Capitolo 18- C'mon c'mon

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"E così questa è la tua tana" ridacchiai, utilizzando il termine con cui aveva definito il suo appartamento. Mi aveva portato in un piccolo condominio a Camden Town, il mio quartiere preferito di Londra.

"Esatto" disse chiudendosi la porta alle spalle dopo che mi aveva fatto cortesemente entrare per prima. Si tolse la giacca di jeans restando con una canottiera azzurra, strabuzzai gli occhi quando vidi le sue braccia ricoperte da tatuaggi.

"Che c'è? Mai visto un ragazzo tatuato?" mi fece l'occhiolino avanzando verso di me.

"Hm no" mi affrettai a rispondere distogliendo lo sguardo dai suoi bicipiti definiti. "È solo che non me lo aspettavo da te"

Mi guardò con sguardo confuso passandosi una mano tra il ciuffo di capelli scuri.

"Cioè ti facevo un ragazzo più...non so...senza tatuaggi ecco" mi voltai dandogli le spalle per l'imbarazzo, con la scusa di guardarmi intorno.

"Anche io non riesco a vederti con gli occhiali" rispose ridacchiando, mi girai per sorridergli.

"In mia difesa dico che avevo finito tutte le lenti a contatto, sono stata obbligata" continuai con voce da saputella, si avvicinò un po'.

"Stai bene però" mi sussurrò all'orecchio prima di dirigersi in un'altra stanza lasciandomi spiazzata. Sentì il rumore di qualcosa aprirsi, probabilmente il frigo, e poi fui raggiunta dalla sua voce.

"Va bene una CocaCola?" chiese tornando dopo poco al mio fianco, annuii distrattamente. "Scusa non aspettavo ospiti, e ieri ho finito tutta la birra..." parlò porgendomi una lattina fredda.

"Tranquillo" lo rassicurai. Aprii la lattina portandomela alla bocca e prendendone un lungo sorso.

"Li hai fatti tu?" domandai indicando dei graffiti vicino ad un vecchio divano colorato.

"Oh sì" rispose distrattamente con un po' di imbarazzo.

"Sono belli" lo rassicurai scrutando meglio l'immagine. "Hai davvero molto talento" ammisi leggermente sorpresa. Non mi aspettavo che Zayn fosse bravo a disegnare. Pensavo fosse una specie di genio della matematica o un piccolo Einstein, come lo avevano definito su internet, non un nuovo Picasso.

"No, sono solo degli schizzi" mi raggiunse passandosi una mano dietro il collo con lo sguardo fisso sulla sua opera.

"Dovresti farli vedere a qualcuno" continuai restando sull'argomento.

"Non ho un futuro come artista, ho studiato molto per arrivare dove sono. Deluderei i miei facendo questo passo indietro" ammise tristemente. Sentii di avere sempre più cose in comune con questo ragazzo.

"Non vogliono che tu segua i tuoi sogni?" scosse la testa velocemente prima di riprendere a parlare.

"Quando abitavo con loro riempivo ogni centimetro della mia stanza con immagini e strane figure, era l'unico modo che avevo per sfogarmi; poi un giorno, dopo che tornai da scuola, trovai le pareti imbiancate e mi impedirono di disegnarci sopra ancora" si morse il labbro osservando l'animale impresso sulla parete di fronte a lui.

"Sai ti capisco, la mia storia è praticamente uguale" gli misi un braccio intorno al collo. "Un giorno apriremo una nostra mostra" gli comunicai soddisfatta dalla mia decisione improvvisa. Scoppiò a ridere.

"Ci sto" mi fece l'occhiolino, in seguito portò alle labbra la lattina prendendone un sorso. Gli sorrisi.

"Cosa ti va di fare?" domandò tranquillamente. Mi guardai attorno finché non vidi un tavolo da calcetto accanto alla TV al plasma.

"Che ne dici di fare una partita?" proposi osservando la sua reazione stupefatta.

"A voi ragazze piace il calcetto?" era seriamente sorpreso.

"Scherzi? Sono cresciuta con solo cugini maschi, ormai sono anche più brava di loro" gli feci la linguaccia in modo infantile, ridusse gli occhi in due piccole fessure.

"Penso tu sia una ragazza anomala allora" sorrise. "Ma comunque, anche se fosse, non saresti in grado di battermi"

"Primo: stai recando una grave offesa al sesso femminile" iniziai alzando un dito. "Secondo: io non solo penso che ti batterò, ne sono certa" conclusi posizionando entrambe le mani sul miei fianchi.

""Lo credi davvero? Heatherton, ti sbagli di grosso" mi lanciò una sfida che non esitai ad accettare, iniziavo a nutrire una grande simpatia nei suoi confronti. Zayn sembrava davvero il tipo di ragazzo con il quale potevi parlare tranquillamente e sapevo, anche se in seguito ne ebbi la certezza, che saremo diventati davvero buoni amici.

"Ovvio" feci una smorfia.

"Vedremo" si avvicinò al tavolo da gioco invitandomi ad avvicinarmi. "Blu o rosso?"

"Rosso" risposi posizionandomi sul lato con i giocatori del colore che avevo scelto.

"Bene che inizi il gioco allora" prese la pallina bianca facendola cadere nel centro del campo, in pochi istanti ero riuscita ad avanzare verso la sua porta, vicina a fare il primo goal.

THIRTY DAYS- trenta giorni per farlo innamorare di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora