48. Lo strano caso del rapimento alla stazione

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Selina Kyle poggiò i gomiti sul banco, scorgendo le pesanti occhiaie del suo interlocutore dall'altra parte. «Devo parlare?», disse con voce più bassa del solito, muovendo piano le labbra. «E va bene, allora. Racconterò ogni cosa». Prese un bel respiro e socchiuse i suoi occhi. «È iniziato tutto questa mattina, quando le mie compagne ed io siamo arrivate con la prima metro a National City. Ci siamo immediatamente dirette al campus del Sunrise National City University perché che era lì che avremmo potuto controllare il nostro obiettivo», sorrise, mordendosi un labbro. «Ebbene, l'abbiamo tenuta d'occhio costantemente mentre si allenava con un'amica».
«Costantemente», ripeté Ivy con sguardo sognante, al suo fianco. «Molto costantemente». A un'occhiataccia dell'altra però si zittì subito, sospirando.
«Lascia fare a me», brontolò, per poi riprendere la sua aria seria e tenebrosa. «Aveva le ore contate: tenemmo d'occhio i suoi spostamenti e, quando lasciò il campus, come ci era stato detto, la seguimmo. Sapevamo di dover agire alla svelta...». 

Kara aveva sorriso, tenendo d'occhio il cellulare: oh, era in buon orario. Finalmente andava a trovare Kal e Lois a Metropolis, era così eccitata. Le cose tra lei e Lena sembravano essersi sistemate, nel senso che erano pronte a ripartire da zero; Siobhan Smythe l'aveva cacciata a un certo punto, ma riusciva a fare tutto da sola ed era tornata a casa sua, quindi andava bene; Rhea era rinchiusa a Fort Rozz e sì, Zod e l'organizzazione facevano paura, ma non si sentiva di nuovo così serena dai tempi della merenda dopo la scuola. Aveva aperto la sua copia del Daily Planet e letto l'articolo scritto da Lois Lane riguardo l'arresto di Rhea Gand e sull'organizzazione, lasciandosi andare a qualche ricca dichiarazione di chi aveva lavorato per la donna e di altre storie intrecciate, aprendo un'inchiesta. I giornali facevano a gara per avere uno scoop sul tema del momento e quello di Lois le era parso uno dei più completi e ben articolati. Dopotutto, il processo della donna si era svolto molto in fretta, volevano un colpevole per l'omicidio di Lar Gand, ma c'erano ancora molti interrogativi e punti oscuri che andavano oltre ai tre ergastoli per lei, come i processi di tutte le persone coinvolte. Di certo, Alex e il signor Jonzz ci avrebbero lavorato per settimane.
Aveva ripiegato il giornale e conservato nello zaino in spalla, quando un'auricolare le era scivolato dall'orecchio destro e la musica, in quel momento bassa, aveva lasciato spazio ai rumori circostanti. Kara si era guardata attorno perché, per un attimo, le era parso di essere seguita di nuovo. Eppure quei tempi erano finiti, accidenti, non voleva ancora vivere nella paranoia. Aveva spento la musica e tolto entrambi gli auricolari, mettendoli via in una tasca del giubbino. Aveva sceso le scale della stazione e notato che c'era poca gente, lontana. Andava a finire che si stava immaginando veramente le cose, questa vol- ah! Si era toccata il petto dallo spavento e preso un grosso respiro: «Harley?!?», aveva sbottato, «Potevi uccidermi».
In piedi davanti a lei, due piccoli chignon biondi con ciocche rosse e blu ai lati alti della testa, jeans stretti e strappati, stivaletti e giacca aperta in jeans nera, Harley aveva sorriso da orecchio a orecchio: «Non era mia intenzione ucciderti», aveva poi riso, «solo rapirti».
«Cos-». Non aveva fatto in tempo a finire di parlare che un cappuccio nero le aveva coperto la testa e più mani avevano tentato di tenerla ferma. Tentato, certo, poiché si era dimenata come un bufalo e una di loro si era beccata almeno due gomitate. «Selina! Ivy», le aveva chiamate, «Che state facendo?».
«Come fa a sapere che siamo noi?», aveva sentito la domanda di Ivy, mentre Selina le incitava a tenerla ferma. Alla fine, erano riuscite a portarla via. 

«Lo so cosa state pensando», sussurrò Selina Kyle davanti ai due uomini, i suoi occhi stretti in due fessure, «rapire una persona? Come abbiamo potuto? Dovevamo essere prudenti». Scosse la testa. «E credetemi, la prudenza non è mai troppa, in special modo in questo frangente».

Ivy batté le unghie sul banco, per poi fissarsi lo smalto luccicante. «E mi piace legare le persone».
«Sto parlando io».
Ivy alzò le spalle, sorridendo con malizia. 

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