42. Un passo avanti

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Erano passati appena tre giorni da quando, riportata Jamie a casa, le ragazze avevano scoperto che Rhea Gand e il Generale Zod, pur facendo parte della stessa organizzazione, si dovevano trovare ai due vertici opposti. Charlie Kweskill si era infiltrato nel gruppo di poliziotti che cospirava contro Maggie e Alex per farsi notare da Rhea; Faora Hui doveva averli convinti che la donna potesse iniziarli, come una di loro aveva detto ad Alex. Anche Grace, colei che aveva preso Jamie dalla babysitter, aveva spiegato a Maggie che lo aveva fatto solo per poter entrare a farne parte. Peccato che non avessero spiccicato parola quando erano stati interrogati dall'FBI, insediato nel distretto dopo il fatto. Avevano interrogato tutti i poliziotti in cerca di altre mele marce e subentrati con la forza per dare un contributo generale in centrale in mancanza di agenti e, ovviamente, per lavorare fianco a fianco nel caso della morte del senatore Gand. Dapprima per niente entusiasta, Maggie notò in fretta un cambiamento in Zod, adoperandosi per collaborare. Come se niente avesse potuto piegarlo e, certo, questo aveva contribuito ad avvalorare la teoria secondo cui fosse il nuovo presidente. Se ciò era vero, forse Zod avrebbe fatto di tutto per far arrestare Rhea e, al tempo stesso, la donna avrebbe fatto tutto quello in suo potere per buttarlo giù dal trono che voleva per sé. Intanto, proprio come non era passata neanche una volta a trovare Faora in ospedale, Rhea non si era nemmeno avvicinata ai poliziotti che, per lei, avrebbero fatto di tutto. Chissà che ci fossero rimasti male.
Kara odiava restare con le mani in mano. Potendo riabbracciare Jamie e vederla insieme a sua sorella e Maggie, di nuovo al sicuro, le aveva smosso dentro qualcosa. Si chiese spesso cosa sarebbe successo se non fossero arrivate in tempo. Quella situazione stava diventando troppo grande per loro, per lei. Prima Rhea che mandava qualcuno a ucciderla e salvata, chissà, solo grazie all'intervento di Alex. Poi tutti che le nascondevano qualcosa, da sua sorella a John, a Lillian. A Lena. E gli agenti del D.A.O che le facevano ancora da scorta; riusciva a seminarli se voleva, e Alex la sgridava. I Luthor che, da presidenti dell'organizzazione, avrebbero potuto salvare la sua famiglia, in passato, e non l'avevano fatto. A Rhea che li aveva uccisi e che non si sarebbe arresa per salire al potere. Kara sentiva che stava per perdere il controllo. Era troppo. Era troppo tutto insieme, troppo. Stava cedendo. Era seduta sul letto in camera al dormitorio e alzò lo sguardo verso l'armadio davanti. Mettendo a fuoco un'anta, nel buio. Sapeva che stava cedendo. Perfino sua zia Astra la stava mettendo in crisi. Era convinta che l'organizzazione potesse fare cose buone, non nascondendole il fatto di farne ancora parte, seppure in prigione. Era andata a trovarla di nuovo, da sola, ma le avevano detto che era indisponibile. Le aveva detto che non sarebbe più dovuta andare a trovarla, ma davvero non credeva che le avrebbe negato la visita. Per quale ragione lo avrebbe fatto? Sperava che l'avrebbe aiutata a trovare qualcosa contro Rhea, accidenti. Non poteva semplicemente aspettare che il Generale vincesse la guerra contro quella donna. Se non altro, perché in quel caso il detto sbagliava e il nemico del suo nemico non era affatto un amico, ma un altro nemico, forse addirittura più subdolo. L'organizzazione tutta era sua nemica. L'importante ora era tenersi impegnata. Restare concentrata sull'obiettivo e non permettere alla sua testa di cedere. Riguardò l'anta dell'armadio e scosse la testa. Non doveva davvero cedere. E poi, beh, ogni tanto le riusciva anche di studiare per gli esami. Era indietro, accidenti.
Mike si girò di nuovo, grattandosi un fianco. Non riusciva a dormire, si muoveva di continuo e Kara cercava di ignorarlo. Il ragazzo era sul pavimento, tra il letto di Megan e il suo, sdraiato su un materassino da divano che alcune studentesse del complesso avevano prestato alle loro giocatrici di lacrosse preferite. Sentiva caldo e tirava giù la coperta. Poi freddo e la tirava su. E si girava. Kara non lo ricordava così fastidioso. Sul letto, aveva acceso una piccola lucetta da lettura e portato dall'armadio la vecchia scatola che conteneva alcune delle lettere che le aveva spedito sua zia da Fort Rozz in quegli anni. Se non poteva aiutarla faccia a faccia, forse poteva farlo da quelle. Finalmente aveva il coraggio che le serviva per aprirle.
Piccola mia, oggi è il grande giorno: finalmente sedici anni! Tanti auguri! Come festeggerai il tuo compleanno? Ti porteranno fuori in un locale? Attenta ai ragazzi, so già che sbaveranno tutti per te.
Kara ansimò, ricordando il suo sedicesimo compleanno: Jeremiah aveva invitato lei e Alex a stare da lui nella sua seconda casa a National City dal divorzio con Eliza; aveva preparato tutto l'occorrente, dalle candeline ai cupcake, dai palloncini appesi sul soffitto alla tovaglia colorata, poi però aveva lasciato la torta nel forno troppo a lungo e si era bruciata, la casa si era riempita di fumo e le aveva portate fuori al fast food. Le aveva detto che le avrebbe voluto fare qualcosa di speciale e che forse era troppo grande per una festa di quel tipo, il che era indubbiamente vero, eppure era stata una delle giornate più belle e divertenti trascorse con lui. Era andata avanti con la sua vita mentre sua zia si perdeva tutto, di lei. E avrebbe continuato a perdere ogni cosa se fosse rimasta in quell'organizzazione. Per un attimo, si chiese come lo avrebbe trascorso se ci fosse stata lei o, meglio ancora, se ci fossero stati i suoi genitori. Era quasi tentata di non leggere più, ma doveva capire. Così ne aprì un'altra.
Kara, devi venirmi a trovare perché devo parlarti. È davvero importante, troppo urgente! I giornali scrivono che la tua madre adottiva si è fidanzata con Lillian Luthor. La conosco, Kara, devi sapere alcune cose che non posso scriverti. Quindi ti prego, vienimi a trovare se stai leggendo questa lettera. Ho bisogno di vederti. Ti voglio bene.
Kara la rimise all'interno della busta, rificcandola nella scatola e tirandone fuori altre, a caso.

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