Capitolo 14 Preparativi

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Nei giorni successivi alla mia scoperta, sono tornata molte volte nella grotta, per poi attraversare il tunnel e sbucare nel cimitero. Ma tutte le volte ad aspettarmi non c'era nessun altro se non una civetta, che mi osservava con i suoi enormi occhi sporgenti.

- Non è che tu sai dov'è finito un certo morto vivente di nome Odisseo, vero?

Come è normale che sia, la civetta non mi risponde, continua solo a fissarmi. Il suo sguardo comincia ad essere inquietante.

- Sto davvero facendo dell'umorismo con un uccello spelacchiato?!

La civetta emette un verso acuto e stridulo in segno di protesta, poi arruffa le penne e riprende a guardarmi con un'aria ... arrabbiata, direi, sempre che un uccello possa avere un'aria arrabbiata.

Gli giro le spalle e scendo i gradini del tunnel, l'umidità della roccia mi penetra fino alle ossa, così mi stringo nella mia calda felpa nera. È fine settembre e l'autunno comincia a farsi sentire. Oggi, inoltre, è stato un giorno particolarmente freddo, e ho scoperto che non c'è il riscaldamento a scuola. Durante le lezioni, soprattutto quelle all'aperto, non riuscivo a smettere di tremare, nella leggera camicetta che avevo indossato quella mattina.

Sbuco nella grotta, e posso rilassarmi vicino al calore delle torce, sempre accese.

Prendo delle forcine per capelli e le lancio, una ad una, verso la parete. A metà strada si trasformano in dei piccoli pugnali, che penetrano fino all'impugnatura nella roccia. In questi ultimi cinque giorni, ho provato tutte le armi presenti nella grotta.

Ad un primo sguardo, potrebbe sembrare che le mollette si trasformino in pugnali come per magia, ma osservando più attentamente, si notano le parti che si scompongono e si ricompongono grazie a minuscoli ingranaggi e, devo ammetterlo, ad un pizzico di magia per ingrandire le parti scomposte della forcina.

La mia mira sta migliorando. Infatti tutti i pugnali lanciati sono distanti l'uno dall'altro pochi centimetri.

Controllo l'orologio, è quasi ora di cena. Ed un altro giorno se ne è andato, domani è domenica. Domani c'è il Gala degli Inferi, al solo pensiero mi viene la nausea. Ely mi presterá un suo vestito, è abbastanza carino. La stoffa è di un elegante blu notte, il monospalla è decorato da intarsi argento e oro. La gonna è liscia e leggera, lunga fino a terra. A quanto pare non si possono indossare abiti corti, bisogna essere il più eleganti possibili.

Estraggo i pugnali e premo l'impugnatura di ognuno di essi, si scompongono e ricompongono in forcine nere. Le appoggio sul tavolo. Mi lego i capelli e li arrotolo in uno chimmion, prendo due bacchette bianche, che si possono allungare in due bastoni, e le infilzo nell'ammasso di capelli. Riprendo le forcine e le dispongo in cerchio, per fissare i ciuffi ribelli. Per sicurezza ho deciso di portare sempre con me delle armi, oltre all'anello serpente. Finita l'operazione capelli torno alla botola e poi al dormitorio. Nel salotto fa davvero freddo, riesco quasi a vedere la nuvoletta di vapore quando espiro. Con un ultimo sguardo al dormitorio, chiudo la porta e vado verso la mensa.

************

Mi sono abbuffata di pizza stasera, i figli di Dioniso ci hanno fatto una sorpresa con un'enorme torta al cioccolato e fragole. Il preside Massimo ha fatto anche un discorso, avvertendoci di riposare perché il giorno dopo sarebbe stato molto importante nelle nostre vite, in questo punto si è voltato verso di me, e di non preoccuparci perché sarebbe andato tutto bene, qui invece ha evitato il mio sguardo.

Apro la porta. La prima cosa che noto è il fuoco del camino acceso, che porta un calore sano e confortante in tutto il dormitorio. Il fuoco arde senza il bisogno di alcun combustibile, ha una strana sfumatura verdastra, come quello delle torcie nella caverna. Poi, il fatto che la porta della mia camera è aperta, mentre sono sicura di averla chiusa prima di uscire. Attraverso cauta la stanza, sfilo una bacchetta dallo chimmion e mi tengo pronta a combattere, se necessario. Entro nella mia camera, e per la prima volta mi accorgo di quanto sia vuota. Il letto, l'armadio e il comodino non occupano neanche un terzo, dello spazio disponobile. Proprio sul letto, come un'alga portata dalla marea sulla sabbia, è adagiato un abito. Nero come le tenebre più oscure, soffice e leggero come il petalo di una rosa. Lo tocco, e il tessuto sembra filo intrecciato di morbida nuvola. Sul pavimento è posato un paio di scarpe. I tacchi sono alti come minimo dieci centimetri, e le strisce di cuoio si intrecciano in motivi complicati che avvolgono il piede lasciando intravedere scorci di pelle e le unghie delle dita. Sollevo l'abito per provarlo, e scopro che è sorprendentemente leggero. Qualcosa, però, cade sul letto. Una busta chiusa da un sigillo di cera nera. La apro cercando di non strappare la carta pregiata. Dentro trovo una pesante collana. La catenina d'argento è abbastanza lunga da poterla far passare dalla testa senza aprirla. Il centro della catenina si allarga, per poi prendere la forma di un ovale frastagliato, con incastonato uno smeraldo, grande come una noce. Insieme alla collana c'è anche un paio di orecchini pendenti, con la stessa forma della collana, solo con degli smeraldi più piccoli. Ma la cosa più importante contenuta nella busta è una lettera. La apro con mani tremanti. È scritta in una grafia elegante e sinuosa, da una mano leggera.

La Tredicesima Dea: l'Inizio di una MorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora