La mattina seguente, Todd si era alzato presto per preparare, come ormai era diventata consuetudine, la colazione ad Adam: non aveva cucinato per anni, eppure non gli era stato difficile ricominciare, a parte forse un primo disastroso tentativo con le uova.
Aveva versato il composto dei pancake sul fuoco e li aveva guardati cuocersi, distratto.
Il sangue di Adam lo aveva risanato e gli pareva di essere in grado di ragionare con maggiore chiarezza, tuttavia una parte di lui continuava ad essere irrequieta, dandogli il tormento.
Avere l'avvocato sotto lo stesso tetto era difficile, considerando la crescente attrazione nei suoi confronti e l'evidente indecisione dell'altro; era più che sicuro che Adam provasse qualche tipo di sentimento nei suoi confronti, ma era impossibile definire quale, almeno finchè non l'avesse ammesso a se stesso.
Certo, avrebbe potuto non accadere mai, e se il confronto con Vernon avesse preso una brutta piega... aveva stretto il manico della padella, ignorando la preoccupazione crescente per concentrarsi invece sui passi provenienti dalle scale: Adam doveva essersi svegliato e aver seguito l'odore del cibo fino in cucina.
"Buongiorno" lo aveva salutato senza voltarsi, rovesciando i pancake cotti su un piatto. "Fame?"
"Sì." Adam si era seduto al tavolo alle sue spalle, in attesa. "Grazie. Sto cominciando ad abituarmi, lo sai..."
"Hm, solo perchè non mangio, non significa che non mi piaccia spignattare..." Todd gli aveva sorriso, guardandolo spolverare il cibo di gusto.
Era tornato pallido, ma sembrava comunque in forze, almeno a giudicare dalla determinazione che gli si leggeva negli occhi.
Il vampiro si era schiarito la gola, osservandolo da sopra il bordo della tazza di caffè, frustrato: non era il momento più adatto per certi tipi di pensieri, ma le labbra piene e la maglietta di una taglia più piccola non aiutavano affatto, anzi, risvegliavano in lui voglie tutt'altro che sopite...
"Adam, posso farti una domanda?" Si era lasciato sfuggire, prima di potersi fermare.
Il biondo lo aveva guardato interrogativo, e Todd aveva dovuto tenersi al bordo del tavolo per non allungare le mani.
"Che cosa?" Gli aveva risposto, ma era stato interrotto di nuovo dal suono del cellulare.
Todd aveva soffocato l'impulso di prendere quel maledetto aggeggio e annegarlo nell'acquaio, limitandosi a digrignare i denti dalla rabbia mentre l'avvocato spariva per rispondere.
Erano passati diversi minuti, ma stavolta, nonostante i muri, era riuscito a captare qualcosa. Quando era finalmente ridisceso, lo aveva intercettato nell'ingresso, trovandolo più sconvolto del giorno prima.
"Ho sentito..." si era scusato, mentre Adam lo guardava smarrito. "Non volevo, mi dispiace. Tutto bene?"
"...No." Era stata la risposta. La sofferenza gli si leggeva chiara in volto. "Era Cleo, mia moglie. Ho dovuto... non si fa convincere tanto facilmente. E' testarda... vorrebbe aiutarmi. Starmi accanto."
Todd aveva sollevato un sopracciglio, sorpreso, ma non del tutto: in fin dei conti, se Adam l'aveva sposata, non doveva avere meno palle di lui...
"E tu sei riuscito a convincerla a starne fuori?"
"Sì."
"Ma?"
Il ragazzo aveva alzato lo sguardo al cielo, prima di rivolgerlo su di lui con un aria mesta.
"Ho dovuto... dirle come stavano le cose. Omettendone la maggior parte, ovvio, ma... non sono riuscito a mentirle, a nascondere il fatto che forse... forse..."
"Va bene. Adam, ascoltami un secondo, vuoi?" Todd gli si era avvicinato a braccia conserte. "Hai fatto bene, e ti capisco. Sono la tua famiglia..."
"E tu? Non vorresti... dire qualcosa a tua sorella?"
A quelle parole, Todd si era sentito come gelare dentro.
"Io..." non si era proprio aspettato quella domanda. "E' complicato, Adam. Noi non..." aveva sentito la testa girargli per un momento ed aveva dovuto appoggiarsi alla parete dietro di lui.
"Todd" Adam gli si era fatto vicino. "Lo so che non sono affari miei, ma... dovresti parlarle."
"Tu non sai cosa stai dicendo." Le parole gli erano uscite in un ringhio, ma non era arrabbiato con lui. "Tu non lo sai..."
"Allora spiegami! Per favore, fammi capire." Adam gli aveva stretto l'avambraccio guardandolo dritto in faccia, un gesto più che inatteso.
"Va bene." Si era sentito capitolare Todd, andando a sedersi sul divano. "Ti dispiace prendere la bottiglia e due bicchieri? Grazie."
Aveva preso il liquore che Adam aveva versato per lui, buttandolo giù in unico sorso.
"Non ne ho mai parlato con nessuno, ma immagino che questo sia il momento adatto. Mi fido di te, Adam: hai saputo di Vernon e me, e nonostante tutto, non mi hai giudicato. Mi sono comportato da stronzo, hai ragione, perchè in fin dei conti è quello che mi riesce meglio... ad ogni modo, qualunque cosa accada nei prossimi giorni, voglio parlarti di lei..." aveva fatto una pausa, lo sguardo fisso su un punto indefinito della camera.
Il biondo si era sistemato accanto a lui, ascoltandolo in silenzio.
"Alexandra è la mia unica sorella, di due anni più grande di me. E' sempre stata molto intelligente e dotata, ma per l'epoca in cui eravamo nati, questo non aveva tanta importanza.,,, allora le donne finivano il liceo, si sposavano e mettevano su famiglia: Alexandra non lo accettava, avrebbe voluto andare all'università per studiare legge, ma per i nostri genitori l'argomento era fuori discussione. Quante liti furibonde..." aveva scosso la testa, sorridendo con amarezza.
"Quando toccò a me scegliere, rinunciai; una squadra di Chicago aveva ventilato la possibilità di mettermi sotto contratto appena finita la scuola, così avevo accettato al volo. Avrei forse potuto anche ottenere una borsa di studio e continuare, ma a me non interessava. Volevo solo giocare a football e divertirmi... mia sorella lo prese come un tradimento: tutte le opportunità che lei aveva sempre sognato, io non le avevo nemmeno minimamente considerate. Poco prima che partissi, mi fece una sfuriata che non potrò mai dimenticare. Mi accusò di essere un lavativo, un fannullone... probabilmente non aveva del tutto torto, ma io allora non capivo, né mi importava capire. Andai a Chicago, entrai in squadra. I nostri genitori erano contenti, non immaginavano certo che il loro unico figlio avesse certe inclinazioni... naturalmente l'ho sempre saputo, ma solo lontano da casa ho potuto ammetterlo più apertamente. C'erano tanti locali, in città... ci sono ancora oggi, ma una volta nei paesi come quello da cui provenivo, certe realtà erano a dir poco inconcepibili. Passai due anni discreti, poi la mia famiglia venne a trovarmi... Alexandra ci mise poco a scoprirlo, forse lo aveva sempre sospettato, chissà, comunque una sera mi vide con un ragazzo che stavo frequentando: fu il finimondo. Disse che avevo toccato il fondo, e alla fine lo usò per rivalsa su di me." Si era fermato per contemplare la bottiglia di Scotch di fronte a lui.
"Non vidi più i miei genitori... presero le distanze, tagliando i contatti."
"Vuoi dire che...?" Adam si era fatto sentire, in tono sommesso.
"La cosa più assurda è che sono morto prima di loro, eppure sono ancora qui. Che ironia..." aveva vuotato il terzo bicchiere con una smorfia. "Non ho parlato con mia sorella per anni, finchè... Vernon..."
"Vernon sapeva di te e lei?"
"Naturalmente. Quel verme conosce ogni minimo dettaglio della vita degli altri, in particolar modo dei suoi 'favoriti'." Aveva quasi sputato l'ultima parola. "Un giorno, ero stato trasformato da poco e stavo avendo... non pochi problemi. Andai da Vernon, e c'era anche lei. Rimasi sconvolto."
"Aspetta, l'aveva già trasformata?!"
"Sì. La mia reazione non è stata tanto diversa dalla tua... non potevo crederci. Venni poi a sapere che avevano entrambi agito alle mie spalle per mesi, ma in fin dei conti Vernon non è stato molto furbo. Credeva di aver abbindolato anche Alexandra, ma in realtà era stata lei a manipolare lui per tutto il tempo."
"Allora tua sorella voleva davvero essere trasformata?"
"Oh, ci puoi scommettere. Era il suo biglietto per la libertà, ed ha fatto l'impossibile per ottenerlo. Quando Vernon se ne è reso conto, la sua villa ormai era già in fiamme..."
"Todd, non capisco. Se Alexandra aveva ottenuto ciò che voleva, perchè ha tentato di uccidere Vernon? Perchè è questo che è accaduto, non è così?"
"Sei proprio sveglio, Adam." Il vampiro lo aveva osservato con un certo grado di ammirazione. "Sì, Alexandra lo detesta, forse anche più di noi. Lo ha usato per i suoi scopi, ma non ha mai potuto tollerare il suo comportamento deviato, così, raggiunto il suo obiettivo, ha provato a toglierlo di mezzo. Non c'è riuscita solo perché sono un maledetto idiota, altrimenti ora non saremmo qui..." aveva posato il bicchiere vuoto sul tavolo con malagrazia, facendo volare schizzi ovunque.
"Non essere tanto severo con te stesso."
"No? Eppure guardaci, Adam. Se Vernon fosse morto, tu non mi avresti mai conosciuto. La tua vita..."
"Todd, per quanto detesti ammetterlo, quando ci siamo incontrati stavo vivendo in una casa infestata. Il mio concetto di normalità era già piuttosto sopra le righe, quindi non farti carico di colpe che non hai."
"Facile a dirsi" il vampiro si era studiato le mani, notando come fossero contratte a pugno per la forte ira.
"Ma è la verità! Ascolta" gli aveva tolto il bere da davanti per farlo concentrare su di lui "... nonostante quello che Vernon ti aveva fatto, hai comunque corso più di un rischio per salvargli la vita, perché in cuor tuo sapevi di stare agendo nel modo giusto. Se fosse stato meno stronzo, avrebbe colto l'occasione per redimersi in un qualche modo, ma sappiamo che non è andata così. In ogni caso, è stata una sua scelta, Todd, non tua."
"Già, io gli ho solo lasciato la possibilità di prendere la decisione sbagliata." Todd aveva scansato il braccio del biondo per versarsi altro Scotch, amareggiato.
"Può darsi. Ma non sei tu il responsabile."
"E se dovessimo fallire anche stavolta?"
"Non succederà. L'hai detto tu, no?"
Todd si era fermato con il drink a mezz'aria.
"... Sì." Aveva ammesso, scuotendo la testa con una risata rauca. "Assurdo come si siano invertite le parti."
"Eh, non farmelo ripetere un'altra volta per favore..."
"Lo pensi davvero quello che hai detto prima?" Todd lo aveva fissato con un'espressione completamente diversa dalla sua solita spavalderia.
"Ogni singola parola." Aveva annuito l'avvocato, prendendogli il bicchiere dalle mani. "Però non farti idee assurde..."
Valentine non aveva replicato, si era limitato a osservarlo in silenzio per alcuni secondi prima di afferrarlo per la nuca e baciarlo dritto in bocca. Era in parte sbronzo, ma non abbastanza da evitare di realizzare il motivo per cui lo stava facendo.
Anche Adam doveva averlo intuito, perché, quella volta, non lo aveva respinto. Todd aveva approfondito lo scambio con maggiore entusiasmo, socchiudendo le labbra e stringendosi il ragazzo contro. Adam gli aveva preso il viso tra le mani, tirandosi a fatica indietro mentre il vampiro continuava a inseguirlo per non staccarsi da lui.
"Todd...non posso." Gli aveva detto, studiandogli il volto.
"Non puoi o non VUOI?..."
"Todd. Per favore..." si era divincolato e Valentine lo aveva lasciato andare controvoglia. "Mi dispiace, io..."
"No, Adam, voglio che tu mi stia bene a sentire, perchè non ho intenzione di ripetere una cosa del genere. E' vero, nei prossimi giorni potrebbe andare tutto a puttane, quindi vorrei chiarirti un concetto: sei bello, anzi, sei più che attraente, e questo mi ha spesso spinto a comportarmi come non avrei dovuto... abbiamo avuto un inizio pessimo, quindi non mi aspetto che tu mi perdoni o mi capisca, ma non ho mai voluto farti seriamente del male. Non voglio che lo pensi anche solo per un secondo." Aveva distolto lo sguardo, ignorando come affrontare la parte più difficile del discorso.
"Non sono molto bravo in queste cose, mi è capitato poche volte di... incontrare qualcuno come te, quindi è piuttosto arduo per me esprimere ciò che provo. Tu mi PIACI Adam, e non solo nel senso che vorrei sdraiarti su questo divano per..."
"Senti..."
"Sì, lo SO che hai una famiglia e che tieni a loro più della tua stessa vita, è evidente, ma al tempo stesso, penso che anche tu provi qualcosa di simile nei miei confronti. O sbaglio?"
"Cazzo, Todd..."
"Guardami e dimmi che non è vero."
Adam aveva fatto correre i suoi occhi cerulei avanti e indietro sul suo viso, più volte, senza dire nulla.
"Bene."
"Io..."
"No. Il punto è solo uno, Adam, indipendentemente dagli altri fattori: siamo solo noi due, qui, non lo saprebbe comunque mai nessuno, se è questo che ti preoccupa."
"Ma lo saprei io."
"Senti. Mi fido di te, te l'ho già detto. Ti ho confidato parti della mia vita che pensavo non avrei mai raccontato ad anima viva, quindi sai più o meno tutto quello che c'è da conoscere su di me. La decisione spetta solo a te, io non ti forzerò certo la mano, nè tornerò più sull'argomento, se non è ciò che vuoi." Si era alzato, per lasciare all'avvocato tempo per assimilare i fatti.
In realtà era suonato alle sue stesse orecchie più deciso di quanto non fosse, i suoi pensieri erano un turbinio confuso di frasi sconnesse.
Forse era stato troppo diretto, anzi, sicuramente aveva investito Adam con uno sproloquio che in retrospettiva non era nemmeno tanto convinto avesse avuto un senso logico. Però era stato onesto, e aveva messo le carte in tavola, non si sarebbe mai perdonato di lasciarsi sfuggire una simile opportunità solo a causa della paura.
C'era purtroppo ben altro di cui avere timore, e nonostante il suo forzato ottimismo, non era affatto certo di come sarebbe andata a finire...
STAI LEGGENDO
Il sangue immortale
HorrorAdam Walsh non vedeva l'ora di disfarsi di quella maledetta casa infestata... certo non poteva sapere che il compratore sarebbe stato un affascinante vampiro di nome Todd Valentine.