Adam aveva atteso nell'ingresso sudando freddo: quando era solo le manifestazioni peggioravano in maniera esponenziale e già stava notando ombre e strani spostamenti che non gli piacevano per niente.
I Valentine erano in netto ritardo, altra cosa che gli stava appesantendo la giornata.
Un rombo di auto era risuonato nel vialetto, ed era finalmente comparsa la Porsche grigia che aveva imboccato lo stradello a tutta velocità fino a parcheggiarsi accanto alla sua Subaru.
Todd Valentine era sbucato dalla parte del guidatore, mentre dal sedile del passeggero era sceso un uomo sulla cinquantina, con i capelli brizzolati e la carnagione olivastra.
"Adam" Todd gli si era piantato davanti, con quel sorriso perfetto che lo faceva sentire a disagio. "Questo è mio zio Vernon."
"Salve signor Valentine." Aveva steso educatamente la mano Adam verso l'uomo.
"Grazie, ma mi chiamo Vernon Foley. Sono lo zio di parte materna."
"Ah, certo. Mi scusi." Si erano stretti in segno di saluto reciproco, ma per qualche motivo Adam aveva avuto la sensazione che l'altro gli avesse trattenuto la mano un po' troppo a lungo.
"Se volete seguirmi dentro..." aveva preso le distanze, cercando di darsi un contegno. Aveva mostrato loro la casa, notando che Vernon aveva stazionato a lungo nella camera da letto, come se stesse percependo quello che sentiva lui.
"Bella." Aveva commentato uscendo, dirigendosi poi in cucina come se niente fosse.
Il tour era comunque stato fortunatamente privo di strani eventi, tanto che, quando si erano diretti alla porta per uscire, Adam era quasi riuscito a calmarsi.
"Allora, zio, ti sei tranquillizzato?" Stava dicendo Todd mentre dava un giro di chiave alla serratura.
"Oh, assolutamente... ah, dannazione... devo aver dimenticato i miei occhiali dentro... le spiace riaprire?"
"Ah, no, nessun problema... sa dove può averli messi?"
"In camera da letto, penso... potrebbe prendermeli? Ho bisogno di sedermi un momento."
Adam aveva deglutito un pesante groppo di saliva, sperando che non notassero il panico nella sua espressione. "Io, eh... no, vado... a controllare." Aveva preso un profondo respiro, entrando.
Aveva acceso tutte le luci sul suo cammino, ma già a metà corridoio aveva avvertito il cambiamento nell'aria: i capelli sulla nuca gli si erano rizzati come se caricati da una corrente elettrica e la temperatura era scesa di diversi gradi quando aveva raggiunto la stanza da letto.
Gli occhiali erano appoggiati sulla trapunta, in bella vista, tuttavia quando aveva allungato la mano per prenderli qualcosa lo aveva afferrato per il polso, mentre i quadri sulla parete di fronte a lui erano esplosi in un baccano di vetri. Una voce eterea lo aveva chiamato dall'interno dei muri e la stanza aveva iniziato a girare su se stessa. Si era sentito sorreggere prima di toccare terra, ma il tocco era stato minaccioso, non amichevole.
Due braccia dure come la pietra lo avevano avvolto, spostandogli la testa da un lato, e una belva lo aveva azzannato sulla spalla, facendolo gridare di dolore.
Mani fredde si erano insinuate sotto i suoi vestiti, dentro ai suoi pantaloni, toccando, ghermendo e una salda erezione era stata premuta contro la sua coscia, mentre cadeva sul materasso. Dopo, tutto si era fatto scuro, ma la certezza di cosa lo aveva aggredito aveva fatto in tempo ad attraversargli il cervello: era stato Todd Valentine, ma non era affatto umano.
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Il sangue immortale
HororAdam Walsh non vedeva l'ora di disfarsi di quella maledetta casa infestata... certo non poteva sapere che il compratore sarebbe stato un affascinante vampiro di nome Todd Valentine.