54. Cicatrici

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Era appena pomeriggio quando Bruce Wayne lasciò la Wayne Enterprises vantandosi pacato, con chi gli capitava sott'occhio, di avere quell'oggi un appuntamento importante e di doversi preparare. Da giorni a quella parte tornava presto, ma non con quel sorriso stampato sulle labbra che destò varie curiosità e chiacchiericci, per i corridoi, che riguardavano lui e Lena Luthor. La voce doveva girare in fretta. Lo avevano salutato tutti e gli avevano augurato una buona giornata; nessuno lo aveva guardato in modo diverso, o seguito, se non altro lì dentro. Sapeva che la signorina Kyle si divertiva a stargli dietro da qualche giorno, ma aveva già deciso di non affrontarla: quella ragazza lo rendeva nervoso e non sapeva bene perché. Era silenziosa e si appostava come un animale in agguato, ma non faticava ad immaginare come fosse lì sotto suggerimento di Lena Luthor o della sua sorellastra per tenerlo d'occhio, quindi si era semplicemente deciso a sopportarla.
Il sorriso gli si spense non appena tornò in villa. Si ritirò nel vecchio studio dei suoi genitori, rimasto intatto da allora, e si accomodò su uno dei divanetti, poggiando e aprendo un portatile proprio sul tavolino davanti. In tempo per accettare una videochiamata su Skype:
«Come si sente, signorino Wayne?», domandò l'anziano con uno spiccato accento inglese, dall'altra parte dello schermo. «La vedo... sofferente. Non dovevo partire».
Alfred era via da appena mezza giornata e già si sentiva in piena apprensione da mamma chioccia, pensò Bruce. Ma dopotutto, era l'uomo che si era preso cura di lui per tutti quegli anni, che lo aveva cresciuto e temprato, gli concedeva ogni tanto di esasperarlo come avrebbe fatto un genitore. «Alfred, avevi promesso di smetterla con questo signorino; sono grande, penso tu lo sappia».
«È un uomo adulto, me ne rendo conto eccome, me ne dispiace», si scusò in fretta, «Tendo a vederla ancora come un bambino e a non arrendermi al tempo che passa inesorabile, signori- emh, signor Wayne».
«Grazie», per poco non gli sfuggì un sorriso, ma solo per poco. «Sto bene, Alfred. Credo di essere solamente un po' stanco perché non dormo di nuovo bene, ultimamente».
«Si faccia preparare una rilassante tisana alle erbe, prima di sdraiarsi. Le farà bene; personalmente la prendo sempre appena prima di addormentarmi o rischio di non chiudere occhio», sorrise e Bruce lo ringraziò.
Non gli aveva accennato del pericolo che correva, non voleva far preoccupare Alfred e soprattutto non voleva che rinunciasse al suo viaggio: era la prima volta che incontrava il suo gruppo di amici di birdwatching del continente. Quell'uomo non prendeva mai una vacanza, non avrebbe potuto essere così egoista nei suoi confronti. E poi sarebbe rimasto via solo tre giorni, poteva sopravvivere.
Bussarono alla porta e diede l'ordine di entrare: vide uno dei nuovi membri del personale che trascinava dentro lo studio un carrello e il giovane deglutì, abbassando il volto fin quando l'uomo non gli porse una tazza e gli versò la tisana davanti ai suoi occhi e a mezzo schermo di Skype. «Come vedi, la tisana è già qui», disse allo schermo, prendendo la tazzina. Ringraziò l'uomo e lasciò che trascinasse di nuovo fuori il carrello.
«Mi sono premurato di lasciare dei consigli allo staff in mia assenza, in modo da non farle mancare nulla, signorino- mi scusi, signor Wayne. Mi ci vorrà qualche tempo», aggiunse subito. «E adesso la lascio, così riposa. Buona continuazione».
«Buona giornata, Alfred». Alzò la tazza e sembrò lì per berla ma, appena la chiamata staccò, la rimise sopra il sottobicchiere in argento, abbassando lo schermo. Avrebbe voluto seguire il consiglio ma non si sentiva ancora così disperato da bere quella roba, così guardò l'ora e si accoccolò sul divano, riprendendo la sua partita a Candy Crush

In realtà, Lena e Kara non erano del tutto sicure che ci sarebbero riuscite: l'idea di sbloccare quella situazione era venuta in mente a Kara quando Lena le aveva raccontato di come Bruce Wayne fosse certo che qualcuno stesse tentando di ucciderlo. Ed era un'idea sciocca, o così le aveva detto Selina quando l'aveva chiamata per sentire se voleva partecipare al grande piano. Da quel momento lo aveva seguito, ma le era sembrato tutto nella norma.
So chi vuole ucciderlo. Le aveva scritto per messaggio. Io. È noioso: le scimmie di mare che allevavo a dieci anni hanno fatto una vita più interessante della sua! Sono stanca di star dietro a un boy scout ricco.
Ma a Lena l'idea era piaciuta così tanto che era stata lei a convincere Bruce Wayne a farsi aiutare.
«No, Luthor», aveva provato a declinare per telefono. «Non voglio che vi mettiate in mezzo. È una cosa di cui mi occuperò da solo».
«Uh, dunque tu puoi chiedere a una persona di mentirmi perché hai arbitrariamente deciso che fosse il meglio per me, ma io non posso aiutarti chiedendotelo?», la voce si era fatta dura. «Non ti permetterò di crogiolarti nell'autocommiserazione come un cavaliere solitario. Abbiamo deciso, Wayne».
Lo aveva sentito sbuffare. «Tu e chi altro?».
«Ti farò sapere».
Non era della stessa opinione Alex, che sapevano sarebbe stata impegnata e non volevano altro da lei se non consigli. E quelli erano arrivati di certo:
«Lasciate fare alla polizia», aveva strabuzzato gli occhi. «Se fosse davvero in pericolo, secondo voi non si sarebbe già riempito l'aria di guardie del corpo?».
«Non sai com'è fatto», aveva ansimato Lena.
«E non si può esattamente contare sulla polizia, a Gotham», aveva fatto una smorfia Kara.
«Leggete anche voi i giornali, ogni tanto? Esce quasi ogni sera con una nuova ragazza, non mi sembra in pericolo di vita», aveva ribattuto Alex. «Il vero unico consiglio che posso darvi è: lasciate perdere».
In quei giorni era particolarmente su di giri poiché quella povera di Faora Hui si era appena risvegliata dal coma e stava lavorando per farle ottenere una scorta dal D.A.O., quindi non diedero peso a come avesse trattato la cosa con superficialità. Bruce Wayne usciva ogni sera per crearsi una routine e dare modo ai suoi aggressori di costruire un piano d'attacco mentre lui si teneva pronto: era stata Kara a capirlo secondo ciò che le aveva raccontato Selina Kyle da quando aveva iniziato a seguirlo, non che si fosse confidato, di sicuro. Ma il suo piano si basava completamente sulla fiducia in se stesso. Ed erano contente di sapere che il giovane non mancava di autostima però, senza qualcuno ad aiutarlo, poteva rivelarsi molto rischioso giocare al bersaglio in quel modo. Loro avrebbero costruito le condizioni adatte per farsi sorprendere, ma sarebbero state anche pronte a intervenire. O almeno speravano, imprevisti permettendo.
In primo luogo, si erano fatte descrivere perché era convinto che qualcuno volesse ucciderlo. In secondo, si erano fatte dire chi e quali luoghi frequentasse abitualmente. In terzo, si erano fatte dare di nuovo nomi e luoghi da Selina Kyle per essere sicure. Quell'avventura a Gotham sarebbe stata una buona distrazione dall'imminente scarcerazione di Astra Inze e dall'assassinio di Lionel Luthor ancora avvolto nel mistero.
E ora si trovavano finalmente lì, a poco dall'obiettivo.
A Gotham City il cielo era più scuro, colmo di nuvoloni e nebbia che sembrava costantemente portatrice di sfortuna. Il pilota ci mise non poco a trovare il modo di atterrare e, quando aprirono il portello per scendere, dovettero tutte fermarsi per indossare una giacchetta. Bruce Wayne era là, a metri da loro sul tetto della Wayne Enterprises, che le aspettava.

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