35. La sposa - Prima parte

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C'era un rumore lontano nell'aria, fastidioso, che sembrava diventare via via più forte. Persisteva, smetteva per poco e ritornava con prepotenza. Sembrava quasi un campanello. Oh, era un campanello.
Eliza si svegliò di soprassalto, guardandosi intorno, scorgendo la sua futura sposa accanto a lei sul letto, ancora addormentata. Cercò di strofinarsi gli occhi impastati dal sonno e sbadigliò, intanto che il campanello suonava ancora. Si girò verso il comodino per leggere la sveglia, finalmente mettendo a fuoco i numeri, che anche Lillian si mosse.
«La truccatrice?», domandò quest'ultima con voce debole, trattenendo uno sbadiglio.

«No, arriva alle otto e mezza e sono appena le sette e... dieci? Dieci. Dubito siano già i ragazzi». Tornò a sdraiarsi, osservando la donna al suo fianco con la faccia per metà schiacciata dal cuscino. Aveva le guance un po' rosse, le labbra rosa, l'occhio sinistro, l'unico che vedeva, con la palpebra a metà, ancora assonnata. I capelli disordinati formavano un'onda verso il viso. Era così... bella. Le sorrise e la vide imbarazzarsi, coprendo la faccia con una mano, così rise. «Credo sia troppo tardi per nascondersi, futura signora Luthor-Danvers». La sentì lamentarsi, togliendo la mano dal viso.
«Non mi nasconderei mai da te, futura signora Danvers-Luthor».

Si avvicinarono, prese dal loro momento, che il campanello suonò ancora e più a lungo, interrompendole.

«Oh, accidenti, vuoi vedere che-», Eliza si bloccò e l'altra alzò un sopracciglio. «Lo so chi sono, devi prepararti». La guardò spalancando gli occhi e scoprendosi, per poi lanciarsi rapidamente verso di lei e lasciarle un bacio su una guancia. Sparì chiudendo la porta.
«Sono?», bofonchiò Lillian.

Eliza corse per le scale e, una volta all'ingresso, si chiuse bene la vestaglia addosso, prendendosi un attimo per fare un gran bel respiro. Il campanello suonò ancora e una mano batté due volte sul vetro della finestrella vicino. Va bene. Era pronta. Aprì e la famiglia Danvers era lì, quasi al completo. Sorrisero e si riversarono dentro casa per abbracciarla. «Sono abbastanza per tutti?», chiese in una risata. Intanto che le donne e i pochi uomini della famiglia si disperdevano tra il soggiorno e la cucina, guardandosi attorno incantati poiché per molti di loro era la prima volta che ci mettevano piede, sua madre le accolse il viso con le mani calde e le sorrise, strizzandole poi le guance.
«La mia bambina si sposa», le aveva detto la prima volta, prendendole il viso proprio come fece ora. Erano entrambe più giovani ed Eliza non era in vestaglia, ma immersa in un grosso pigiamone rosa. «Se solo tuo padre potesse vederti».
«Oh, mamma, papà mi vedrà in chiesa», le aveva risposto, abbozzando una risata.
«Sì», aveva allora brontolato la donna, lasciandole il viso per scuotere la testa e formare una smorfia contrariata. «Quel disgraziato non è voluto venire alla preparazione perché dice che è roba da donne. Allora, veniamo alle cose importanti: dove hanno lasciato il mio futuro genero?». La signora si era incamminata verso il soggiorno di casa Danvers.
«Jeremiah è in camera, prende lo smoking dall'armadio».
«Cosa?», aveva strabuzzato gli occhi, «Non sono ancora arrivati a portarlo via? Lo sposo non può vedere la sposa prima del matrimonio! Roba da matti».
«Allora...». La voce di sua madre la riportò al presente, mentre le lasciava il viso e, con un'accortezza, le chiudeva meglio la vestaglia sulle cosce. «Veniamo alle cose importanti: dove hanno lasciato la mia futura nuora?».
«È ancora di sopra. Lillian si sta alzando», sorrise, «Non vi aspettavamo così presto».

«Che cosa?», strabuzzò gli occhi, anche se la palpebra destra era ballerina per via dell'età. «Non sono ancora arrivati a portarla via? La sposa non può vedere l'altra sposa prima del matrimonio», alzò le braccia all'aria, «Roba da matti».
Eliza sorrise di nuovo, commossa. Certe cose non sarebbero mai cambiate.
La sveglia suonò solo qualche secondo appena, Lena la spense subito, aveva già gli occhi aperti. Aveva dormito molto poco, assicurandosi che Kara stesse bene, vicino a lei. E comunque, era stato davvero difficile cercare di chiudere occhio pensando alla giornata che le attendeva. Guardò il suo viso ancora rilassato e si mise a sedere, lasciando scivolare sulla spalla destra la spallina della camicetta da notte che indossava. Si portò a bordo dal letto che la sentì muoversi e si voltò, vedendo che aveva gli occhi aperti. Non riuscì a trattenere un sincero sorriso. «Perdonami, non volevo svegliarti. È ancora presto, puoi restare».
Kara tentò di parlare ma le uscì un verso strozzato, così raschiò la gola. «Sei stata con me tutta la notte?».
«Certo». Si protese verso di lei, ricoprendosi almeno le gambe per il freddo. «Non ti ricordi di ieri? Lex ti ha portato qui, a casa nostra, a Metropolis. Sei in camera mia».

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