Capitolo 20- The story of my life

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"Scusa, non so cosa mi abbia preso" abbassò lo sguardo altamente imbarazzato e malinconico. Diamine, quando mi dispiaceva vederlo così.

"Zayn, non è che non mi piaci...è che ci conosciamo da così poco..." improvvisai, sapevo che non era una buona scusa, ma non me la sentivo di rifiutarlo in modo così drastico.

"Lo so, va bene...mi sono lasciato trasportare dal momento e..." la sua voce si affievoliva ad ogni parola in più che emetteva.

"È tutto okay, spero non cambino le cose fra noi" gli accarezzai il dorso della mano con delicatezza.

"No, no di certo" si affrettò a dire con un debole sorriso, sentii una strana sensazione allo stomaco. Non riuscivo a capire bene di cosa si trattasse, forse era rimorso o forse compassione.

"Ti va di camminare un po'?" proposi per evitare di far calare il silenzio che minacciava da un momento all'altro di arrivare.

"Va bene" acconsentì alzandosi e porgendomi una mano per aiutarmi a fare lo stesso. Sorrisi.

"Allora..." esordii non appena ci allontanammo da quella fatidica panchina.

"Allora" ripeté imitando il mio tono di voce.

"Da quant'è che vivi qua a Londra?" domandai interessata alla sua storia che conoscevo a malapena.

"Relativamente poco. Quando avevo sette anni mi trasferii in Inghilterra con la mia famiglia, al liceo conobbi Harry e poi decidemmo di lavorare qui insieme" ripose tranquillamente.

"Ti trasferisti a sette anni da dove?" chiesi senza capire.

"Mio padre è pakistano, io e mia sorella siamo nati lì, ma dopo il divorzio dei miei, mia madre decise di portarci in Inghilterra dalla sua famiglia"

"Pakistan? È lontano da qui" pensai, non ero brava in geografia ma sapevo che questo stato si trovava nell'aria indiana.

"Già, a dirla tutta non è stato un cambiamento drastico" aggiunse abbassando lo sguardo e calciando un sassolino che finì in un laghetto vicino. Era soprappensiero e sicuramente stava ripensando a qualche ricordo che gli era riaffiorato alla mente.

"Tu invece?" disse riferendomi alla "breve" storia della mia vita.

"Abito da sempre a Londra, anche se mio padre è di Los Angeles, ma non molto legato alla sua città" risposi scegliendo le parole con cura, non lo volevo far passare per un completo menefreghista anche se era quella, in parte, la verità.

"Quindi non festeggi il ringraziamento e il quattro luglio?" ridacchiò riferendosi alle feste più importanti degli Stati Uniti.

"Solo il ringraziamento, la sua famiglia ci tiene molto" ammisi pensando ai biglietti di invito che ci mandavano i miei nonni ogni anno.

"Oh guarda" disse indicando un carretto dall'altra parte del parato. "Sarà sicuramente un venditore di noccioline, ne prendiamo un po'?" propose con un sorriso da bambino.

"Certo" risi. Si mise a correre prendendomi per mano, dopo aver percorso appena cento metri, iniziai a non respirare bene.

"Zayn rallenta!" ridacchiai cercando di frenarlo. "Zayn!" rideva ancora e si fermò solo quando fummo davanti al carretto.

"Sei pazzo! Sono senza fiato" mi lamentai tirandogli un colpetto sul braccio muscoloso, scommetto che non gli feci assolutamente niente.

"Non è colpa mia se sei fuori allenamento" si difese attirandomi a sé e lasciandomi un bacio sulla testa. Mi morsi il labbro per nascondere il sorriso spontaneo che si stava formando per il suo gesto di gentilezza.

"Cosa posso darvi ragazzi?" sorrise una signora con una smorfia vedendoci arrivate.

"Due sacchetti di noccioline, per favore" rispose gentilmente Zayn porgendole una banconota da cinque sterline.

"Ecco a voi" disse la donna dopo che ebbe riempito due piccoli sacchetti e preso i soldi che il moro le aveva dato.

"Grazie" io e il ragazzo al mio fianco, parlammo all'unisono facendo intenerire ancora di più la venditrice ambulante, lei ci guardò per un istante prima che la sua espressione scocciata di illuminasse.

"Ragazzi, lasciatemi dire una cosa, non ho mai visto una coppia così bella, davvero, per favore prendetevi indietro questi soldi, consideratolo un omaggio della casa" concluse mettendo la banconota nella mano di Zayn.

"Ma noi..." iniziò lui, io gli diedi una gomitata cercando di far passare il gesto inosservato.

"Grazie mille, e arrivederci" salutai la donna tirando Zayn lontano da lei.

"Ehi ma tu le hai mentito" protestò prendendo una nocciolina per mangiarla.

"Ringraziami, ti ho risparmiato cinque sterline, Zayn" sorrisi assaggiandone una, erano davvero buone.

"Sei malvagia" scosse la testa dal disappunto con un sorriso divertito sul volto. "Mi piaci sai?" ridacchiò.

"Faccio questo effetto alle persone" mi vantai con voce altezzosa. Ovviamente stavo scherzando e lui lo sapeva bene.

"Mi ricordi Harry quando parli così" mi fece l'occhiolino portando la sua attenzione sugli snack che ci stavamo gustando.

"Harry..." ripetei con uno sbuffo. "...È cambiato in questi giorni, quasi in modo radicale"

"Cosa intendi?" aggrottò la fronte non capendo a cosa mi stessi riferendo.

"Ha cambiato atteggiamento, soprattutto nei miei confronti" ammisi pensando alla prima volta che lo vidi e a come mi trattò.

"Lui è fatto così, fa più difficoltà all'inizio" sospirò, sapevo bene che conosceva Harry molto meglio di me, dopotutto era il suo migliore amico. Ma non era per questa ragione, Harry nascondeva qualcosa, qualcosa che avrei dovuto assolutamente scoprire.

THIRTY DAYS- trenta giorni per farlo innamorare di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora