59. Il prezzo da pagare

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Indigo non riuscì a dormire ma dovette aver chiuso gli occhi anche solo un momento quando pensò di aver visto Ferdinand all'interno della sua camera da letto, davanti alla porta. Il suo volto scuro e in una mano il panno con cui quella volta l'aveva rapita. Sapeva che non era reale e aprì gli occhi di soprassalto, con la musica suonata da suo fratello nella testa. Era disorientata, stanca, amareggiata e sconfitta, ripensando alle parole di Lena qualche ora fa, sentite tramite il suo telefono. Non ricordava di essersi mai sentita così provata dalla sparatoria in cui fu colpito Cyan. Cercò il cellulare sotto le coperte per controllare l'ora e s'incantò nell'osservare la foto di sfondo con la fontanella all'interno del locale della sua uscita con Winslow.
Lui ci aveva buttato dentro una moneta legandola a un desiderio, convinto che in quel modo avrebbe potuto avverarsi. Era la cosa più stupida che avesse mai sentito, ma l'aveva convinta a farlo e aveva scattato la foto alla fontanella per non dimenticare dove aveva gettato la moneta. Non seppe esattamente perché lo fece, in realtà, ma in fondo la fontanella era bella, aveva perfino le luci blu sotto l'acqua. Proprio lì davanti, impedendole di farsi rivelare il desiderio che altrimenti non si sarebbe realizzato, Winslow le aveva detto di poter contare su di lui. Sarà stato l'alcol in circolo a farle credere, anche solo per un secondo, che potesse essere vero.
Forse la sua vita lì la stava davvero cambiando; quel travestimento le stava entrando sottopelle e non era pronta a dirgli addio. Kara e Alex Danvers non si sarebbero fermate dal smascherarla e Lena ne avrebbe sofferto in un modo, o nell'altro. Si alzò dal letto, sudata. Le cadde il cellulare dalle mani e, respirando a fatica, si abbassò per riprenderlo. Non era mai stata tanto distratta. Doveva capire come giocarsela, era intelligente e non poteva aspettare che il suo angelo custode risolvesse tutto per lei; naturalmente lui ci avrebbe provato, o così aveva detto. Chissà che cosa aveva in mente di fare... Richiuse la porta della stanza con uno scatto, dietro di lei, e si guardò intorno, decidendo di scendere di sotto. Non si sentiva nulla, se non qualche ticchettio. Si passò la mano sulla fronte e spostò i lunghi capelli da un lato, aprendo il frigo per mangiare qualcosa. Dopo aver ascoltato Lena e Kara, ne aveva parlato con lui in cerca di una soluzione e, oh, come si era sentita patetica... Se non altro, le aveva scritto che quella notte Noah non si sarebbe avvicinato per via del ritorno delle signore Luthor-Danvers in villa; poteva almeno togliersi un pensiero dalla testa. Spostò una sedia dal bancone e ci si sedette per mangiare uno yogurt, immaginando la faccia di Kara Danvers l'indomani mattina. Uh, era troppo freddo. Lo lasciò sul banco e aprì uno sportello per cercare una merendina. Cosa sentiva? Forse non era fame, le saliva la nausea e le si stavano comprimendo i muscoli contro le costole. Annusò i biscotti dentro la biscottiera e ne assaggiò qualcuno, prima di riprendere lo yogurt. Uh. Era la sua umanità che veniva fuori? Si toccò lo stomaco, trattenendo il respiro.
Intanto, Lillian Luthor si stava svegliando lentamente. Era così stanca da aver faticato ad addormentarsi e aveva mantenuto il sonno leggero, e di certo quei rumori al piano di sotto non l'aiutavano a concentrarsi. Al suo fianco, Eliza aveva la faccia quasi interamente coperta dal cuscino e provò a spostarla per farla smettere di annaspare, ricevendo un'occhiataccia. Le accarezzò una guancia e scese dal letto. Se Lena o Kara ancora sveglia, poteva approfittarne per parlare con lei o l'altra a quattrocchi. Non voleva che pensassero che odiava la loro relazione, anche se di sicuro non l'accettava a braccia aperte. Reputava ancora sbagliato il loro rapporto, ma... No, avrebbe dovuto usare parole migliori. Considerava già un piccolo miracolo che Kara non ce l'avesse più con lei per il suo passato nell'organizzazione, non era il caso di inimicarsela adesso, poteva fare di meglio per mantenere la sua posizione e allo stesso tempo... Ah, sbuffò seccata, non lo sapeva nemmeno lei. Sperava solo che il tempo sarebbe stato dalla sua parte: erano giovani e crescendo... Proprio il non avere il suo appoggio come madre poteva rendere a quelle due stimolante lo stare assieme; chissà che, in caso contrario, senza ostacoli, si sarebbero annoiate. Beh, di certo quel pensiero la sfiorava.
Nel salone non c'era nessuno. Nemmeno in sala da pranzo e- si voltò, notando una sedia fuori posto. Sul bancone c'erano briciole e anche sul pavimento, per non parlare di un vasetto di yogurt aperto. Ne era rimasto sul fondo. Lena non avrebbe mai lasciato quel pasticcio, non aveva osato neppure da bambina, e le veniva difficile credere che Kara... Decise di tornare a letto e riprovare a prendere sonno, quando notò la luce accesa sotto la porta del bagno e le chiamò, prima una e poi l'altra. Non rispose nessuno e, già adirata al pensiero di chissà quali brutte abitudini si fossero prese in loro assenza, aprì la porta di scatto per spegnere la luce. Lillian rimase immobile, occhi spalancati.
Seduta sulla tavoletta, Indigo la guardò.
Lillian la guardò.
«Potrebbe richiudere la porta?».
Lillian richiuse.
Com'era possibile che quella ragazza fosse ancora lì? Lena l'aveva accompagnata fuori e sapeva che qualcuno doveva passare a prenderla. Cosa faceva in casa sua? L'aspettò in salone, seduta sul divano. Perché mentire a lei ed Eliza? E non fosse altro, aveva perfino un'aria già vista, anche se non le veniva in mente nessuno. Che fosse una delle precedenti amichette di sua figlia? Sgranò gli occhi ancora una volta. No, era fuori discussione, non poteva... Era bionda, gli occhi azzurri. Di certo poteva vederci uno schema. Appena la ragazza uscì, la fulminò e le fece cenno di accomodarsi accanto. «Era tuo lo yogurt?».
«Sì, signora...». Si avvicinò, lanciando uno sguardo al bancone. «Se è per sistemare, lo faccio; mi scusi ma, vede, mi sentivo poco bene», si passò una mano sulla tempia, contraendo le sopracciglia. Sapeva di dover essere gentile con la signora Luthor. Senza dimenticare le tante cose che aveva letto sul suo conto e lo sguardo freddo che le riservava ora.
«No, puoi pensarci domattina. Vieni, accomodati, fammi compagnia. Anche tu non riesci a dormire? Sei Linda, giusto?».
Indigo sorrise e annuì lievemente. Odiava quel dannato nome con cui l'avevano presentata alle loro madri, lo stesso che aveva usato Alex Danvers per presentarla a quella Carvex. Ma era stata una precauzione in più, come anche gli occhiali che- diamine, li aveva lasciati nella sua camera.
«E così sei un'amica di Lena, eh? Dimmi, da quanto tempo vi conoscete voi due?».
Doveva pensare a qualcosa perché la donna era sospettosa. «Non molto, ma abbiamo subito instaurato un legame».
Lillian assottigliò gli occhi, diffidente. «E ci siamo già conosciute, da qualche parte?», forzò un sorriso, a un certo punto, fissandola accuratamente come negava e apriva bocca per dire qualcosa, fermandola: «Come mai ti trovi qui, Linda? Pensavamo fossi uscita, dopo aver cenato tutte insieme».
Lei sorrise di nuovo, abbassando gli occhi un momento, come per simulare imbarazzo. «Pensavano non avreste capito, signora».
Lillian esitò, irrigidendo il viso. «Non avremo capito... cosa, più precisamente?».
Indigo sorrise, inclinando solo un poco la testa: «Dormo sempre qui».
La donna ebbe i brividi. Sempre? Da quando lei ed Eliza erano partite in viaggio di nozze, Lena... Come poteva essere vero? Doveva esserci un malinteso. «Che tipo di legame hai con mia figlia?».
Fu Indigo a indugiare, restando fintamente colpita da quella domanda. «Beh, signora Luthor... Luthor-Danvers... Credo di essere innamorata di sua figlia».
Lei irrigidì anche le spalle, trattenendo il fiato. «E Kara sa di questa cosa?».

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