Capitolo 37- Little white lies

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"Gemma" Harry la abbracciò stringendola a sé con tutto l'amore possibile di un fratello. "Sono così fiero di te"

"Ma smettila Harry" ridacchiò lei sorridendogli, notai che anche lei aveva quelle due meravigliose fossette agli angoli della bocca.

"Ha ragione, anche io lo sono" Richard si intromise abbracciando a sua volta la laureanda che alzò scherzosamente gli occhi al cielo.

"Voi due siete sempre troppo esagerati ragazzi" sbuffò sistemandosi i capelli, Harry mise un braccio intorno alle mie spalle prima di presentarmi per bene alla sorella.

"Gemma, lei è Erin, la mia ragazza" disse Harry con voce tranquilla e con un sorriso sulla labbra, quel giorno gli sarebbe venuto un crampo ai muscoli del viso a forza di sorridere così tanto.

"Sono felice di conoscerti finalmente" ridacchiai stringendole la mano, cercando di essere simpatica. Dopotutto le avevo parlato anche al telefono e l'avevo incontrata nell'appartamento del fratello.

"Ciao" rispose secca alzando un angolo della bocca e portando l'attenzione sul fratello.

"Hazza possiamo parlare un secondo?" Domandò la ragazza tirandolo via da me senza neanche aspettare la risposta, lui rimase basito seguendo la sorella fuori dalla sala, uscendo per delle porte-finestre che portavano al giardino.

Forse anche lei aveva dei pregiudizi su di me? Doveva già odiarmi a tal punto da evitare di parlarmi?

"E così tu ed Harry state insieme" Richard parlò mantenendo una smorfia sul viso curato.

"Oh sì" annuii. "Ma solo da poco"

"Poco quanto?" Chiese impertinentemente squadrandomi dall'alto in basso, ancora una volta.

"Qualche giorno" gli risposi, notai i muscoli della faccia rilassarsi e anche la sua statura sembrava una di un tipo già più calmo e molto meno nervoso.

"Qualche giorno..." ripeté quasi per autoconvincersi della cosa. "Bene" sorrise in maniera più amichevole.

Tirai fuori il cellulare per rispondere ad un messaggio di Miranda che mi chiedeva dove fossi. Gli risposi mentendo anche a lei, ed evitando le centinaia di domande che mi avrebbe potuto fare.

Harry ritornò con un'espressione già più spazientita mentre Gemma lo guardava infastidita. Sembravano due bambini che litigavano per uno stesso giocattolo.

"Pensaci" gli ricordò lei, lui annuì distrattamente prima di tornare a sorridere nella mia direzione. Mi morsi il labbro inferiore, avevo scatenato io quella lite tra loro?

"Piccola, ci scatteresti una foto?" Mi domandò Harry porgendomi il suo iPhone nero, acconsentii aprendo la fotocamera.

"Sorridete" disse mettendo a fuoco i due fratelli davanti a me, Harry un secondo prima di scattare la foto dirò in fuori la lingua in modo infantile.

"Grazie mille" mi diede un bacio controllando la foto nella galleria delle immagini, Gemma scosse la testa divertita nel vederla.

"Hai rovinato ancora una nostra foto, come sempre dopotutto" sbuffò tornando scherzosa.

"Stai zitta che sulle riviste non fanno altro che mettere mie foto vendendo migliaia di copie!" Rispose Harry difendendosi, aveva piena ragione di dire ciò.

"Quante volte ancora vorrai rinfacciarmi questa cosa?" Urlò Gemma quasi esasperata, Richard tornò tra noi incominciando a ridere, probabilmente anche lui le acquistava.

"Mamma e papà?" Chiese poi Harry guardandosi attorno.

"Avevo prenotato dei posti per loro dall'altra parte della sala, ma ora mi pento di averlo fatto" rispose un po' malinconica. "Dovreste parlare un po', è da troppo che non lo fate..."

"No Gemma" disse secco Harry con tono duro. "Non oggi almeno" continuò addolcendosi.

"Ma...Cosa dico alla mamma? Sperava di vederti oggi" spalancò gli occhi corrugando la fronte.

"Dì loro che non sono venuto, per favore" balbettò preoccupato il riccio.

"Non posso mentirle Harry" rispose subito Gemma premendo le labbra formando una linea.

"Si Gem" disse quasi commosso. "Per favore di loro una bugia, una piccola innocente bugia" continuò convincendola a coprirlo.

"Va bene, ora vai che stanno arrivando" Harry annuì bacandole la guancia prima di salutare anche Richard.

"Ci vediamo tra qualche giorno ragazzi, ciao e Gemma..." la ragazza lo guardò. "Grazie ancora"

Accelerò il passo rallentando solo quando fu completamente sicuro che non avremmo potuto incontrarli. Raggiungemmo la macchina dove si sedette tirando un sospiro di sollievo.

"Mio dio" appoggiò entrambe le mani sul volante buttandoci sopra la testa. "Sono un codardo, mi faccio schifo" ringhiò arrabbiato.

"Harry..." gli accarezzai la schiena cercando di tranquillizzarlo. "Non sei un codardo"

"Si Erin, non riesco neanche a vederli" continuò cupo. "E se non mi volessero neanche più parlare?"

"Harry, non è possibile, non lo devi più pensare davvero..."

THIRTY DAYS- trenta giorni per farlo innamorare di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora