Capitolo 23 Come svenire in un bosco

8.1K 556 49
                                    

Fuori dal cancello il mondo è stranamente silenzioso. Le mie orecchie, oramai abituate ad ascoltare il suono pressante della sirena e gli strepitii di creature che non oso nemmeno immaginare, difficilmente riescono a captare i silenziosi suoni della natura.

La città di Olimpo risplende di mille luci. All'inizio penso che siano delle luci di ricerca, poi capisco che sono le tipiche luci di una città in festa.

Forse mio padre non ha ancora avvisato gli altri dei della mia fuga. Oppure non vuole dirglielo. In ogni caso è meglio che mi tolga dalla strada il prima possibile.

Mi lascio alle spalle l'entrata dell'Olimpo e vado verso il limitare del bosco.

Passando accanto agli alberi mi sembra di entrare in un mondo nuovo. C'è così tanta vita di notte, anche senza la presenza di persone. La vita si vede nel lieve fruscio delle foglie di un cespuglio, negli occhi lucenti di un gufo che mi guardano con sospetto dall' alto di un ramo, dal lieve canticchiare di un uccellino che non si è ancora accorto che oramai la notte è giunta. Normalmente questa situazione mi riempirebbe di terrore, ma adesso sono solo affascinata. So che non è una cosa normale, che una ragazza da sola in un bosco pieno di mostri di notte dovrebbe essere terrorizzata. Dovrebbe aver paura di essere stuprata o uccisa o tutte e due insieme, non dovrebbe sentirsi come me. Perché anche se sembra strano, finalmente mi sento bene. La sensazione di essere costantemente nel posto sbagliato mi ha abbandonato. Adesso mi sento... adesso mi sento a casa. Mi lascio sfuggire una risata che risuona tra gli alberi spaventando una povera civetta.

Io, che non avevo mai avuto una vera casa prima d'ora, la trovo in un bosco in cui potrei morire da un momento all'altro per l'attacco di un mostro.

Pensando ai mostri estraggo il coltello. La lama è impregnata di un liquido nerastro come petrolio: sangue di mostro. Raccolgo una foglia da terra e pulisco la lama. Poi studio il coltello. Il manico d'argento ha la forma di un serpente arrotolato, con le scaglie così ben incise da sembrare vere. Gli occhi sono due piccoli rubini che scintillano illuminando la mia mano. L'impugnatura sembra stranamente adatta alla mia presa, non è troppo piccola né troppo grande, è perfetta. Sulla lama di bronzo sono incise due lettere: A.L.

Probabilmente le iniziali del suo precedente possessore, un'altro figlio di Ade. Mentre rinfodero il coltello sento una fitta al braccio. Mi siedo su un ceppo e controllo la ferita. La pelle del giubotto a brandelli si è unita alla pelle del mio braccio, ugualmente deturpata. Faccio una smorfia, lo spettacolo è orribile. Mi tolgo il giubotto e comincio a camminare in cerca di acqua. Adesso che mi sono ricordata dei graffi, il dolore ha ricominciato a pulsare nelle ferite, facendomi venire un gran mal di testa. Continuo a camminare a fatica. Maledetta mente umana! Se non me ne fossi accorta starei ancora camminando tranquillamente verso l'accademia, pronta ad incontrare Peter. Finalmente in lontananza vedo uno scintillio, ma non ne sono molto sicura, perché la vista mi si sta appannando. Cerco di andare più veloce, fino a quando riesco a buttarmi sui massi vicino all'acqua. Sento la stoffa sulle ginocchia che si strappa e la pelle che si sbuccia, ma non mi fa male più di tanto. Sono troppo occupata a mettere il braccio dentro l'acqua e a cercare di lavare via il sangue. L'acqua si tinge in fretta di rosso. Ma il sangue continua ad uscire. I tre graffi sono profondi più di un centimetro, e il mostro mi aveva preso solo di striscio! Con il coltello taglio un pezzo di giubbotto,  oramai inutilizzabile e mi fascio la ferita. Stringendo forte il nodo per provare a fermare il sangue. Mi rialzo e finalmente guardo il posto dove mi sono fermata. Una sorgente zampilla l'acqua con cui mi sono lavata il braccio. La vegetazione è molto fitta, segno che sono nel bel mezzo del bosco. Il fiumiciattolo, ancora lievemente rosso di sangue, finisce in una cascata. Mi sporgo per vedere dove finisce la cascata e mi accorgo di conoscere quel posto. Corro giù dalla collina. Senza accorgermene ero arrivata al punto di incontro prestabilito, e infatti seduto vicino al ruscello c'è Peter che sta guardando preocupato l'orologio.

La Tredicesima Dea: l'Inizio di una MorteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora