Capitolo 10- Day four

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Thirty days

Quarto giorno (Domenica)

Era la quarta volta che il mio cellulare squillava mentre stavo cercando di studiare le ultime pagine di storia. Lo presi sbloccandolo velocemente, era un numero sconosciuto perciò non sapevo chi fosse.

"Pronto?" la mia voce risultò acida, proprio come avevo previsto, volevo far capire a chi mi aveva chiamato che non potevo parlare in quel momento.

"Erin, pronto?" rispose un ragazzo dalla voce roca.

"Styles" gli dissi in uno sbuffo. "Cosa vuoi esattamente?" arrivai dritta al punto; chiusi il libro e appoggiai le gambe sopra la scrivania.

"Sapere come stavi..." parlò tranquillamente come se fossimo veramente amici.

"Sto cercando di studiare, fra poco ho il diploma..." sbuffai dura, mi sarei subito morsa la lingua per le mie maniere maleducate ma si trattava di lui quindi avevo il diritto di parlargli così.

"Preoccupata?" azzardò, potevo scommettere che stesse sorridendo.

"Stanca" lo corressi alzando gli occhi al cielo.

"Quindi è una brutta giornata?" chiese con nonchalance.

"Wow sei davvero intelligente" risposi ironica.

"Oh" stette zitto per alcuni istanti prima di continuare la conversazione.

"C'è qualcosa che potrei fare per rallegrarti un po'?" domandò con dolcezza, non potevo credere a quanto fosse lunatico.

"Beh potresti ancora migliorarmi la giornata" sorrisi falsamente anche se sapevo che non mi poteva vedere attraverso il telefono.

"Come?" la sua voce sembrò quasi illuminarsi.

"Datti fuoco Styles" risposi acidamente, dopodiché buttai giù il telefono, velocemente.

Sorrisi soddisfatta della mia risposta e mi battei mentalmente il cinque.

Sei stata simpatica insomma- parlò il mio subconscio. Sbuffai a me stessa, Harry Styles si meritava ogni mia cattiveria, doveva accettare ogni mia parola, dalla prima all'ultima.

Il mio iPhone squillò un altra volta, lo presi indignata senza leggere però il nome sullo schermo.

"Che c'è ancora?" sbottai sempre più arrabbiata.

"Erin è il modo di rispondere alla tua migliore amica?" rise Miranda attraverso il telefono.

"Oh Mia, scusami" sentii le guance diventare rosse.

"Stai ancora studiando?" chiese più seria.

"Non ho già più voglia e poi è quasi ora di pranzo...volevo fare uno spuntino" riflettei scendendo le scale per andare in cucina.

"Se vuoi andiamo un po' fuori" propose quasi indifferentemente.

"Forse è meglio di no...mi manca ancora biologia..." rifiutai cercando di non sembrare troppo maleducata.

"Come vuoi ma dopo non voglio sentire al telegiornale che la polizia ti ha trovata morta sopra ai libri" rise attraverso la cornetta, mi unii a lei.

"Credimi non potrebbe mai succedere" scossi la testa, studiare non era proprio una delle mie "passioni". I miei libri erano tutti scarabocchiati da personaggi immaginari e scritte strane. Non potevo mantenere a lungo la concentrazione, la perdevo subito e mi immergevo nel mio mondo colorando e disegnando qualsiasi cosa mi venisse in mente.

"Quindi tranquilla, ciao Miranda" la salutai senza darle il tempo di rispondere, mi avrebbe senz'altro tenuta un altro quarto d'ora a parlare, e io non avevo assolutamente momenti da perdere.

Raggiunsi la cucina ed aprii il frigo estraendo una confezione di carote già pronte da sgranocchiare e presi un po' di salsa per condirle. Qualcuno suonò il campanello facendomi sussultare. Mi avviai di malavoglia verso il portone e aprendolo mi ritrovai davanti al persona che meno potevo vedere in quel momento.

Mi squadrò osservando il fatto che ero vestita con una felpa larga e lunga che mi arrivava a metà coscia lasciando scoperte tutte le mie gambe magre. Un sorrisetto malizioso, dannatamente fastidioso, si fece spazio sul suo volto.

"Vattene" sbottai richiudendo la porta ma lui prontamente infilò un piede tenendola aperta.

"Aspetta Erin volevo scusarmi con te per ieri, al telefono non mi hai dato tempo di parlarne" sembrava dispiaciuto e senza dubbio lo avrei perdonato se fosse stato un mio amico, ma lui non lo era, lui era Harry Styles.

"Se ti ho buttato giù ci sarà stata una ragione non credi?" teorizzai con un ghigno.

"Sì ma..." non gli diedi il tempo di finire le sue finte scuse.

"Ma niente! Ora fuori da casa mia" indicai il portone e gli diedi un colpo sulla spalla per indirizzarlo verso l'uscita.

"Erin per favore ascoltami" si inchiodò al pavimento, incontrai il suo sguardo, i suoi occhi sembravano volermi dire qualcosa. Quel verde si mischiava con il mio e, per un momento, dimenticai tutto il resto.

"Tu mi hai detto di stare fuori dalla tua vita Styles" eravamo a pochi centimetri l'uno dall'altra, osservò le mie labbra per alcuni istanti prima di sorridere, dando spazio a due meravigliose fossette ai lati della sua bocca carnosa.

"Hai le lentiggini Heatherton" ridacchiò accarezzandomi la guancia. Annuii deglutendo rumorosamente. Che mi stava succedendo? Il mio cervello urlava di tirargli uno schiaffo ma il mio braccio se ne stava fermo lungo il mio corpo non in grado di reagire.

"V-vai via" balbettai ancora intontita dal suo tocco delicato.

"Io volevo chiederti scusa, non dovevo reagire così ieri, non dovevo prendermela con te" abbassò lo sguardo dando fine alla magia che si era creata tra di noi, con i nostri sguardi.

"Ma lo hai fatto" mi staccai da lui riprendendomi dal mio stato di palpitazione.

"Ma non volevo, non pensavo veramente le cose che dicevo, il mio cervello non era in funzione con la bocca" sorrise ancora. "Io voglio che tu faccia parte della mia vita Erin" mi sorprese molto con le sue parole.

"Non penso sia una buona idea" risposi velocemente dando voce ai miei reali pensieri.

"Dammi un'occasione almeno, esci con me ora" propose prendendomi la mano ed accarezzandone il dorso.

"Io..." ritirai la mia mano e chiusi gli occhi per alcuni istanti.

"Solo qualche ora, dopo devo studiare" mi girai velocemente ma lui mi afferrò il polso.

"Grazie" mi fece l'occhiolino. Corsi in camera mia a cambiarmi, indossai un paio di pantaloni corti di pelle e sopra un maglione con una stampa di Topolino dato che non sapevo che tempo era previsto, a Londra bisognava sempre stare allerta. Presi alcune monete e qualche banconota e le infilai nella mia borsa Gucci prima di mettermi i miei stivaletti neri preferiti.

Forse era un errore uscire con lui, o forse no. Sapevo solo che non avrei dato ascolto a Zayn, bensì alla signora Watson e avrei cercato di scoprire chi era veramente Harry Styles.

THIRTY DAYS- trenta giorni per farlo innamorare di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora