56. L'anniversario - Prima parte

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UN ANNO FA

Lena aveva gonfiato le guance, tenendo il cellulare tra le dita. «Le vedrò al vostro matrimonio-», aveva stretto i denti, «Lasciami parlare! Lasciami finire! Non è necessaria la mia presenza lì». Aveva allontanato il telefono dall'orecchio di colpo. «Sì, faccio parte di questa famiglia», aveva scosso una mano seccata mentre ascoltava sua madre dall'altra parte, adocchiando il suo assistente davanti a lei che, in attesa, aveva iniziato a dondolarsi sui talloni. «Non voglio stare in quella casa per giorni, con delle complete- lasciami parlare, estranee... mamma». Le aveva sempre fatto un po' strano chiamarla mamma e, da quando aveva scoperto di essere la figlia biologica del padre, per un qualche motivo, lo era diventato ancora di più. «Eliza è dolcissima, ma preferirei restare qui a lavorare».
«Dunque non ti interessa conoscere le tue sorellastre? E per l'amor del cielo, Lena, è vacanza», aveva sbottato Lillian dall'altra parte del cellulare, «I dipendenti tornano a casa per le vacanze e mia figlia vuole restare lì a lavorare. È qualcosa di inconcepibile».
Winn si era grattato con nervosismo, avrebbe preferito essere altrove. Aveva alzato gli occhi al soffitto, si era guardato attorno con distrazione e dopo aveva ben pensato di iniziare a tirarsi le cuticole dalle dita per fingere di non stare ascoltando e distrarsi: la signora Luthor gli aveva sempre fatto un po' paura.
Lena aveva sbuffato appena, fregandosi gli occhi stanchi. «Se avessi voluto che conoscessi le figlie di Eliza, allora avresti combinato prima un incontro. Andare a viverci insieme, anche fosse per qualche giorno, è prematuro. E non conosco la casa, e se-».
«Te lo chiedo per favore, Lena. Facciamo che questa cosa funzioni. Vieni qui e le conosci, resterai dei giorni e ti comporterai da figlia esemplare, poi-».
«Poi che cosa?», era stata lei a interromperla. «Non puoi convincermi a farlo».
«Non ci sarà nemmeno Lex... Che figura mi fate fare?! Te lo chiedo per favore».
«Cosa? Lex non-», aveva scosso la testa e sbuffato di nuovo, battendo le dita sulla scrivania. Lex non ci sarebbe stato? La situazione non faceva che peggiorare. «E va bene», aveva sospirato pesantemente e non le importava che sentisse. «Senti... potresti mandarmi Ferdinand? In vacanza? Ferdinand non va mai- Va bene. Ho capito. Ma mi manderai una macchina almeno una volta lì o non saprò dove andare. Sì, ci risentiamo». Aveva staccato la telefonata ingigantendo gli occhi, guardando Winn che, intanto, si era rimesso composto, dritto con la schiena. «Anche la tua famiglia è così complicata?».
Lui aveva scrollato appena le spalle, sorridendo. «Oh beh, non così, ma... ognuno ha i suoi guai. Volevo dirle che ho aggiornato le schede riguardanti la famiglia Danvers come mi aveva chiesto, signorina Luthor. Qualche dato in più che ho scovato recentemente», sorrise, «giusto dei dettagli. Come Kara Danvers che pratica sport».
«Sport?», aveva alzato un sopracciglio, sorpresa. Aveva aperto i file in quel momento, sul suo laptop, e l'occhio era caduto proprio in una delle sue foto. «Ha il fisico da sollevatrice di fermacarte».
«Emh, veramen-».
«Va bene, Winslow, ti ringrazio per l'ottimo lavoro. Da domani puoi stare a casa, è vacanza. A quanto pare... lo sarà anche per me», aveva gonfiato gli occhi, tenendo strette le labbra. Lui se n'era andato in fretta e lei aveva dato una nuova occhiata ai file di Eliza, Alex e Kara Danvers. Solo dei dettagli, aveva detto il suo assistente, allora magari nemmeno li avrebbe letti. Tra meno di due giorni sarebbe andata nella loro casa, dopotutto. Ormai il tempo era scaduto e si sarebbe fatta un'idea migliore di loro conoscendole di persona. Conoscere le sue sorellastre, poi... Già immaginava come anche loro non avessero alcun interesse a conoscerla. Lillian stava con questa Eliza da tempo e adesso si era messa a fare tutto di corsa. E nondimeno, se queste Alex e Kara avevano interesse a far parte della famiglia, non si sarebbero già presentate per la cerimonia di fidanzamento? Non poteva certo credere che nessuno le avesse invitate. Senza contare del comportamento di Lex. Suo fratello era il solito guastafeste. Lo aveva chiamato mentre sistemava tutto per tornare a casa, ma si era attaccata la segreteria telefonica. Aveva ansimato, infastidita, e si era allontanata dal suo ufficio, chiamando l'autista che la venisse a prendere. Almeno lui aveva risposto. Aveva salutato il portinaio e, con passo deciso, era uscita dalla struttura, continuando a chiamare Lex senza successo. Fuori si era già fatto buio: il cielo era così grande e malinconico, stellato. L'aria era fresca, un poco umida e si era fregata le braccia. «Lex. Richiamami, per piacere», lasciò il messaggio. Era entrata nella vettura quando Ferdinand era sceso per aprirle la portiera, così se n'era andata, continuando a osservare il cielo dal finestrino. 

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