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Come mi sarebbe piaciuto tornare con la famiglia al luna park o in altri posti. Ogni anno progettavamo un viaggio insieme. Ogni volta tornavamo a casa felici, non solo per aver trascorso delle vacanze, ma per averle trascorse insieme.

Sicuramente avremmo organizzato altre vacanze. Stavamo programmando di passare una settimana in montagna. Adoravo la montagna. Quelle case di legno, aria fresca nei polmoni e quando c'era la neve era tutto perfetto.

Ed ecco che scesi dalla montagna russa e andai verso Michael: "Allora com'è stato?" "Bellissimo come sempre". "Che coraggio davvero hai avuto". "Nah è tutta questione di chiudere gli occhi, fare un bel respiro e salire". "Mmm forse un giorno lo farò". "Tranquillo non è un problema". Cercai di rassicurarlo. In fin dei conti non era colpa sua.
-"Ti va dello zucchero filato?" Mi domandò prendendomi per mano.
-"Si grazie". Non la rifiutai la sua mano stavolta. Cercai di lasciarmi andare il più possibile. Michael mi prese un enorme zucchero filato. Era talmente grande che riuscivo a mala pena a tenere il bastoncino che lo sosteneva.
-"E' troppo! Mi cade così".
-"Te ne prendo uno più piccolo allora".
Prese quello grande che mi aveva offerto e me ne comprò uno più piccolo. Per me fu un gesto molto premuroso.
-"Ti ringrazio".
-"È un piacere".
Cominciammo a passeggiare per il Luna Park, mangiando lo zucchero filato durante la camminata. Le mani iniziarono ad essere appiccicose. Mi dava sempre un sacco di fastidio.
-"Allora, perchè non mi parli un po' di te?"
In fin dei conti non lo conoscevo un gran che. Sapevo dei suoi genitori che erano separati, ma nulla di più. Era la nostra seconda uscita in una sola giornata, mi teneva già la mano e non sapevo praticamente nulla di lui.

È strano, ma mi accorsi che molte coppie erano così. Vedevi a giro due ragazzi baciarsi davanti a tutti e prendersi per mano. Non conoscendoli penseresti che siano fidanzati da tanto tempo e invece non era vero. Mi era capitato a scuola un paio di volte di incontrare un ragazzo che il giorno prima era a giro con una ragazza, entrambi felici e sorridenti.

Il giorno dopo lo vedevo con altre ragazze: praticamente non ne aveva mai una fissa. Non mi meravigliai di questo fatto, ovvero che cambiasse una ragazza al giorno, ma che la ragazza stessa approvasse in qualche modo di essere "usata" anche in situazioni che teoricamente parlando dovresti vederle in una coppia vera, fissa. Vedere due persone che si amano e che si sorridono, che si stringono la mano. Io in quel momento ero come quelle ragazze: gli tenevo la mano, lo baciavo davanti a tutti... e agli occhi delle persone sembrava che stessi con Michael da tanto tempo, quando invece ci uscivo solo da un giorno.

Era una nuova esperienza per me, una delle tante che avrei dovuto provare. Ero uscita con altri ragazzi ma nessuno mi aveva mai fatto provare quel "vieni qui". Io lo chiamavo sempre così: quel momento in cui guardi quella persona negli occhi, e senza motivo, una spiegazione... ti piace.

Provi attrazione e senti il bisogno di stargli accanto. Con Bill la ebbi non appena mi resi conto che iniziai a guardarlo con altri occhi. Dopo tutto quello che era successo gli volevo ancora bene, anzi... benissimo. Era la persona a cui tenevo di più al mondo.

Anche se tra noi era tornato tutto come prima - più o meno - il solo pensiero che potesse capitargli qualcosa, qualsiasi cosa... che stesse addirittura male o che fosse triste, mi riempiva di un'angoscia tremenda. Divenni in un certo senso iper protettiva nei suoi confronti.

-"Non ho molto da dire. Ho un fratello più piccolo di nome Jonathan e non ho mai conosciuto il mio vero padre. Mamma si è risposata e ci siamo trasferiti qui da poco. Sono riuscito a farmi nuovi amici in poco tempo, anche se li sto ancora conoscendo. Ma per adesso non posso lamentarmi. Tu invece?"
Iniziai ad odiare quando qualcuno mi domandava della mia vita. Dovevo sempre mentire. Dire la verità era pressoché impossibile. Ormai cominciò a diventare un'abitudine per me:
-"Beh io lo sai. Sono stata adottata. Ho comunque una bellissima famiglia, ho degli amici a dir poco meravigliosi e..."
E... amo una persona che non ci sarà mai nella mia vita anche se la vedrò per sempre.
-"E...?" Continuò domandandomi interessato.
-"E non so chi siano i miei veri genitori".
-"Vorresti saperlo?"
-"Un giorno, forse".
-"Lo so, te lo avevo già chiesto. Non voglio continuare se non vuoi".
-"No anzi... non ne parlo mai con nessuno, in realtà non ne ho mai parlato. Con i miei genitori evitiamo di parlarne. Loro mi vedono come la loro vera figlia, beh lo sono. Insomma, sono stata adottata ma sono i miei genitori in fin dei conti".
-"E... non vuoi sapere chi sei? Il passato. La tua vera famiglia, non solo i genitori, magari hai dei fratelli veri. Mi hai detto che Bill è figlio loro naturale. Forse loro vogliono conoscerti...".
Lo zucchero filato era quasi finito e io mi fermai di colpo ma non volli chiudere la discussione per la prima volta da quando seppi di essere stata adottata:
-"Non lo so... è complicato. Forse ho solo paura di affrontare la realtà. Sapere che magari non mi volevano, o che sono stati costretti. I miei genitori anche se accettassero la mia scelta, non sarebbero contenti, soprattutto mia madre... lei...".
Abbassai lo sguardo e cominciai a commuovermi. Michael rimase ad ascoltare:
-"Lei soffre, tanto. Vedi mio... Bill, aveva un... fratello. È morto quando a quattro anni".
-"Oddio, ma sul serio? Non l'avrei mai detto. Accidenti è tosta come storia..."
-"Già. Mi hanno adottata per questo alla fine anche se non l'hanno mai ammesso".
-"E tu... come l'hai presa?"
-"Ho dovuto accettare la realtà, in fin dei conti cosa dovevo fare?"
-"E tuo fratello?"
-"C-cosa?"
-"Bill".
Mi asciugai le lacrime con la manica del giacchetto.
-"Ah... oh... lui non ne ha più voluto parlare con nessuno, nemmeno con me. Quando lui soffre tanto non vuole che gli altri lo vedano. È fatto così."
-"Si ma ti avrà detto qualcosa, insomma... ha perso suo fratello, non deve essere stato facile".
-"No infatti... da questo punto di vista mi sento fortunata. So che comunque i miei genitori non sono morti, almeno quando mi hanno dato in adozione, ora non lo so. Ma comunque perdere un fratello e saperlo dopo diciannove anni..."
-"Aspetta. L'ha saputo solo adesso?"
-"Beh... si".
-"Pff poveraccio allora lo capisco. Ma perchè hanno voluto tenerglielo nascosto?"
-"Forse per non farlo soffrire, non lo so. Non ne parliamo...".
-"Senza offesa, secondo me sono stati egoisti. Insomma aveva tutto il diritto di saperlo".
-"Volevano che aspettassero che compiessi 18 anni. Anche perchè adesso sono cresciuta e non ragiono più come una ragazzina... è comunque complicato e non lo so nemmeno io. Quello che so è che ha sofferto tantissimo e non ha mai voluto farcelo intendere... lo conosco fin troppo bene".
-"Beh devo dargliene atto. Io non ce l'avrei mai fatta".
-"Lo so. Penso che in pochi ci sarebbero riusciti. È molto forte".

HAPPENED 1 - (Così lontani, così vicini)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora