65.5 Riscatto: Un modello da seguire

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1974

Il giovane Adrian Zod aveva riso di gusto, sedendo sul bancone dell'aula universitaria. «Sei completamente fuori di testa». Indossava un paio di jeans a zampa d'elefante, era magro, alto, con i capelli lisci, lunghi alle spalle e spettinati, tirati dietro le orecchie.
La ragazza davanti aveva riso con lui: Petra Taylor, allora diciannovenne, si teneva la pancia fasciata dalla camicetta colorata, infilata sotto la gonna grigia lunga alle ginocchia. «Ha ragione lui, Margot: sei uscita di senno». Si era stretta la coda di cavallo, guardando insistentemente l'amica al suo fianco, seduta davanti al banco.
Lei aveva fatto una smorfia, non badando alla coppia. «Ero certa che lo avresti appoggiato, è il tuo ragazzo non per niente. In altre occasioni, avresti dato ragione a me: Levi Luthor è proprio un fustacchione, non si discute», le aveva mostrato di nuovo la foto che lo ritraeva nella rivista che aveva tra le mani, accanto a un'intervista che aveva rilasciato. Continuava a battere l'indice destro sulla foto, poi aveva avvicinato la pagina alla bocca e ci aveva lasciato il segno del rossetto con un bacio, continuando a far ridere i due amici e tirandosi sul naso gli occhiali da vista.
«Devo darti una spiacevole notizia, Margot», aveva ripreso il ragazzo. «Levi Luthor è sposato e ha un figlio! Suo figlio è perfino più grande della sorellina di Petra».
Lei aveva scrollato le sopracciglia, prendendo lo specchietto da un piccolo beauty case per ripassarsi il rossetto. «Ah, a me sta bene», aveva sorriso di fronte allo specchio, boccheggiando. «Non voglio mica sposarlo: l'amore ha molteplici forme; vorrei solo parlare con lui a quattrocchi, non so se mi spiego».
Petra aveva scambiato uno sguardo con Dru, prima di rivolgersi di nuovo a lei: «Sei irrecuperabile».
Tutti e tre erano scoppiati a ridere che il momento tanto atteso dagli studenti era arrivato e un ragazzo aveva corso defilato dentro per avvertire tutti, che avevano iniziato a sistemarsi. Dru Zod era sceso dal banco con un balzo e si era andato a sedere a fianco a Petra, ma non prima di lanciare una scommessa all'amica Margot, dall'altro lato, se avesse avuto il coraggio di chiedere direttamente all'interessato se volesse passare del tempo con lei. Difatti, Levi Luthor era entrato in quella grande aula solo pochi secondi più tardi e molti là dentro avevano trattenuto il fiato. Sguardo magnetico, autoritario e severo, il signor Luthor aveva baffi e barba corti, i capelli lisci pettinati all'indietro; elegante nel vestire come nel muoversi, per prima aveva incantato la professoressa che lo accompagnava, restando dietro di lui come avesse avuto gli spilli ai piedi, non riuscendo a star ferma. Per la prima volta, la loro università aveva potuto ospitare un uomo importante per sostenere una lezione e tutti, nessuno escluso, erano rimasti attenti. Il progresso scientifico non era mai stato tanto interessante. Si era tolto la giacca e, dopo essersi tirato le maniche aprendo i polsini, allentato la cravatta; di tanto in tanto, Petra sentiva Margot sospirare, ma doveva essere onesta con se stessa, anche lei trovava quell'uomo incredibilmente affascinante. Dopo quasi trenta minuti a parlare da solo e spiegare, il signor Luthor si era seduto sulla scrivania e aveva cominciato a fare domande legate all'argomento agli studenti, sia per vedere quanto erano stati attenti, sia per conoscere le loro impressioni in merito. Erano nate discussioni e perché no dei dibattiti, anche per quanto riguardava un altro aspetto del progresso scientifico strettamente collegato al lavoro di Levi Luthor e alla sua fabbrica in continua espansione: la costruzione e vendita di armi. La professoressa aveva cercato di troncare l'argomento, ma il signor Luthor si era spostato dalla scrivania e aveva riacceso la discussione, aprendola a tutta la classe.
«Non è la vendita di armi in sé a essere sbagliata, ma l'uso che se ne fa delle armi stesse», aveva esordito il giovane Zod, alzandosi in piedi per rispondere a un altro ragazzo che aveva parlato prima di lui.
«Non è così», Petra lo aveva guardato spalancando gli occhi e, essendosi resa conto che il suo intervento era stato sentito da tutti, si era alzata anche lei, più timidamente. Levi Luthor l'aveva fissata e si era sentita a disagio. «Fino a quando ce ne sarà vendita, le armi non finiranno di cadere in mani sbagliate».
Un altro studente stava per risponderle che Zod era stato più veloce, zittendolo: «Senza vendita, senza armi, come pensi si possa proteggere il prossimo dal nemico?».
«Il nemico è una creazione delle armi, signore», lei aveva battibeccato subito, «e delle persone che le vendono. Non potrebbero lucrarci sopra senza qualcuno da additare come nemico. Senza offesa», si era voltata verso Levi Luthor e lui aveva sollevato le spalle per tutta risposta, sorridendo.
«No, è una... lettura originale della questione», aveva risposto, passando una mano sul mento. «Lei pensa che non esisterebbero le guerre senza vendita di armi, signorina...?».
«Taylor». Aveva sentito qualcuno ridacchiare, ma aveva provato a ignorarli. «No, le guerre sono parte dell'uomo, uomo essere umano, ma senza armi molti meno innocenti finirebbero per passarci di mezzo».
«Quindi le guerre esisterebbero lo stesso, e così anche i nemici», aveva approvato, rendendola nervosa. «E chi sono gli innocenti, signorina Taylor?».
«Beh, i bambini, per cominciare. Quanti bambini...», non aveva finito, deglutendo, rendendosi conto che gli occhi di Levi Luthor la trapassavano, anche se distanti.
Zod ne aveva approfittato per riprendere parola, guardando lei e il signor Luthor. «Prima delle armi da fuoco, l'uomo usava arco e frecce. Il punto è che le armi sono e restano dei mezzi, strumenti come altri, pericolosi, ma sempre strumenti. Sta a noi scegliere come farne uso: per cacciare e sfamare, oppure per uccidere il cavernicolo che ti guarda male al di là del tuo territorio». Altri avevano ridacchiato e la professoressa si era schiarita la gola.
Petra si era infastidita, spalancando le narici, mentre Levi Luthor si gustava la discussione. «Ma le armi da fuoco non sono proprio come arco e frecce! E non viviamo neppure in un tempo dove è necessario un fucile per avere il tacchino a tavola».
Zod aveva sorriso, ma in quel momento non aveva fatto in tempo a controbattere che il signor Luthor si era deciso a intervenire: «Un piccolo quesito per lei, signorina Taylor. E perché no esteso alla classe. Perché ha ragione quando parla di guerra e di innocenti, ma spostiamoci in un contesto più vicino a noi, che non siamo in guerra così come non siamo più in un tempo dove bisogna procacciarsi il cibo da soli», si era messo a camminare, sistemandosi esattamente sotto di loro. «Dove lei ha famiglia e si trova con loro nella sua casa. Pensa di essere al sicuro, così dovrebbe. Ma un gruppo di malintenzionati decide di fare irruzione e minaccia lei e la sua famiglia. Guarda caso, uno di loro lascia accanto a lei un'arma da fuoco, incustodita, e qui volevo arrivare, signorina Taylor: lei che è contraria alle armi e alla loro vendita, tenendo conto che, se anche la vendita cessasse ora, le armi precedentemente fabbricate non smetterebbero di circolare e essere modificate e migliorate per essere usate ancora e ancora, cosa farebbe? Cercherebbe di parlare con i malintenzionati di come le armi abbiano creato dei nemici, oppure prenderebbe quell'arma e proverebbe a proteggere la sua vita e quella delle persone che ama?».
A quel punto, nell'aula tutti erano dapprima rimasti bloccati in un tombale silenzio, in attesa. Ma Petra Taylor era rimasta a pensarci così a lungo che nel frattempo altri avevano alzato la mano per provare a rispondere.
«Io avrei sparato», aveva risposto un ragazzo, dopo avergli dato il permesso di farlo.
«Anche io avrei sparato, signore», aveva detto una ragazza, «Non so come si spara, ma in un'occasione come quella...».
«Credo che prendere e sparare sia l'unica cosa sensata da fare», aveva scrollato le spalle un altro ragazzo.
Il signor Luthor li ascoltava senza aggiungere parola, camminando in tondo e indicando a turno quelli che alzavano la mano in modo che potessero rispondere.
«Anch'io avrei sparato», si era alzata Margot, imbarazzata. «Non è che ci sia molta scelta, giusto? Se toccano i nostri cari, diventiamo dei leoni. Diventiamo capaci di fare qualunque cosa». Gli aveva sorriso, ma ancora una volta non aveva risposto.
Anche Zod aveva alzato la mano per provare a dire la sua e Petra lo aveva guardato di straforo. «Io non sarei stato così avventato».
Levi Luthor si era accigliato, fermandosi sotto di lui. «Si spieghi».
«Lei ci ha dato due scelte, sparare o parlare con loro, ma non sono le uniche strade percorribili. Se non ho mai toccato un'arma in vita mia, provare a sparare senza aver prima escogitato un piano mi porterebbe alla morte. E condannerei le persone che amo. O questo è ciò che penso, signor Luthor». Tutti si erano voltati a guardarlo, ma l'uomo era rimasto fermo e Dru Zod non aveva capito se avrebbe dovuto continuare o meno, e aveva tentato. «Come dicevo prima, le armi sono mezzi, dipende da come se ne fa uso e, in quel momento, scelgo di non farne. Se mi mostro con quella in mano, mi sparerebbero ancor prima di aver capito come funziona. Sparare alla cieca, invece, potrebbe rivelarsi scelta ancor peggiore: potrei ferire chi amo e i malintenzionati, che sanno usarla meglio di me, mi colpirebbero per primi di nuovo».
«Dunque cosa suggerisce? Cosa avrebbe fatto, signor...?».
Finalmente gli aveva rivolto la parola e Dru aveva gonfiato il petto, mostrandosi orgoglioso. «Zod. Avrei atteso, signore. In momenti così delicati non ci si può permettere di sbagliare né di perdere tempo, bisognerebbe restare lucidi e provare a chiamare il nove uno uno. La tentazione di prendere l'arma e sparare è forte, ma avventata», aveva stretto le labbra. «O io la penso così».
Levi Luthor ne era sembrato soddisfatto, dopotutto, non si aspettava una risposta alternativa al suo quesito. «E lei, signorina Taylor? È d'accordo con quanto detto dal signor Zod?».
Lei aveva deglutito e Dru Zod aveva provato a risparmiarglielo: «Oh, lei sarebbe con me in quella casa: è la mia ragazza».
Levi aveva sorriso, annuendo. Aveva deciso di lasciarla stare, andando a riprendere il gessetto per continuare la sua lezione. Quando parlava, Levi Luthor era capace di rapire chiunque. A dispetto di come la si potesse pensare sulle armi, la loro costruzione e vendita, quell'uomo era un modello da seguire, sia dal lato imprenditoriale che da quello scientifico. Petra stava ancora pensando al quesito a cui aveva mancato di rispondere, ma non poteva fare a meno di notare quanto quell'uomo fosse trascinante, nei suoi discorsi. A fine lezione, tutti gli studenti e studentesse avevano sciolto posizione per andare a stringergli la mano prima che se ne andasse, a scattargli foto per chi aveva la macchina con sé e a scambiarsi due chiacchiere veloci. La professoressa aveva scattato dalla lavagna una foto con la maggior parte della classe rimasta e Levi Luthor nel mezzo, che si era rimesso la giacca e sistemato la cravatta apposta per apparire sui giornali.
Margot gli si era avvicinata più di tutti sfruttando la stretta di mano, con la rivista contro il petto. Si era limitata ai complimenti, però, non trovando il coraggio. «Ha un buon profumo», aveva sibilato estasiata, allontanandosi con i due amici.
«Scusi, signorina?».
Si erano fermati e Margot si era fintamente scusata, tornando indietro per recuperare la rivista che aveva fatto cadere ai suoi piedi. La pagina con la foto e il segno del bacio col rossetto erano in bella mostra, ma Levi Luthor non aveva mosso ciglio. «Errore mio». Si era morsa il labbro inferiore, intanto che altri ridevano.
«Aspettate».

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