63. Lemuri al buio

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Villa Luthor-Danvers, mattina. Lillian aveva sorpreso Kara uscire dalla camera di Lena, e poi era scappata di corsa. Dopo che quella notte Indigo, conosciuta da lei come Linda, le aveva fatto capire di essere impegnata in una relazione a tre con Kara e Lena, la donna aveva interrogato la figlia per farsi dire la verità. Lena aveva riso, certo, seppure qualcosa, da quella situazione, le aveva dato da pensare più del dovuto. Per quel motivo, una volta che Kara era tornata, aveva deciso di mettere in chiaro con lei la situazione.
«Indigo doveva mantenere la sua copertura, non è grave. Adesso dovresti pensare ad altro», le aveva morso un orecchio, ben sapendo che Kara le sarebbe caduta ai piedi. Dovevano avere privacy.
«E-Ehi, pensavo... pensavo andassimo a fare colazione, ma sto cambiando idea».
Era sua. «Cambiala. Ho voglia di prendere un altro tipo di discorso, con te». L'aveva baciata e colto quell'occasione per passarle le mani sui fianchi e fino al sedere, tastando con sicurezza. Perfetto. Allora l'aveva trascinata in bagno. «Parlo io, tu potrai farlo dopo». Appena chiusa la porta, le aveva lasciato la mano e cambiato espressione di colpo. «Va bene, devo parlarti. È importante». Avrebbe riso nel vedere la sua faccia totalmente presa alla sprovvista, confusa e forse dispiaciuta poiché le aveva dato un'idea diversa di ciò che avrebbero fatto in bagno, ma doveva buttare fuori ciò che aveva per la testa e subito. «Indigo», aveva emesso con un filo di fiato, «Ho dovuto controllare che non avessi con te il telefono, nei pantaloni: potrebbe spiarci da lì».
Kara aveva scrollato le sopracciglia, appoggiandosi al muro e sbuffando. «Adesso lo pensi? Te lo avevo detto-».
«Lo so, Kara», aveva alzato l'indice destro, seria, «Ma ti prego, fammi finire: Indigo lavora per lui. Per il garante». L'aveva vista sospirare e scuotere la testa appena, eppure era quasi certa che le avrebbe fatto piacere sentirla darle ragione. «Ne sono sicura, stavolta. È l'unica cosa sensata che spiegherebbe alcuni dei suoi comportamenti. Torna tutto. Ha manipolato mia madre per farle credere ciò che voleva e... potrebbe averlo fatto anche con me», l'aveva guardata attentamente, «Sto parlando dei... dei dati sulla chiavetta usb che ci ha inviato tuo cugino». Si era passata una mano sulla fronte e, esasperata, le aveva spiegato così come avrebbe voluto cancellare quei dati per proteggere Lillian e i Luthor, come lei e Indigo ci avevano lavorato tanto e ne avevano parlato. Si stava facendo davvero tante e troppe domande sui Luthor e Indigo ne era sempre molto interessata. Forse aveva un motivo specifico per esserlo; dopotutto era così che si erano conosciute, poiché il garante sapeva cos'era successo a suo padre. «Dobbiamo farglieli cancellare. O meglio, farle credere di farlo», aveva deglutito. «Se è parte del suo piano, facciamolo».
«Ma tu vuoi davvero cancellarli?», aveva indagato assottigliando gli occhi, scrutandola.
«Non... Non pensiamo a questo, adesso», sapeva già cosa le avrebbe detto, se ne avessero parlato seriamente. E non voleva.
«Vuoi farlo».
«Non lo so più, in questo momento. Concentriamoci sulla finta cancellazione».
«Beh... Alex sta aspettando quei dati», aveva scrollato le spalle, mettendo le braccia a conserte.
«Dobbiamo includerla». Si era avvicinata a lei. «La cosa porterebbe conseguenze, giusto? Non sarebbe felice di sapere che li abbiamo cancellati. Dunque potrebbe essere proprio questo che dobbiamo fare», aveva fissato lo sguardo in un punto vuoto, allontanandosi di nuovo, «Fargli credere che abbiamo incassato il colpo, che ha creato una crepa. Improvvisiamo un po'».
«Gli?», Kara aveva sorriso.
«Non è Indigo di cui dobbiamo preoccuparci, Kara. È lui. È sempre stato lui. Sono stata cieca a non vedere come Indigo possa manipolare le persone, e tu lo sei stata nel pensare che possa essere lei il nemico, qui. Ma non lo è. Stavamo sbagliando tutto... sbagliando gioco». Kara era incerta, ma la stava a sentire. «Lei si sta aprendo con noi, non è la stessa Indigo che ho trovato davanti al cancello la prima volta. Le vuoi dare una possibilità? Se gliela vuoi dare facciamolo, altrimenti...».
«O-Okay», aveva stretto gli occhi un momento, alzando le braccia e prendendo fiato, «Quindi manipoliamo Indigo che pensa di manipolare noi? E dopo? E se se è così brava nel manipolare le persone, non può averlo fatto anche nel farci credere di essere... cambiata?», le aveva domandato, scrollando le spalle.
«La teniamo in prova. Ci sono cose che non si possono fingere, Kara. Tu stessa hai ammesso di volerle bene... quindi cosa ti ha colpito? Cosa ti ha fatto cambiare idea?».
Kara aveva sospirato. «Mettiamo che hai ragione... Qual è il piano? Dobbiamo scoprire chi è lui?».
«Dobbiamo portarla dalla nostra parte».
«Ed essere certe che lo sia», aveva puntualizzato lei, allungandole un'occhiata. «Mi fido del tuo giudizio. Facciamolo, ma voglio che siamo prudenti. Copierò i dati della chiavetta e li invierò ad Alex», si era rimessa dritta con la schiena. «Userò un servizio cloud online, devi darmi qualche minuto. Prenderò il cellulare di Eliza».
Lei aveva annuito. «A Maggie».
«Maggie?».
«Indigo ha passato del tempo con Alex e...», si era fermata quando l'altra aveva gonfiato le guance, annuendo a sua volta. «Io distrarrò Indigo. È importante che, qualunque cosa diciamo da adesso in avanti, saremo consapevoli di farlo sapendo che lei potrebbe ascoltarci».
«Potrebbe leggere i nostri messaggi e vederci dalle videocamere».
«Dobbiamo essere assolutamente certe, se vogliamo parlare tra noi, che non possa vedere né sentire».
Kara si era morsa un labbro, soprappensiero. «Ci scoprirà».
«Sì», aveva detto decisa, «Sì, lo farà. Senz'altro. Proprio per questo non abbiamo molto tempo, Kara. Adesso che lo sappiamo dovremo recitare delle parti quando abbiamo i telefoni con noi, stanche e nella ricerca di privacy potremo comportarci in modo diverso, o lasciarli indietro senza rendercene conto. Ma lei lo farà», si erano scambiate uno sguardo, «È una persona attenta e analizzerà ogni nostro comportamento», aveva aggiunto, fissandola. «Ascoltami: per quel che ne sappiamo, potrebbero essere controllati il mio, il tuo e il cellulare di Alex. Io avrei fatto così. Non ci scoprirà subito e quello sarà il passo importante: includiamola, facciamola sentire a suo agio, diamole ciò che le è mancato... affetto. La destabilizzerà. Quando è morto suo fratello si è chiusa, non ha nessun altro; noi siamo tutto ciò che le resta. O deve pensare che è così».
«Pensi che possa sentirsi in colpa? E se anche lui è importante per lei? Il garante?».
«Scopriamolo. La prima cosa che farà, cercando di proteggersi, sarà ammetterlo. Da una parte avrà lui, dall'altra noi. La forzeremo a una scelta! E intanto dovremo raccogliere tutto ciò che sapremo su di lui».
«Dopo? Quando avrà confessato cosa facciamo?».
«Cercheremo di capire la sua scelta», aveva deglutito. «Una volta che avrà scelto noi, sarà più facile».
«E se non avrà scelto noi?», aveva scrollato le sopracciglia. Non potevano scartare quell'ipotesi e Lena lo sapeva, eppure ci aveva messo un po' a rispondere:
«In quel caso, troveremo comunque il modo di usarla per arrivare a lui», aveva preso fiato, come se le fosse costato dire quelle parole. «Mettiamola così: siamo in stallo, o lasciamo perdere, oppure-».
«Contrattacchiamo. Mi piace», le aveva lanciato uno sguardo orgoglioso e Lena aveva annuito. Si era avvicinata a lei e, dopo aver sorriso, si erano scambiate un bacio.
«L'adrenalina. Ti mette eccitazione?».
Kara era arrossita, alzando gli occhi al soffitto. «Beh, in verità e-ero... già... già prima», aveva ridacchiato nervosa e Lena l'aveva spinta delicatamente di nuovo contro il muro, rubandole un bacio intanto che lei le infilava le mani sui capelli. «Mi avevi tratto in inganno», aveva biascicato e allora era stata Lena a ridacchiare. 
«L'ho fatto... Come portarti in bagno senza domande e non destare sospetti?», le aveva baciato dietro l'orecchio sinistro e così, velocemente, aveva pensato di leccarglielo all'interno, facendola lamentare mentre le salivano i brividi. «Ma adesso è ora di colazione», aveva chiosato allontanandosi e facendole la linguaccia, vicino alla porta. Aveva preso un elastico e Kara l'aveva fermata in tempo, a poco dalla maniglia della porta: 
«Senti, lo so che... che è sciocco, ma... Ma Indigo non ci avrà mica... beh», era arrossita, aprendo un poco la bocca, «beh, sì, insomma», stretto gli occhi un attimo, «Tu pensi che lei... ci abbia... ci abbia sentito-».
Aveva ingigantito gli occhi e si era lasciata andare a un verso di disappunto, contraendo lo sguardo. «No! Cielo, spero di no! Perché dovrebbe...? No», aveva scosso la testa e si erano scambiate uno sguardo. «Resetta questa idea o ci farai scoprire subito. No», l'aveva indicata e scosso la testa di nuovo, disgustata. «No», aveva ribadito per sé.
«E comunque questa me la paghi», si era pulita l'interno dell'orecchio e Lena le aveva sorriso, così un pensiero veloce le aveva solleticato la mente: doveva chiederglielo. «Ah, Lena?». Lei si era fermata e Kara aveva deglutito. No, era meglio lasciarla andare. «Niente», aveva detto, vedendola uscire.
«Allora sistemati. Ti aspetto di sotto».
Le aveva lanciato un'occhiata e Kara, sospirando, si era appoggiata allo stipite. Suo cugino e Lois se la sarebbero presa, ma non avrebbe potuto avvertirli. Non subito. Ciò che avrebbero fatto era rischioso: se Indigo invece di stare dalla loro avrebbe avvertito il garante... non sapevano ancora nulla di lui, e cosa avrebbe potuto fare. Era qualcuno che le conosceva? Era nell'organizzazione? Dovevano fidarsi di Indigo nonostante tutto e questo era decisamente rischioso. Si giocavano tutto. Ora avrebbe dovuto prendere la chiavetta e copiare i dati prima di colazione. Lo spettacolo poteva cominciare. 

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