Capitolo 23- Over again

3.8K 230 22
                                    

"Mi dispiace per ieri, e per il giorno prima" disse con voce roca non appena uscii dal camerino nel quale ero entrata. Piegai accuratamente la divisa della scuola riponendola nel borsone di Harry. Però rimasi in silenzio per sentire il seguito di ciò che aveva da dire.

"Avrei dovuto avvisarti o quanto meno dire a quelli della sicurezza che non eri una pazza, e sembravi davvero una pazza" ridacchiò, lo guardai senza capire a cosa si stesse riferendo dato che non era presente durante gli accaduti.

"Ho visto tutto dalle telecamere di sorveglianza" mi informò, io diventai rossa dalla vergogna così abbassai lo sguardo.

"Già avresti dovuto" mormorai. "Mi hai dato buca senza alcun motivo, almeno potevi mandarmi un messaggio o farmi una chiamata..." gli dissi gesticolando, gesto che facevo quando non riuscivo a spiegare bene qualcosa.

"Un motivo c'era Erin" mi interruppe mordendosi prepotentemente il labbro inferiore. Il modo in cui i suoi denti incidevano sulla carne rosee della sua bocca era dannatamente sexy.

"Se non avevi voglia di stare con me bastava dirlo subito Harry" gli comunicai distogliendo l'attenzione sui miei pensieri sulle sue labbra.

"Non è che non volevo stare con te, amo stare in tua compagnia, sul serio" sorrise, contagiandomi. "È solo che non sono stati due giorni facili, ti chiedo solo un po' di comprensione"

"Io non lo so Harry, perché non ne possiamo parlare? Potrei aiutarti..." proposi posando delicatamente una mano sulla sua spalla muscolosa.

"Non è un problema così scontato, credimi" sospirò passandosi una mano dietro al collo.

"Allora possiamo iniziare tutto da capo?" domandò, incontrai il suo sguardo e per un momento vidi brillare qualcosa nel suo sguardo.

Per quanto non lo conoscessi ancora c'era qualcosa nei suoi occhi, una luce che splendeva e illuminava il suo viso angelico, qualcosa che mi diceva che in realtà Harry Styles non era un donnaiolo che si divertiva alle feste più glamour di Londra e neanche un ricco uomo d'affari corrotto...no lui era diverso da come tutti lo descrivevano, diverso da tutti gli altri ragazzi. E allora perché il destino aveva fatto in modo che lo incontrassi se poi non potevo averlo?

Abbassai lo sguardo prima di riprendere a parlare. "Non ho pregiudizi verso di te Harry, ma non dimentico ciò che accade tanto facilmente. Quando mi formo un'opinione su qualcuno difficilmente cambia"

"Falla cambiare per me, dammi una seconda chance, per favore" fece uno sguardo da cucciolo facendomi intenerire a tal punto da abbracciarlo senza apparente motivo.

"Lo prendo come un sì?" chiese ridendo, mettendo le sua braccia intorno alla mia vita. Il suo tocco mi fece venire i brividi, aumentando, anzi moltiplicando le farfalle che sentivo nello stomaco.

"Va bene Harry" sorrisi. "Iniziamo a giocare si o no?" chiesi avvicinandomi alla pista. Il rossore sulle mie guance era imbarazzante.

"Ehi frena Heatherton" disse prendendomi velocemente per il polso e trascinandomi vicino ad un bancone. "Prima devi metterti quelle" indicò delle sneakers appoggiate a degli scaffali sulle pareti.

"Che numero hai?" mi domandò tranquillamente.

"39" risposi sedendomi su una sedia lì vicina, il mio equilibrio non è mai stato molto così buono da permettermi di indossare le scarpe in piedi, sono sempre stata un po' goffa.

"Bene, allora un 39 e un 42" comunicò Harry con voce formale ad un uomo svogliato che lavorava lì. Tirò fuori due paia di scarpe rosse e blu, con i lacci bianchi, Harry mi porse quelle più piccole.

"Grazie" Mi infilai entrambe le scarpe e, prima che potessi alzarmi Harry mi offrì una mano per condurmi fino alla pista. Il suo gesto mi colpì molto.

"Bene allora prendi una palla, ti consiglio quella quella rosa, è leggermente più leggera" ne prese una anche lui, sorreggendola con una sola mano mentre a me, ce ne volevano due.

"Infila leggermente le dita in questi buchi rotondi" mi mostrò come fare. "Ora devi tirare la palla in questo modo" fece rotolare la pesante palla sulla pista buttando giù tutti i birilli, facendolo sembrare la cosa più banale di questo mondo.

"Vedi è facile" si vantò facendomi l'occhiolino. Cercai di imitarlo buttando giù un solo birillo però.

"È impossibile" mi lamentai vista la mia scarsa dote in questo strano sport. Era ufficiale: il bowling non faceva per me. E lo pensai dopo che giocammo per un'altra ora, poiché il numero di birilli che avevo buttato giù in totale, corrispondeva a quelli che Harry aveva eliminato in un solo colpo.

Dopo aver raggiunto un alto numero di birilli buttati giù, una specie di allarme rosso iniziò a suonare. Inizialmente ero preoccupata, ma poi capii che ero uno strano record legato al tempo che ci aveva impiegato.

"Ed ecco a voi i vincitori della serata, i due ragazzi alla pista numero 3" Harry fece un piccolo inchino mentre io facevo finta di aver partecipato a quel record, sorridendo e battendo il cinque a chiunque ci facesse i complimenti. Dopo poco, tutte le persone vicino a noi ci stavano guardando.

"Harry" lo richiamai. Si girò con uno splendido sorriso, sapevo che gli piaceva come pronunciavo il suo nome, mi diceva sempre che avevo ereditato un po' dell'accento americano di mio padre.

"Mi sa che ti hanno riconosciuto" ridacchiai quando alcune di loro iniziarono anche a scattare foto. "Hai attirato troppo l'attenzione con i tuoi strike e questo strano record dei birilli"

"Non è colpa mia se sono un campione in questo gioco" fece spallucce facendomi ridere. "Forse però è meglio andare prima che sia la nostra fine" usò tono drammatico.

"Fine?" ripetei sconcertata, quando faceva il melodrammatico facevo fatica a seguirlo.

"Chiameranno i paparazzi cara Heatherton e, a meno che tu non ti sia già dimenticata delle precedenti edizioni dei giornalini, noi finiremo in prima pagina" disse prendendomi per mano e trascinandomi a bordo della pista. Mi si ghiacciò il sangue nelle vene, quella sarebbe stata particolarmente la mia fine. Mio padre era stato molto chiaro con me.

"Harry dobbiamo andarcene ora" sussurrai mentre lui prendeva le nostre cose, annuì concordando con me. Forse se non fossimo stati così esibizionisti non ci avrebbero "scoperti" subito.

"Lo so. Ci verrà a prendere il mio autista con una macchina meno appariscente, mentre un altro porterà a casa la mia Ferrari" replicò indossando un maglione e porgendomi una grande felpa grigia con il cappuccio.

"Bel piano" gli comunicai prendendolo a braccetto dopo aver indossato il suo indumento. Sapeva un buonissimo odore; la colonia che usava mi piaceva molto e finalmente potevo sentire il suo profumo, mi pareva quasi di aver scoperto una parte più intima della sua persona e questo mi faceva elettrizzare.

THIRTY DAYS- trenta giorni per farlo innamorare di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora