Gesù! Era la situazione più imbarazzante che mi fosse mai capitata. Lei guardò senza capire i due bambini, tutti eccitati di aver detto quella cosa, io cercai di sgattaiolare fuori dalla cucina col cuore in gola. Ma si rese conto delle situazione quasi subito e alzò lo sguardo verso di me e James. Intanto, nella mia testa tutte le divinità stavano diventando suine.
-Ehi, mamma.- esclami con la voce un po' strozzata.
-Kate, io e tuo padre dovremmo parlarti.- disse con voce seria e guardandomi come se fossi una criminale.
-Buono a sapersi. Chiamami quando avete deciso la data, a me andrebbe bene il 30 febbraio.- dissi sarcastica cercando di togliermi da quella situazione imbarazzante.
-Kate, non scherzare. Vieni con me. Subito!- dal suo sguardo capii che non tollerava repliche e la seguii fino camera sua.
La stanza era piccolina, ma abbastanza spaziosa per tre persone. Mio papà era disteso sul letto che leggeva un libro, quando ci sentì entare lo appoggiò sul comodino e si pizzicò la parte superiore del naso con fare sconsolato. Mia mamma si chiuse la porta alle spalle e mi fece sedere suo bordo del letto. In quel momento mi sentii sentii sprofondare, avrei voluto diventare minuscola per riuscire a scappare, per riuscire a non farmi venire i sensi di colpa. Giocai nervosamente con un lembo del coprilenzuola violetto, tenni lo sguardo basso per non incrociare quello di mia madre. Sapevo quello che mi avrebbero detto: "Kate, ci hai molto deluso. Non ci aspettavano un comportamento cosí irresistibile da parte tua e eccetera, eccetera, eccetera..."
Fissai lo smalto un po' rovinato sui miei alluci e aspettai che uno dei due iniziasse a parlare.
-Allora?- sentii la voce seria e un po' roca di mio papà alle mie spalle.
Restai zitta, con lo sguardo basso e un nodo in gola. La sua voce era calma, troppo calma. Mi aspettavo una sfuriata di quelle da manicomio, ma c'era un silenzio inquietante.
-Kate, alza lo sguardo.- mi ordinò mia mamma.
Esitai, ma alla fine mi ritrovai ad incrociare il suo sguardo freddo e arrabbiato. Strinsi le dita attorno alla cucitura del materasso.
-Non sappiamo cosa dirti.- fu mio padre a parlare -Pensiamo che tu sia abbastanza matura da capire la gravità del tuo gesto.-
"E con questo?" pensai.
-Cosa hai da dire?- non risposi -Kate.-
Continuai a fissare i suoi occhi grigi come i miei. In quel momento notai particolari che non avevo mai visto prima. Deve essere stata bella ai suoi tempi. Mia mamma. Aveva un naso non troppo grande, ma neanche troppo piccolo con un velo impercettibile di lentiggini. Le labbra carnose, adesso contratte dalla rabbia, erano di un colore acceso, un rosa vivo accentuato dal lucidalabbra. E gli occhi grandi, poco truccati, con delle venature verdine.
-Kate, rispondi a tuo padre.- riabbassai lo sguardo.
-Io...- mi fermai, non sapevo come continuare, cosa dire.
-Allora?-
-Ma ti sei resa conto di quello che hai fatto? Sei ancora minorenne, Kate!-
"Ancora per un anno." stavo per rispondere, ma non lo dissi. Rimasi zitta a fissare il parquet.
-Pensi di stare così tutto il giorno?- disse sarcasticamente mio papà.
-Sai, Kate. Tra tutte le cose sbagliate che hai fatto, questa è quella che ci ha più deluso.-
Sapevo di averli deluso, non serviva che infierisse. Avrebbero continuato così, a mortificarmi fino all'esaurimento. E mentre mi dicevo che erano delusi, che non se le aspettavano da me e tutte quelle cose mortificanti, chiusi gli occhi e non li ascoltai.
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I HATE YOU, PLEASE LOVE ME
Ficção AdolescenteKate è una ragazza newyorchese di 16 anni. Per l'estate va in vacanza a Miami con le sue due migliori amiche ospitata dalla nonna di una delle due. Questa non è una delle classiche storie d'amore che i due si incontrano e si perdono l'uno per l'alt...