十四 ; quattordici

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Erano circa le cinque del pomeriggio quando Jungkook arrivò davanti alla sua enorme villa. Prese le chiavi dallo zaino, aprì la porta, posò la mano sulla maniglia per aprirla, ma qualcosa gli fece raggelare il sangue.

Jungkook udì un urlo femminile e poi il rumore di qualcosa che veniva scaraventato su di una parete.

Non può essere di nuovo, non può proprio essere, pensò.

In quegli ultimi giorni i suoi genitori litigavano sempre di più e Jungkook era molto preoccupato per la salute di sua madre, ma non poteva farci niente. Nessuno poteva mettersi contro suo padre, tanto meno suo figlio.

Jungkook non osò aprire la porta.
Era come immobilizzato, mentre cercava di sentire altre urla oppure dei dialoghi che gli facessero capire qualcosa, ma nulla.

Poi sentì la voce di suo padre che tuonava nel silenzio, il suo tono era furioso.

"Un figlio frocio no, ci mancava solo questa disgrazia!"

Il corpo di Jungkook iniziò a tremare, non riuscì a pensare lucidamente in quel momento e un'ansia orribile lo pervase. Jungkook credeva di aver sentito male, o almeno ci sperava.
Ad un tratto la suoneria del telefono lo risvegliò dai suoi stessi pensieri. Si affrettò a prendere il cellulare e lesse "mamma" sul display.

Si allontanò a fatica dalla porta di casa per poter rispondere, rifugiandosi dietro ad un albero del giardino.

"Pronto?" la sua voce era davvero flebile.

Jungkook stava morendo di paura.

"Jungkook, ascoltami senza interrompere per favore."

La mamma di Jungkook era tanto spaventata quanto lui. La sua voce non era assolutamente stabile, e stava piangendo mentre parlava.

"Un socio di tuo padre, di quelli che pensano solo ai soldi, passava davanti alla tua scuola oggi pomeriggio e ti ha visto mentre eri con un altro ragazzo. Ti ha scattato una foto mentre accarezzavi la sua guancia e gli stringevi la mano, poi ha minacciato tuo padre. Gli avrebbe mostrato quella foto in cambio di soldi, tanti soldi. Papà ha accettato perché quel tizio diceva che gli avrebbe rivelato l'effettiva identità del figlio, quindi ha scoperto tutto. Ora, non so perché tu non mi abbia mai detto di essere gay, Jungkook, forse avevi i tuoi motivi, ma io sono la tua mamma. Ti vorrei sempre bene, qualsiasi cosa accada." a quelle ultime parole il moro tirò un sospiro di sollievo e una lacrima gli attraversò una guancia.

Ecco che Jungkook stava piangendo di nuovo. Accadeva troppo spesso e questo non era un buon segno, anzi.

"Sta di fatto che tuo padre è arrabbiatissimo e sta distruggendo la casa. Amore, ho tanta paura..." sua madre soffocò le frasi con un pianto continuamente interrotto da singhiozzi.

"Okay, mamma, calmati. In che punto della casa sei ora?" chiese Jungkook cercando di farla ragionare.

"Sono chiusa in camera tua." il sussurro della donna fu seguito dal tonfo di un mobile che cadde per terra, che Jungkook riuscì a sentire attraverso la chiamata.

Il giovane corse sotto la finestra della sua camera con le gambe molli e scorse l'esile figura di sua madre al telefono. La finestra era comunque molto vicina al giardino, trovandosi al primo piano; c'era uno stacco di poco meno di due metri.

"Mamma, sono sotto la finestra di camera mia, affacciati."

La donna obbedì e vide il volto del figlio, preoccupato come non lo era mai stato.

"Salta, mamma. Ti prendo io." la rassicurò il ragazzo attraverso il telefono, che poi lanciò sull'erba del giardino.

Jungkook allungò le braccia, pronto ad afferrare il corpo di sua madre a mo' di sposa. Quest'ultima esitò prima di buttarsi, essendo molto fragile in quel momento e non avendo tutto quel coraggio che suo figlio aveva.

bumblebee | jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora