Thirty days- prologo
Inizierò questa storia con una celebre frase del mio libro preferito, "il grande Gatsby", che mi ripeteva sempre mia madre quando ero piccola: Quando ti vien voglia di criticare qualcuno, ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu. È per questo motivo che sono cresciuta senza pregiudizi verso le altre persone, imparando a conoscerle a fondo prima di formarmi un'opinione precisa. Ed è anche così che quando incontrai Harry Styles non mi feci accecare dal suo fascino e dalla sua bellezza, ma soprattutto dalla sua ricchezza e fama.
Ma forse il merito è anche di mio padre che ha sempre criticato i personaggi di "Orgoglio e pregiudizio".
Così comincerò con il dirvi che mi chiamo Erin Heatherton, sono figlia di avvocati abbastanza influenti di Londra, la città in cui viviamo. Ho appena diciotto anni e, questo settembre, dovrei andare al college incontro al mio destino prestabilito, ma quasi come da copione, mi oppongo con decisione a tutto questo. Già perché i miei genitori sanno essere odiosi quando si tratta del mio futuro, non capiscono cosa mi interessa veramente: l'arte. La mia passione per questo mondo è nata da piccola quando, accompagnata da mia nonna, visitavo le grandi sale del British Museum copiando quadri di artisti famosi. Oppure quando inventavo strane forme modellando pezzi di creta con le mani. Ormai la mia camera da letto è tappezzata da mie opere e disegni che nessuno, fino ad allora, a parte la mia migliore amica, sapevano apprezzare.
La mia migliore amica mi ha sempre detto che grazie al loro ruolo ho tutte le porte spalancate ma sinceramente io ne vedo solo una e sento come se mi ci stessero mandando con la forza. Tutti gli Heatherton sono andati a Cambridge e hanno studiato legge, tu farai lo stesso, le identiche parole che mio padre ormai non fa altro che ripetere da mesi, con una voce severa e rigida.
Forse i miei avrebbero preferito una figlia di quelle che non commettessero alcun tipo di errore, una di quelle bamboline con i voti al massimo e perfetta in tutte le cose che fa, invece si sono ritrovati una ragazza "ribelle", come mi definisce Grant, il personal trainer dei miei genitori. È un uomo odioso sulla sessantina, arrogante e dall'aspetto irritante e non so per quale assurdo motivo i miei seguono alla lettera tutto ciò che dice. Forse sono accecati dalle storie che ci racconta e di come dice, che una volta abbia incontrato la regina, ma sinceramente penso siano tutte frottole.
Forse voi state aspettando l'inizio di questo racconto, e senz'altro vorrete che vi parli di Harry Styles.
Così inizierò con il dirvi che un mese fa non mi sarei mai aspettata tutto quello che è successo, ma avevo una strana sensazione; c'era qualcosa nell'aria quella mattina, qualcosa mi diceva che non sarebbe stato un giorno come tanti altri. Percepivo quell'elettricità che ci fa sentire vivi, quel profumo di fiori e quel venticello tiepido proveniente dal sud; ricordo quel giorno come se fosse ieri anche se, in realtà, fu solo un mese fa. Proprio in quel giovedì mattina di fine maggio, incontrai la persona più meravigliosa e lunatica che mi sarei mai immaginata di conoscere: Harry Styles.
Per chi non lo conoscesse è un ragazzo di vent'anni, riccio con gli occhi verdi, un giovane misterioso e passionale, lo scapolo londinese più ricercato e amato di tutta la città. Vi capisco se neanche voi lo avete mai sentito, forse vi sarà capitato di leggere di lui sul Sun o su qualche altra rivista scandalistica, ma vi assicuro che niente di quella robaccia è vera.
Perciò ora vi racconterò la sua storia, quel poco che posso saperne dopo un mese che lo conosco, vi racconterò di quanto sia cambiato in trenta miseri giorni e di quanto mi sia innamorata di lui.
Come ho già detto, era un giovedì mattino, uno di quei giorni in cui ti affacci al balcone e c'è il sole alto nel cielo, in cui sei svegliata dal cinguettio dei passeri e ti viene voglia di passare tutto il giorno all'aria aperta.
Ma di certo non mi aspettava una giornata facile e tranquilla.
"Mi ascolti Erin?" disse mio padre posando gli occhiali da lettura accanto al giornale piegato.
"Sì però..." ribattei scocciata.
"Non voglio sentire scuse o obiezioni, questa sera verrai con noi alla cena di beneficenza, che ti piaccia o no" finì la frase alzandosi dalla tavola dove stavamo facendo colazione e tornò nel suo studio.
"Io e tuo padre siamo molto preoccupati per te Erin, cerca di capirci" iniziò poi mia madre con un tono irritante.
"So solo che siete voi che non capite niente! Non voglio essere obbligata a fare tutto ciò che mi dite! Ho diciotto anni, è ora che inizi anche a gestire la mia vita" brontolai alzando gli occhi al cielo.
"Ci obbedirai fino a quando dormirai sotto il nostro tetto, ora va a cambiarti che devi andare a scuola Erin" diceva il mio nome con aria di sfida.
Potevo solo dire che la giornata era cominciata al meglio, come sempre con un litigio con i miei genitori. Era una cosa così normale che ormai faceva parte della mia routine quotidiana. Ma poi presi un grande respiro e ricordai del mio tatuaggio che mi feci fare di nascosto il giorno del mio compleanno, sul polso e che tengo nascosto portando sempre molti braccialetti. YOLO, you only live once, una frase che ripeteva sempre Harry quando si sentiva giù di morale ma io questo non potevo ancora saperlo visto che non lo conoscevo.
Ragazze ho avuto qualche problema con i dialoghi e molte mi hanno comunicato il fatto che non si vedessero. Ora sto cambiando i dialoghi ma è un lavoro lungo perciò abbiate un po' di pazienza per favore. Un bacio e continuate a leggere...
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THIRTY DAYS- trenta giorni per farlo innamorare di me
Fanfiction“Mi aveva stregata con il suo fascino da gentiluomo e il suo sorriso da bambino.”