Era seria, le sue labbra rugose rimanevano ferme, anche gli altri erano seri, troppo seri. Non era uno scherzo. All'inizo sorrisi, non poteva essere vero, James non era all'ospedale. No! Stava bene lui, vero? Doveva stare bene, non poteva andare all'ospedale. Ma nessuno diceva niente, nessuno mi guardava, solo Eddy con due occhi tristi e in pena per me. Quindi era vero? James era all'ospedale, il mio James era all'ospedale! No, no, no! Perché era all'ospedale? Perché aveva fatto 'sta cazzata?
Appoggiai le posate al lato del piatto e respirai lentamente. Non ci credevo ancora. Non ci volevo credere!
-Per... perché?- dissi con un filo di voce.
-Dopo la festa di ieri è stato accoltellato, i medici lo stanno operando.-
Cosa?! Accoltellato? Ma... oh, no! Matthew! Colpa mia, era stata colpa mia. Quando mi aveva chiamata... se avessi risposto non... era colpa mia! Mi sembrava di affogare, volevo scomparire. Sentii una lacrima oltrepassare lo zigomo, seguita da un'altra e un'altra e un'altra ancora. Stavo piangendo. Perché? Perché?! PERCHÉ, CAZZO! Perché a me? Che cosa avevo fatto? Non era giusto. Tutto questo non me lo meritavo, per niente.
Mi sembrava di stare in una bolla che lentamente si stringeva e mi soffocava, mi opprimeva, mi isolava da tutti. E piú cercavo di farla esplodere e più questa si stringeva, senza lasciarmi prendere fiato.
Rimasi immobile, finché non decisi di alzarmi di scatto e andare via.
-Dove vai?- chiese mia mamma.
-All'ospedale!-
-Adesso? Ma è tardi, ci andiamo domani.-
-E se non ce la facesse? E se non riuscisse a superare l'intervento? Non lo voglio lasciare.- dissi ancora tra le lacrime.
-Tesoro, so che è difficile, ma sopravvivrà. Credimi, ci andiamo domani.-
-NO!- tutte quelle parole erano come una purga, le vomitavo fuori a fatica, avevo la gola secca ed ero stanca, stufa di tutto. -Non serve che veniate con me. Vado da sola.-
-Ti accompagno io.- la voce di mio papà riuscì per poco a farmi sorridere.
-Veniamo anche noi.- dissero Jen e Kim.
Dopo quel l'ultima affermazione nessuno disse altro. Noi quattro prendemmo una macchina e andammo al Mount Sinai Madical Centre.
Forse era solo una mia impressione, ma c'era più traffico del solito. Ci muovevamo molto lentamente, troppo lentamente.
-Papá, non puoi accelerare?-
-Non più di così. Stiamo già andando molto velocemente e siamo fortunati: c'è pochissimo traffico.-
Appoggiai la testa al finestrino sconsolata, il tempo non passava mai. Mi sembrava che l'ospedale si allontanasse da noi. Ma più ci avvicinavamo più stavo male, avevo la paura... il terrore che non ce l'avesse fatta. Non volevo andare, ma volevo andare. Mentre questi pensieri mi affollavano la mente, arrivammo.
Mio padre parcheggiò e ci portó dentro l'ospedale. Già un'ondata d'ansia mi pervase, il cuore batteva cento volte in più rispetto al solito, lo sentivo rimbombare continuamente e assordantemente. Andai verso un'infermiera, ma Jen mi precedette e le chiese qualcosa. Mi trascinarono in una direzione, mi trascinarono dal mio James. C'erano decine e decine di medici che andavano e venivano, gente che entrava e usciva, triste e felice. Mi sembrava tutto un casino, c'era troppa confusione. Entrammo in una sala d'aspetto, o almeno pensavo lo fosse. C'era tanta gente: Chad, Jack, Nick, un signore barbuto (probabilmente il papà di James) sulla cinquantina, Tom e addirittura Ashley che sorridendomi mi liberò dalla sua borsa una poltroncina accanto a lei.
STAI LEGGENDO
I HATE YOU, PLEASE LOVE ME
Teen FictionKate è una ragazza newyorchese di 16 anni. Per l'estate va in vacanza a Miami con le sue due migliori amiche ospitata dalla nonna di una delle due. Questa non è una delle classiche storie d'amore che i due si incontrano e si perdono l'uno per l'alt...