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Lo seguii dunque e vidi Bill andare verso Maria che stava lavando i piatti. Bill sembrava particolarmente arrabbiato e chiese a Maria senza troppi giramenti di parole: «TU LO SAPEVI?»

Maria di colpo interruppe le faccende: «Cosa, di che cosa state parlando?».

Bill si rivolse ancora una volta infuriato: «Dell'adozione Maria, tu lo sapevi?»

Maria non rispose.

«Maria ti prego non voglio ripetermi ancora!»
«Perché me lo stai chiedendo? E come sei arrivato ad una conclusione del genere?». «Non importa come, vogliamo solo sapere se tu ne eri al corrente».

«Penso che dobbiate discuterne con i vostri genitori...». «Beh adesso ne stiamo discutendo con te». «Ti prego tesoro, aspetta l'arrivo dei tuoi genitori». Bill non rispose, rassegnato.

E così facemmo. Aspettammo in soggiorno tutto il pomeriggio, a guardarci l'un l'altro, con tante domande e preoccupazioni. Bill era agitato. Maria non ci disse altro, continuò con le sue faccende come se niente fosse. Non voleva intromettersi e aveva ragione.

Il dado era tratto, le pedine ormai erano mosse, non potevamo più guardare al passato, aspettavamo solamente i minuti. Bill prese la cornetta del telefono e chiamò "lei", cercai di fermarlo ma non volle ascoltarmi: «Bill no ti prego!», ormai stava squillando.

E' sempre stato una testa calda, se voleva fare qualcosa nessuno poteva fermarlo. La mamma non rispose al telefono ma era questione di minuti e sapevamo che sarebbe rientrata a casa. E così dopo attese lunghe, eccola.

Come tutte le sere la mamma fece ritorno a casa, ma questa volta tutto sarebbe stato diverso. Bill appena vide la macchina entrare nell'aia, uscì di colpo di casa, deciso più che mai. Io lo seguì e aspettai insieme a lui la mamma che uscisse dalla macchina. Parcheggiato, si poteva intravedere il suo volto stupita dal nostro comportamento. Uscì dalla macchina con aria molto preoccupata.

Bill non voleva aspettare più, era troppo deciso: «Tesoro, che... succede?». Con tono scontroso disse venendole incontro: «E' vero mamma?». Lei non disse nulla, ma forse aveva capito. Dal suo sguardo era chiaro che si spaventò. Entrò in casa cercando di essere più calma possibile, Bill la seguiva ovunque, continuando a parlarle da dietro: «Perché ci avete mentito, per tutto questo tempo? Guarda le foto! Che storia è questa?». «Dove hai preso queste foto Bill?». «Le ha trovate Evelyn!!!». Lei di colpo mi guardò sorpresa e io volevo seppellirmi.

La mamma continuava a non dire niente. Nel frattempo Bill continuava a farle la solita domanda: «Pensavi che non l'avremmo scoperto?». «Basta ti prego smettila, lasciami spiegare». Sistemò con calma i cappotto, si sfilò i tacchi e li ripose nell'armadio. Prese un laccino per i capelli e se li legò, ed infine andò in soggiorno e si sedette sul divano: «Aspettiamo che arrivi papà e vi spiegheremo ogni cosa».

Rimase seduta a guardare il pavimento, immobile e seria. Si sentiva solo il suo respiro, in casa entrò un grande silenzio che avvolse tutti. Bill mi prese la mano, stringendomela forte.

Capimmo che tutto era vero, non era un sogno e io non mi ero inventata niente. Le foto, i sospetti... era davvero successo. Ci sedemmo entrambi davanti a lei, ma non ci guardò negli occhi, continuava a guardare in basso, come un bambino impaurito.

Non l'avevo mai vista così ma il suo sguardo ci confermò ogni cosa. Prese il telefono e chiamò "nostro" padre, gli chiese dove fosse, ed era a pochi minuti da casa. E così anche io e Bill rimanemmo seduti sul divano ad aspettare. Anche papà arrivò finalmente.

La mamma non si mosse da quel divano. Bill si alzò come prima di colpo e uscì fuori di casa e disse la stessa cosa come alla mamma. Io rimasi dentro a guardarla, le parole non servivano un gran che, bastava la situazione che si era formata. Sentii papà domandare: «Che succede Bill?»

Bill gli rispose deciso: «Lo sai bene, tu e la mamma perché ce lo avete nascosto. Credevi che non lo avremmo scoperto? Ebbene sì lo abbiamo scoperto, o meglio Evelyn lo ha scoperto. Ma che razza di persone siete?!».

«Ok Bill ora calmati, entriamo in casa con calma e ne parliamo ok?»

Di colpo la mamma venne da me e scoppiò in lacrime, mi prese alla sprovvista. Mi strinse a sé dicendo continuamente: «Mi dispiace tesoro, mi dispiace, ti prego perdonaci!». «Allora è vero?», i suoi occhi me lo confermarono.

Bill e papà rientrarono in casa. L'atmosfera era davvero surreale. Nessuno aveva il coraggio di parlare, ma Bill continuava a mettere pressione: «Io non capisco... perché ce lo avete nascosto?»

Finalmente la mamma rispose a Bill piangendo: «Tesoro ti prego, ve lo avremmo detto, volevamo dirvelo appena Evelyn avrebbe compiuto 18 anni, era solo questione di poco tempo». Ci guardava entrambi sconvolta.

Io la guardai e le dissi: «Mamma, avrei voluto saperlo prima, sapere chi sono veramente. Non doveva andare così!». «Lo so ma abbiamo avuto i nostri motivi e dovete capirlo».

Papà ci raggiunse e si fermò davanti a noi in piedi con le fotografie in mano: «Dove avete trovato queste foto?». «Le ho trovate io... è stato un caso. Non l'ho fatto apposta. Evidentemente non sai nascondere bene gli oggetti preziosi...». «Oddio... me ne ero anche scordato di queste fotografie. Ma come lo avete scoperto». «Una foto è datata 25 dicembre 1998... il giorno esatto in cui sono nata io e la mamma non ha il pancione... è in piedi e nemmeno indossa il camice d'ospedale». «Beh, intelligente lo sei di sicuro».

«Non è il momento di scherzare, diteci che cosa sta succedendo» intervenne Bill con il fiato in gola.

Papà e mamma si sedettero sul divano tenendosi per mano. La mamma appoggiò la testa sulla sua spalla con uno sguardo perso: «Vostra madre e io ve lo avremmo detto, questo dovete capirlo, ma è una situazione troppo fragile, dovevamo trovare le giuste parole».

Risposi con tono alto. Non avevo mai urlato ai miei genitori: «Quali parole? Basta stronzate ora! Dirmi che sono stata adottata. In che altro modo potevate dirmelo? Voi ci avete raccontato solo bugie...».

«Almeno io sono vostro figlio?» Chiese Bill.

«Si... Bill. Tu sei nostro figlio naturale...» rispose la mamma.

Poi papà aggiunse:

«Ma c'è altro che voi non sapete». Papà venne da me e mi baciò la fronte per poi toccarsi la testa. «Evelyn tu sei stata adottata...». «Beh era ovvio no? Non ho i vostri stessi tratti biologici e in casa nemmeno una foto in braccio alla mamma... o meglio nemmeno una ho mai visto. Poi saltano fuori queste foto... perché. Potevo conoscere i miei veri genitori, potevo... dovevo saperlo. Non mi sembra giusto papà». «Tesoro, non ci sembrava opportuno, hai ancora diciassette anni e te lo avremmo detto non molto. Io e tua madre ci abbiamo pensato tante volte. Ci dispiace solo che tu l'abbia scoperto in questo modo».

«Ma voi mi volete ancora bene?».

«Tu sei nostra figlia, ti amiamo come un genitore ama il proprio figlio. Non cambierà niente tra noi».

«Allora cos'altro c'è che dobbiamo sapere?». Chiese Bill.

Papà guardò la mamma per poi agitarsi, toccandosi ripetutamente i capelli. Avevamo paura, ci stavano mettendo troppo tempo, ma come hanno detto prima, dovevano trovare le giuste parole. Nessuno si sarebbe mai aspettato ciò che stava per dirci. Papà e mamma si presero per mano e lei appoggiò la testa sulle sue spalle. Papà guardò Bill e disse: «Tu avevi un fratello!!!».

HAPPENED 1 - (Così lontani, così vicini)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora