Capitolo 25- Day nine

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Thirty Days

Nono giorno (Venerdì)

Passai l'intero pomeriggio a scrivere, e poi ripassare, il discorso che avrei tenuto, il giorno successivo, alla cerimonia del diploma. Questi giorni erano passati lentamente a causa delle mattinate piene di compiti scritti e orali, ma, tutto sommato, pensavo fossero andati molto bene.

Per tutta la giornata non avevo fatto altro che pensare a Harry. Rivedevo i suoi occhi verdi ovunque, e immaginavo le sue labbra carnose anche senza volerlo, mi aveva stregata con il suo fascino da gentiluomo e il suo sorriso da bambino.

Vestiti casual. Erano quelle le parole che aveva usato Harry per descrivere il nostro appuntamento, eppure non rendeva bene l'idea di cosa avrei dovuto indossare, così optai per un paio di jeans attillati rosso bordeaux e un top nero.

Erano già le otto perciò Harry mi stava sicuramente aspettando in strada, sotto casa mia. I miei erano fuori città in un centro benessere per un weekend "lungo", come li definivano loro, lasciandomi per l'ennesima volta con Grant a occuparsi di me.

"Dove credi di andare a quest'ora?" domandò l'uomo vedendomi nel corridoio che portava all'uscita.

Indossava la sua solita tuta larga e scolorita verde scuro e grigio e delle scarpe da ginnastica con i lacci di materiali diversi. I suoi capelli brizzolati, erano tenuti lontani dalla fronte grazie ad un gel che li rendeva lucidi e come cristallizzati, il viso paonazzo era poco curato e la barba ormai era visibile in gran parte sul mento. Mi osservava con occhi attenti percorrendo ogni centimetro del mio corpo, facendomi salire i brividi. Non so perché lo lasciassero con me in casa da soli, io non avevo mai provato fiducia verso quest'uomo meschino e schietto.

"Ho un appuntamento" sorrisi falsamente dandomi un'ultima occhiata allo specchio nell'atrio controllando che i miei capelli fossero accettabili.

"Sono già le otto e dieci minuti, non puoi uscire, fra poco sarà tardi e le strade di sera sono pericolose" mi informò acidamente avvicinandosi di qualche passo verso di me con poca stabilità. L'unica cosa di cui avevo timore era lui.

"Appunto" ghignai. "Sono in ritardo" posai la mano sulla maniglia della porta aprendola velocemente e precipitandomi fuori ritrovandomi nel giardino curato della mia grande casa, che dava sulla strada.

"Dovrei avvisare i tuoi genitori che non mi hai obbedito signorina" ridacchiò istericamente, ero più che certa che avesse bevuto molto. Si avvicinò prendendomi un polso.

"Ritorna dentro cara Erin" mi accarezzò il viso con le sue mani ruvide, il contatto mi fece venire il volta stomaco. Il suo alito puzzava di vino rosso e tabacco. Sentii la portiera di un'auto sbattere con violenza e subito dopo riconobbi la voce roca di Harry.

"Andiamo Erin?" chiese dolcemente prendendomi la mano, aveva un respiro irregolare, si vedeva che si stava trattenendo dall'arrabbiarsi con Grant.

"Lei non va da nessuna parte" disse l'uomo con voce ubriaca facendo un singhiozzo, Harry mi portò dietro di lui in segno di difesa.

"Mi stia bene a sentire signore, lei non deve essere toccata da nessuno ha bene capito? Se no ne subirà le conseguenza, e non le conviene provare" alzò la voce Harry indicando l'uomo e dandogli una leggera spinta sulla spalla, l'altro lo guardava furioso.

"I suoi genitori l'hanno affidata a me signor Styels" rispose alzando una mano, mi sorprendeva che mantenesse la stessa lucidità che possedeva da sobrio, ma il fatto che comunque sapesse chi fosse il riccio mi incuteva una certa paura.

"Ed ora me ne prenderò cura io, abbiamo trovato il compromesso dunque" Harry si schiarì la voce girandosi e appoggiando una mano sul fondo della mia schiena conducendomi fino alla sua auto.

"Non finirà qui, te ne pentirai Erin. Quando tornerai...vedrai che ti farò" sbraitò Grant ritornando dentro casa; mi si ghiacciò il sangue nelle vene, già io dovevo tornare a casa, e non potevo neanche farmi aiutare dai miei dato che non credevano a ciò che gli raccontavo.

Harry salì in auto e la avviò guidandola ad una certa velocità, quando notò il mio silenzio si decise a parlare.

"Stai tranquilla" esordì. "Non permetterò che tu torni lì, verrai a stare da me per un po' se necessario" mi fece l'occhiolino facendomi sorridere, la sua malizia era paragonabile a quella di un ragazzino pieno di ormoni.

"Harry ho diciott'anni, non sono più una bambina" sospirai incontrando il suo sguardo, i suoi occhi brillavano riflettendo la luce del tramonto.

"Non mi importa Heatherton, ora sei con me e mi piace l'idea di potermi prendere cura di te" annuì come per assicurarmi che ciò che stava dicendo era vero, ed in parte io lo sapevo già.

"Destinazione?" domandai guardandomi attorno, quel posto non mi era familiare, ci stavamo allontanando sempre più dal centro. Lui sorrise senza rispondermi, dal suo gesto fui consapevole del fatto che, questa volta, non mi avrebbe rivelato i dettagli del nostro appuntamento.

Guidò per un'altra mezz'ora buona nella quale gli raccontai la mia giornata così dettagliatamente che, dopo che arrivammo nel "misterioso" posto del nostro incontro, sarebbe stato in grado di scrivere un libro.

"Siamo arrivati?" chiesi confusa guardandomi attorno. Harry si era fermato lungo una stradina sterrata nel bel mezzo della campagna inglese.

"Non proprio, però da qua in poi dovremo camminare un po'" sorrise scendendo dall'auto aiutandomi a fare lo stesso, fortunatamente non avevo indossato i tacchi quella sera perché in quel momento sarei affondata nel terreno della campagna. Harry aprì il bagagliaio della macchina estraendo un cestino di vimini da picnic.

"Spero che la cucina vegetariana ti piaccia" disse prendendomi per mano e conducendomi fino alla fine di quella strada sterrata. Dopodichè percorremmo un breve sentiero che portava su una piccola collina dove qualcuno aveva già preparato un'accogliente posto dove mangiare.

"Sei stato tu?" chiesi guardando una grande coperta colorata stesa sulla soffice erba del prato.

"Sì, prima sono venuto qua a preparare, volevo che tutto fosse perfetto" abbassò lo sguardo leggermente in imbarazzo. Ciò che stava facendo per me era fantastico, avrei dovuto ringraziarlo già da quel giorno.

THIRTY DAYS- trenta giorni per farlo innamorare di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora