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Le nostre giornate erano semplici e divertenti. Mi bastava così poco per stare bene, assieme alla mia famiglia e ai miei amici, anche se papà e mamma non erano quasi mai presenti in casa. Quel giorno però apparentemente normale avrebbe cambiato per sempre la mia vita.

Dopo la pausa pranzo era l'ora di letteratura inglese e il professore Kingsley entrò di fretta in classe con un'aria molto cupa. Prese un blocco di fogli guardando in fretta, per poi rivolgersi a noi senza troppi rigiri di parole: «Ok fate silenzio ragazzi!» ci voltammo tutti verso di lui facendo silenzio. Lui si sedette sulla cattedra con quei fogli in mano.

«Dunque ragazzi, oggi faremo una cosa molto diversa, non parleremo di Shakespeare... no ok non lamentatevi vi prego una alla volta» ridacchiò.

«Dovrete fare un tema, ma non un tema qualsiasi, dovrete tirare fuori, emozioni, rabbia, felicità, e tutto questo dovrete farlo in sole quindici pagine, non una riga di più: dovrete parlare di voi stessi, semplicemente».

Ci guardammo frastornati tra di noi:

- «E cosa dovremo fare esattamente?» chiese un ragazzo in classe.

- «Dovrete raccontarvi ma non in prima persona, come se doveste raccontare la storia di qualcuno, ma la vostra naturalmente».

«Tutto qua, dobbiamo raccontare la nostra vita in terza persona?» aggiunse un altro ragazzo.

- «Si esatto, voglio che tiriate fuori il meglio di voi stessi, nel bene o nel male, ma badate bene, non voglio sapere le vostre cose personali ma più semplicemente, chi siete, come vi sentite e come pensate di sentirvi quando sarete adulti, cercando in qualche modo di non entrare troppo nei dettagli mi raccomando, ovviamente dovrete partire da capo, se volete anche parlando della vostra famiglia, dei vostri amici, ma non siete obbligati. Non sto parlando di raccontare la vostra storia d'amore o di situazioni a voi sgradevoli, ma di riuscire a tirare fuori in qualche modo il meglio di voi. Ho qui dei fogli e ognuno con delle frasi diverse. Voglio che prendiate spunto da esse per poter svolgere il vostro tema».

Alzai la mano per maggiore chiarezza:

- «Professore, dunque cosa vorrebbe che facessimo in sostanza?» domandai.

- «Dovrete parlare semplicemente di voi, essere protagonisti di voi stessi ma non nel modo classico che conoscete. Non dovete raccontare di voi, ma esprimere chi siete dentro e voglio che prendiate spunto dalla frase che darò ad ognuno di voi, diversa ovviamente. Dimostratemi di cosa siete capaci, sono sicuro che uscirà fuori un bellissimo tema. Non influirà con la media voglio aggiungere, ma sappiate che lo terrò presente approfonditamente, anche per il vostro diploma».

- «Possiamo farlo in gruppo?» Chiese Brittany senza alzare la mano.

- «No, ma potrete comunque aiutarvi a vicenda, facendolo insieme ma alla fine il risultato sarà individuale, preferibilmente fatelo a coppia, vi aiuterà meglio a condividere le idee, mi raccomando però, non dovete farlo insieme ma solamente darvi dei consigli».

Un altro ragazzo confuso gli fece un'altra domanda: «Ma dobbiamo usare come spunto la frase che ci darà lei o possiamo usare altro?».

Il professore fece una smorfia ma gli rispose:
«Potrete prendere spunto da delle vostre fotografie con la famiglia. Dovrete parlare anche del passato, di come eravate e della vostra trasformazione emotiva, come se parlaste del vostro ammiratore preferito. Se non avete capito bene non c'è problema ve lo rispiego».

Brittany ed io ci guardammo e ad entrambe veniva da ridere. Ci venne subito in mente lo stesso pensiero e la cosa fu un po' strana, il fatto di raccontare di noi, ma non come al solito, raccontando una storia, di caratterizzarci e identificarci.

Per un momento mi sembrava di tornare alle elementari ma sapevo che non era un semplice tema, e così io e Brittany decidemmo quel giorno di passarlo a casa mia per poter iniziare il tema.

Scendemmo le scale della scuola, c'era tanta gente, tutto affollato. Ogni volta che suonava la campanella per tornare a casa c'era un chiasso tremendo. Cercai Bill in corridoio; come ogni giorno io e Brittany dovevamo aspettarlo al parcheggio. Improvvisamente vidi Bill parlare con Sara appoggiata sull'armadietto e io e Brittany ferme a fissarli: «Ma cosa stanno aspettando? Voglio andare a casa!» Risposi irritata.

«E dai lasciali stare, al loro posto avresti fatto lo stesso». «Che ne sai Brittany, non ho mai avuto un ragazzo io...» le risposi apparentemente disinvolta.

Brittany inaspettatamente cominciò a ridere. «Adesso cosa c'è di tanto divertente?», le domandai con le braccia conserte. «No nulla Evelyn, se non ti conoscessi non direi mai che Bill sia tuo fratello.»

«Non è la prima volta che me lo dici lo sai? Me lo avrai detto un centinaio di volte! Si ok non ci somigliamo tanto ma purtroppo sono sorella di quel rompi coglioni». «Ah sarà, comunque andiamo alla macchina dai».

«Scusa se ti fa tanto ridere questa cosa». «Oh andiamo, a volte ci scambiano noi per sorelle, quindi. Ei un momento, non è che per caso siamo sorelle e da piccole ci hanno divise?». «Beh mi sarebbe piaciuto lo sai?». «Anche a me. Ma lo siamo, siamo sorelle anche se non biologiche». «Si è vero».

Le sorrisi amorevolmente e ci dirigemmo verso la macchina di Bill ad aspettarlo ignara del fatto che tra non molto mi sarebbe capitata una cosa che avrebbe cambiato per sempre la mia vita.

Salve cari.
Brittany è un po' lunatica ma in fondo in fondo vuole tanto bene alla sua migliore amica. Cosa ne pensate di questo personaggio? Un abbraccio🧡

HAPPENED 1 - (Così lontani, così vicini)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora