Capitolo 20

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Il sole ormai volge a mezzogiorno. Ho preparato del riso per pranzo, anche se non ho molta fame. L'assenza di Itachi mi rende stanca e oppressa.

Senza contare il fatto che la mia...

Un rumore improvviso proveniente dall'ingresso mi fa scattare sul posto. Attivo lo sharingan ed estraggo un coltello dal cassetto dove tengo il set di posate d'argento. Purtroppo non dispongo di altre armi, visto che ho lasciato le mie in camera.

«Chi è là?» chiedo con fare minaccioso.

«Sono io. Itachi.» mi rassicura una voce calma e controllata.

Tiro un sospiro di sollievo e abbasso l'arma. È arrivato, finalmente. Mi dirigo verso la veranda, ma quando sto per aprire le braccia per accogliere il mio ospite noto che non è solo.

Non era mai successo che portasse qui qualcuno dell'Organizzazione Alba. Era il nostro patto. Stringo le labbra mentre il mio cuore palpita.

«Che ci fa lui qui? Noi...» balbetto con uno sguardo truce.

L'uomo che è rimasto avvinghiato alla spalla di Itachi fino a questo momento si libera del cappello di paglia e scaglia via la casacca nera decorata con le nuvole rosse, mostrandomi una mostruosa ferita da taglio che gli percorre l'addome da parte a parte. Dalla sua pelle azzurrina cola una grande quantità di sangue e i suoi occhi rotondi sono serrati in una smorfia di dolore.

Itachi lo aiuta a sorreggersi e lo accompagna sotto la tettoia sotto il mio sguardo attonito.

«Kisame è stato ferito gravemente durante la nostra ultima missione.» dice solamente.

Deglutisco, incapace di distogliere lo sguardo dalla sua carne dilaniata.

«Portalo immediatamente nella mia camera e fallo stendere.» impartisco conficcando a terra il coltello con un movimento rapido e preciso del braccio.

«Va bene.» risponde lui trascinandosi dietro quell'ammasso di lamenti e sofferenza.

«Prepara una tinozza d'acqua calda e di erbe verdi. Mi serviranno per disinfettare il taglio.»

«D'accordo.» lo sento rispondere dall'altra stanza mentre l'uomo che ha chiamato Kisame sibila un'imprecazione per il dolore.

Rientro a mia volta e mi dirigo verso la cucina, dove trovo Itachi intento a spezzettare i fili di alcune piante medicinali per poi mettersi a pestarle con un mortaio.

«Com'è successo?» chiedo incrociando le braccia.

«Un incidente con una carta bomba potenziata con degli spiedi. È successo poco distante da qui. Qualcuno ha minato il sentiero che collega la collina al villaggio.» mormora pensieroso.

«Capisco. Deve fargli molto male.»

«Puoi aiutarlo?» insiste puntando gli occhi nei miei.

«Credo di sì, anche se dovrà stare qui per un paio di giorni.»

«La cosa non mi preoccupa.» mi assicura prendendo una tinozza da una mensola. «Vado a riempirla al ruscello. Userò la pioggia di fuoco per riscardarla.»

«Ti ringrazio.» rispondo con un cenno del capo.

«Ah, e Yumi.» mi richiama. «Puoi disattivare lo sharingan, adesso. Non c'è pericolo, siamo solo noi tre. Mi sono accertato che nessuno ci seguisse.»

Arrossisco di colpo. Mi ero dimenticata di questo piccolo dettaglio.

Itachi sorride divertito e poi sparisce in una nuvola di fumo.

Itachi rimane al mio fianco mentre utilizzo una delle mie migliori tecniche curative sul suo compagno. Anche se non ho ancora avuto occasione di parlargli non riesco a fidarmi di questo individuo. C'è qualcosa nella sua espressione che non mi piace per niente.

«Ci vorrà ancora molto?»

Giro la testa verso di lui e rimango in silenzio per qualche momento.

«Ho quasi finito di arrestare l'emorragia.» rispondo tornando a lavorare.

«Ngh–Ouch–Tch...» mugola Kisame cercando di divincolandosi dalla presa di Itachi.

«Non ti preoccupare, non lascerò che si muova.» mi dice Itachi potenziando l'illusione creata tramite il suo sharingan. «Tu come stai?»

«Sto bene. La temperatura mite degli ultimi giorni mi aiuta molto con il mio problema

Lui annuisce. «Sono felice di sentirtelo dire. Se avessi saputo che le cose sarebbero andate in questo modo, non ti avrei mai detto di eseguire quella tecnica, quel giorno.»

«Oh, non è niente, davvero. In fondo, se non avessi preso gli occhi di tuo padre non sarei mai diventata il ninja medico che sono ora.» insisto con un sorriso forzato.

«Anche questo è vero. Forse un giorno troverai una tecnica che ti aiuterà a guarire.» commenta speranzoso.

«E forse ne inventerò una anche per te.»

«Forse. Non pensare a me. Tu vieni prima di qualsiasi altro.» mi interrompe inginocchiandosi al mio fianco.

Lo fisso colpita e sento le farfalle nello stomaco.

Dopo tutti questi anni le cose non sono cambiate. Ogni suo gesto è una pugnalata al cuore.

Spazio autrice

Ehilà, ecco l'aggiornamento. Forse metterò in capitolo anche domani, anche se non ne sono ancora sicura.

Spero che la storia vi stia piacendo!

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