47. Ricomincio da qui

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Kara si passò una mano sulla fronte. Poi contro la bocca. Sui capelli. Cercava costantemente di tenere calmo il respiro che seguiva l'agitazione dei battiti cardiaci. Erano giorni che il suo cuore non accennava a placarsi. Eppure poteva riprendere a dormire: Rhea era stata arrestata, non le serviva più la scorta del D.A.O. ed era perfino riuscita a dare un esame l'altro ieri. Non lo aveva passato, però era riuscita a presentarsi. Erano stati comprensivi: le avevano dato più tempo considerando che, tra Rhea che cercava di ucciderla e lo studio, aveva dato più peso alla prima. E Lena... Qualcosa aveva ripreso a funzionare tra loro e, al solo pensiero, le si coloravano le gote. Erano un po' più vicine adesso e se riusciva a concentrarsi, era ancora capace di sentire il sapore della sua lingua e le sue labbra contro la bocca. Voleva poter dire che ora erano serene e che presto sarebbero tornare a stare insieme ufficialmente perché tra loro, in realtà, non si era mai interrotto nulla per davvero ma, seppure Lena non se la fosse presa per ciò che le aveva detto nei bagni dopo la partita, sapeva di averla ferita e forse era anche quel pensiero a non farla dormire la notte. Ne avevano riparlato, erano consapevoli entrambe che ciò che le aveva detto era un'assurdità, e le aveva chiesto scusa naturalmente, ma Lena aveva annuito e se n'era andata, chiudendo la questione. Era come se gliel'avesse lasciata passare perché, in fondo, anche lei aveva qualcosa di cui farsi perdonare. Non sapeva davvero come comportarsi. Intanto, il suo cuore restava in perenne agitazione. E fra breve ci sarebbe stato il processo di Rhea e l'avrebbero chiamata a deporre; il pensiero non la rendeva di certo allegra. E infine lei. Siobhan. Sospirò, alzando il viso verso il lettino d'ospedale: Siobhan dormiva, la flebo attaccata a un braccio, gli occhi infossati e viola nelle borse, pallida. L'avevano dichiarata fuori pericolo, era stata operata, ma Kara si sentiva responsabile per ciò che le era successo: lei le aveva chiesto aiuto ma non era andata. C'era mancato davvero poco; se Barry non l'avesse trovata e chiamato ininterrottamente i soccorsi... Si sedette sulla sedia accanto al lettino e si mise comoda, chiudendo gli occhi.
«Sei ancora qui?». Kara li riaprì subito, vedendo Siobhan accigliarsi. «Senti un po', non è che ti sarai innamorata di me, spero». Piegò la faccia in disgusto, scoccandole un'occhiataccia.
«Ti piacerebbe», rimbeccò, estraendo un sorriso gentile.
«Non sono interessata. Soprattutto se non hai un dolce per me», la guardò con occhi grandi, squadrandola. «Non hai un dolce per me nascosto sotto quella camicetta giallo semaforo, vero?». Kara arrossì e Siobhan scrollò gli occhi. «Oh, dimenticavo che sei una bimba delle medie. Un dolce, Danvers, con la glassa al cioccolato ricoperta da caramello».
«Il dottore ha detto-».

«Chi se ne importa del dottore», provò a urlare, ma si resse un fianco dal dolore e, stringendo i denti, bloccò con il palmo di una mano lei che si avvicinava a soccorrerla. «Gli spazi personali, rispetta gli spazi personali. Sto bene. Sono solamente stufa di stare qui e non sono nemmeno a dieta, cielo, sto diventando un tutt'uno con queste pappette insapore. Dove vai?», sgranò gli occhi quando la scorse alzarsi dalla sedia e sollevare la borsa in spalla.
«A prendere del cibo».
«Oh, finalmente».
«Per me, non per te», uscì dalla cuccetta, sentendola bofonchiare. Cambiò piano, prendendo l'ascensore. Si guardò attorno, poi infilò le monetine nella macchinetta e aprì la busta della merendina, reggendosi lo stomaco. Si appoggiò contro il muro e prese fiato, pensando a quanto sentisse la mancanza delle pillole, ora che era scoperta. Le avevano come tenuto la mano quando capiva di essere arrivata al limite e coccolata, proteggendola dai sentimenti ingombranti, ma da quando era successo l'attentato, non le aveva più prese. Credeva che non ne avrebbe più avuto bisogno, felice di provare di nuovo i sentimenti per Lena. Era pur vero, però, che di tanto in tanto le mancavano quando scendeva la sera e il cervello la costringeva a pensare, o quando guardava Siobhan sul lettino e ricordava di averla lasciata al suo destino. Il giorno prima, Winn era andato a trovarla e per farsi forte davanti a Siobhan, aveva pianto solo una volta fuori dalla porta, su una spalla di Kara. Se non altro, non l'aveva presa seriamente quando gli chiese chi fosse. Era così in pena per lei che guardandolo, Kara non era riuscita a non pensare che aveva rischiato di morire mentre era al telefono con lei. Accidenti.

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