Capitolo 19 A palazzo

7.9K 589 74
                                    

Sono passati alcuni giorni dalla notte di quel primo sogno. Si sta bene qui, il palazzo è accogliente, anche se un po' lugubre.

Ogni notte faccio lo steso incubo, ma oramai ci sono abituata. È come se il mio subconscio mi volesse far capire qualcosa, ma è troppo stupido o perfido per dirmelo. A Thanatos del sogno non ho detto niente, forse perché ho paura di cosa mi potrebbe dire. Cosa significano quelle immagini ricorrenti? Thanatos, le ali nere di un corvo, e il bianco vuoto. Le uniche cose che si ripetono ogni volta.

Mi alzo dal letto e vado in bagno. Il bagno, come la mia camera, non è realmente collegato alla porta. Quando la si apre, si vede il bagno. Ma lo si vede come si vedrebbe un riflesso sull'acqua mossa. Per arrivare alla stanza mi devo concentrare su quell'immagine e poi attraversare. La sensazione è quella di passare tra morbidi strati di seta. È una specie di trasporto istantaneo. Due stanze possono essere una dalla parte opposta del palazzo dell'altra, ma con questo incantesimo si raggiungono immediatamente, come se fossero davvero dall'altra parte della porta.

Mi lavo il viso con l'acqua fresca e poi i denti. Riapro la porta e tra tutte le immagini mi concentro su quella della mia camera.

A proposito della mia camera. Ovviamente non è l'unica camera del palazzo, ma è una delle quattro camere principali. Ognuna di queste camere è all'ultimo piano di una torre. Nella torre nord c'è la camera dei miei genitori, in quela ovest c'è la camera di Thanatos e in quella a sud una camera per ospiti, occasionalmente occupata da Demetra. Quindi, per logica, la mia camera è quella ad est.

Attraverso la stanza e apro l'armadio. Il primo giorno, quando ho messo a posto le mie cose, ho scoperto che il mio armadio era già pieno di vestiti. Tutti della mia taglia, tutti dei colori che mi piacciono, ma tutti orrendi. Sono abiti lunghi, alcuni corti, in stile ottocento o simili a quelli dell'antica grecia. Alcuni sono carini, anche se a quanto ha detto mia madre, gli unici che mi piacciono sono in realtà delle sottovesti. E ha sottolineato, come se potesse davvero fare la differenza, che tutti gli abiti li ha ordinati per me da Aracne.

Da quando sono arrivata, ogni singolo giorno i miei genitori hanno provato a farsi perdonare. E devo ammettere che comicio a provare una leggera simpatia per loro. Ma quando succede mi costringo a ripensare a tutte le cose che ho fatto, e che sarebbero state evitate se mi avessero tenuta con loro, quindi in definitiva continuo ad odiarli.

Mi infilo un paio di leggins e una felpona neri, le vans e poi apro la porta. Mi concentro sulla sala da pranzo, e un attimo dopo sono lì.

È una stanza in pietra costantemente riscaldata da quattro caminetti accesi. Al centro c'è un grande tavolo di legno per banchetti. Una estremità è apparecchiata per la colazione. Tre figure sono sedute a mangiare chiaccherando animatamente. Mi siedo al mio posto e comincio a bere una tazza di cioccolata calda.

Guardo di soppiatto mia madre, seduta di fronte a me. Anche lei mi sta guardando, così abbasso svelta lo sguardo sulla bevanda che stringo tra le mani.

- Perché tra tutti i vestiti che ci sono devi sempre scegliere i tuoi?

Alzo gli occhi al cielo, non è la prima volta che affrontiamo questa convenzione.

- Ti ho fatto fare così tanti abiti stupendi. E non dire che non ti vanno bene, perché sono della tua taglia!

- Non è per la taglia, è per i modelli. Sembrano usciti da un libro di Italo Svevo!

- Mmmm, ho conosciuto Italo Svevo. Una persona molto interessante, abbiamo parlato per un po' dei suoi libri, potrei dirti alcune curiosità...

Si ferma quando vede l'espressione sul viso mio e di mia madre. Se Ade, dio dei morti, può sembrare a disagio, questo è il momento. Come sempre riesce a trovare il modo di cambiare discorso.

La Tredicesima Dea: l'Inizio di una MorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora