.

«Beh, è camera mia.» Dico avvicinandomi alla scrivania cercando il mio computer.

Sbuffo passandomi una mano fra i capelli, qui non c'è nessun cazzo di computer.

«Che cerchi?» Mi chiede alzandosi dal letto e venendo della mia parte.

Abbasso lo sguardo su di lei, e sorrido lievemente per la maglietta che indossa. Subito i nostri sguardi si incrociano, e noto che effettivamente ha gli occhi gonfi.

«Che hai fatto?» Dico alzandole il mento per assicurarmi di aver visto bene.

«Niente.» Dice togliendomi la mano dal suo viso, per poi ritornarsene sotto le coperte.

Mi avvicino al letto togliendole il piumone, affinché mi dia retta.

«Le cose sono due, o ti droghi o hai pianto, e non mi sembri una tipa in grado di rollarsi una canna.» Dico ridendo.

«E tu che ne sai? A New York si imparano tante cose.» Dice guardandomi finalmente negli occhi e mettendosi seduta.

«Andiamo, perché hai pianto?» Chiedo sedendomi accanto a lei. Non voglio che pensi che mi stia preoccupando, ma purtroppo si potrebbe dire che io lo stia facendo.

«È tutto uno schifo.» Dice sospirando. Mi si gela il sangue al ricordo di un me diciassettenne  arrabbiato con il  mondo.

«Voglio andarmene da qui. » Sussurra abbassando la  testa.

«Se vuoi posso portarti a casa. » Propongo dolcemente abbassandomi alla sua altezza.

«Ma no, coglione. Intendo dire che me ne voglio andare da Seoul. » Quasi ride, e non posso far a meno di pensare a quanto io sia maledettamente stupido.

«Mi manca New York, e mi manca Peter.» Se non ricordo male Peter dovrebbe essere il suo migliore amico, ma non vorrei sbagliarmi, non l'ho mai ascoltata.

«Qui non ho nessuno, solo Jungkook si potrebbe dire, ma solamente a scuola, perché poi torniamo a casa e chi si è visto, si è visto. »  Sbuffa tristemente.

«Jimin invece non lo vedo quasi mai, se non all'intervallo, e poi vabbè ci saresti tu, ma sei un bastardo, e non andiamo per niente d'accordo.» Ammette sospirando.

«Purtroppo hai ragione, sono un bastardo, ma non posso farci niente. » Dico passandomi una mano fra i capelli mori.

«Ma il punto non sei tu Taehyung, il punto è che sono sola come la merda. » Dice alzandosi dal letto per cominciare a girovagare per la stanza.

«Che c'è di male nell'essere soli? Anche io lo sono. » Ridacchio sperando di consolarla.

«Non è vero, sei pieno di amici e ogni giorno esci con una ragazza diversa. » Dice con un filo di gelosia.

«Ma ciò non toglie il fatto che io mi senta solo.» Mi alzo avvicinandomi, non capisco perché si stia soffermando così tanto su questo discorso, non è da lei farlo.

«Si, ma tu a differen-...» Non le lascio il tempo di finire la frase, perché prendo la parola.

«Qual è il problema Leah? » Chiedo toccandole una ciocca di capelli.

«Questo.» Risponde abbassando lo sguardo.

«Sappiamo benissimo che non è questo il problema. C'è qualcos'altro che ti tormenta. » Dico alzandole il mento per far incastrare i nostri occhi.

«Può darsi. »  Sospira tornandosene a letto.

«Tu che stavi cercando qui?» Chiede cambiando discorso.

«Il mio computer. » Dico sedendomi sulla sedia della scrivania, mentre continuo a guardarla.

Annuisce prendendo il piumone da terra per portarselo addosso.

«Dove stai dormendo?» Domanda con la sua voce tremolante a causa del pianto di prima.

«Sul divano. » Dico un po' imbarazzato.  «Mia madre chiude sempre tutte le porte delle delle stanze. » Aggiungo.

«Dai vieni qui.» Dice alzando il piumone e facendomi segno di sdraiarmi sul letto.

«Dici davvero? Pensavo avessi paura che io ti potessi stuprare o qualcosa del genere. » Rido infilandomi sotto le coperte accanto a lei.

«Infatti, quindi non permetterti a toccarmi con un solo dito durante la notte. Stammi lontano. » Ride scherzando per poi chiudere gli occhi.

Dopo 15 minuti si addormenta beatamente, quanto vorrei riuscire ad addormentarmi come lei.

Ad un tratto si gira dalla mia parte, si lamenta nel sonno per poi appoggiare la testa sul mio petto e avvolgermi il busto con il braccio.

« "Stammi lontano." » Sussurro prendendola in giro.

Che strana questa ragazza porca puttana, le Coreane sono di gran lunga meno complicate.
Mi sta facendo diventare completamente matto, cazzo.

Scuoto la testa e decido di provare anche io a chiudere gli occhi.

WASTE IT ON MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora