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=> Nashi

Corremmo nel bosco facendo più rumore possibile, eravamo riusciti a distanziarci un po' dai nemici ma avevamo comunque bisogno di essere certi che seguissero noi e non gli altri. 
"Dove cazzo é quella maledetta radura?" Storm correva al mio fianco, approfittando di ogni occasione per pestare ramoscelli o foglie secche, cercando di fare rumore nella maniera più discreta possibile.
"Io mi preoccuperei più di sapere dove è finita la tua maglia" mi misi una mano sulla faccia, esasperata, per poi ridacchiare alla sua espressione stupita.
"Ah! Quando é successo?!"

 Scossi la testa e lo guardai, i capelli che si muovevano su e giù ad ogni cambiamento del terreno, i muscoli che si contraevano ad ogni movimento. Il petto nudo come sempre. Il suo particolare vizio era partito da suo padre che, a causa degli allenamenti con la sua maestra, si levava ogni due per tre i vestiti restando a volte completamente nudo. Gray aveva allenato il figlio nel medesimo modo ed era quasi scontato che anche lui prendesse questa brutta abitudine. Rin, invece, si spogliava molto più raramente e solo quando era nervoso, probabilmente a furia di vivere con un fratello e un padre del genere si era fatto condizionare. Così come Sylvia che, quando nervosa, iniziava a parlare in terza persona come zia Juvia. Sorrisi involontariamente a quei pensieri, certo che non ce n'era uno normale tra di noi.

"Eccola!" urlò il mio compagno dopo un po', indicando una zona di luce a qualche metro di distanza, era letteralmente un pallino lucente, e noi ci eravamo così vicini. Avremmo potuto usare i nostri poteri e sconfiggerli, saremmo stati un passo più vicini al nostro obbiettivo. Ma ovviamente le cose non vanno mai secondo i piani. Io continuai a proseguire, ma non si poté dire lo stesso di Storm. Successe tutto troppo veloce perché potessi farci qualcosa: il monaco apparve davanti al corvino, arrestando la sua corsa. Con una lancia.
Mi fermai di scatto, voltandomi verso di lui, paralizzata come una statua di pietra. 
"Storm!" urlai, gli occhi sbarrati alla visione del suo stomaco trapassato da parte a parte da una lancia. Sanguinava, troppo. Cercai il suo sguardo, era esterefatto, un rivolo di sangue scese dall'angolo della sua bocca fino al suo mento, proseguendo poi sul petto e tagliando a metà il marchio della gilda.

"Nanà..." sussurrò flebilmente, stringendo convulsivamente le mani sull'asta che entrava nel suo stomaco.
Non mi resi conto di aver afferrato l'uomo per il camice finché non sentì la stoffa strapparsi tra le mie mani.  Quel bastardo rideva, rideva come se avesse appena vinto un premio, come se la vita del mio compagno fosse solo un gioco. Glielo avrei fatto sparire a pugni, quel sorriso. 
Se il mio calcio lo avesse preso, gli avrebbe rotto le costole. Ma lui era riuscito a sparire prima dell'impatto, privando così Storm dell'unico sostegno che gli impediva di crollare a terra. Non sapevo dove fosse finito, né mi importava. Ancora meno feci caso agli uomini che ci avevano circondato, impedendoci di raggiungere la nostra area di luce. Storm era l'unica cosa che vedevo, il suo sangue che scorreva lento lungo l'asta di legno. Mi inginocchiai accanto al corvino, sdraiato su un fianco,il respiro affaticato e la pelle troppo pallida e fredda persino per lui.

"Storm, ghiacciolo, resisti" mormorai, le mani tremanti che raggiungevano l'asta per provare a spezzarla, ma mi bloccai all'istante, le mani già rosse del suo sangue. Se avessi estratto la lancia ci sarebbe stato il rischio di un emorragia, e senza poteri non ero sicura di poterla fermare. 
"Merda, merda!" mi tolsi malamente i capelli da davanti agli occhi, senza sapere cosa fare o dove mettere le mani. Il viso del corvino era spettrale, gli occhi semichiusi e la bocca rossa di sangue, stava morendo, non poteva morire, non potevo permetterlo. Sentivo gli occhi pizzicarmi, non potevo fare nulla, né per lui né contro i maghi che stavano caricando i loro attacchi, pronti a farci fuori in un sol colpo.
"Storm...non morire, per favore, non morire!" ogni singola fibra del mio corpo era scossa da tremiti incontrollabili causati dalla sola idea di non poter più sentire le sue prese in giro o i suoi consigli. Avevo ancora troppe cose da fare con lui per lasciarlo andare via.
"Nanà, n-non...non piangere" strinsi i denti, mentre la sua mano scivolosa stringeva la mia con troppa poca forza per essere davvero la stretta di Storm. Avevo pianto già troppe volte di fronte a lui, ero stata così debole che avrebbe tranquillamente potuto ridermi in faccia. Ma non lo avrebbe mai fatto, non aveva mai riso, aveva pianto con me e nonostante tutto mi aveva sempre trattata come se fossi forte, forse persino più di quanto io lo fossi in realtà.
"Non chiamarmi così." lo rimproverai, asciugandomi le lacrime dalle guance con la mano libera.
"Mi chiami Nanà... solo quando le cose si mettono davvero male" singhiozzai, guardando i suoi occhi azzurri che mi osservavano spenti, allungò una mano verso la mia guancia, un sorriso flebile sul volto cadaverico.
"Ti...sei s-sporcata tutta" rantolò, passandomi una mano insanguinata sulla guancia, peggiorando solo la situazione. Doveva smetterla di comportarsi come se stesse morendo. Come potevo mantenere la lucidità sei lui faceva così?
Nessuno sarebbe morto, non lo avrei permesso. 
"Non azzardarti a lasciarmi. Hai capito?"
"Io...Farò del mio meglio" 
Osservai la radura alle spalle dei soldati, così luminosa e traboccante di potere, così vicina e così irraggiungibile. Ognuno dei maghi ci osservava con aria trionfante, convinti di avere la vittoria in mano, convinti di potersi liberare di Fairy Tail così facilmente. Sarebbe stato un piacere ribaltare la situazione.
Fissai lo sguardo sulla mia mano, stretta in quella di Storm, e mi concentrai. Pensai a tutte le cose belle che non volevo perdere, pensai a quanto fosse stupendo essere viva e a quanto volessi tornare a casa con i miei compagni, con tutti loro. Concentrai ogni singola molecola di energia in un unico punto, sul fianco dove spiccava fiero il marchio della gilda. Il marchio che mi ricordava ogni giorno chi ero e dove era il mio posto. Non mi importava nulla di dove mi trovavo in quel momento. Non delle manette, non un incantesimo e nemmeno una stupida foresta avrebbero potuto impedirmi di sprigionare la mia magia. Era una parte di me e nulla poteva portarmela via. Sentì gli uomini che ci avevano circondati iniziare a parlottare tra di loro, potevo percepire lo stupore e la paura che si facevano spazio nell'aria.
La mia mano stava brillando, tutto il mio corpo stava brillando ma, soprattutto, il mio marchio lo stava facendo. I miei capelli presero a gravitare verso l'alto, le mie vene avevano assunto un colore dorato, emanavano luce.

 E, all'improvviso, nel male c'erano due sprazzi di bene.
Nello Yin due pallini di Yang.
Nel nero due parti di bianco.
Nel buio, due fonti di luce.

E poi, presi fuoco.

Our Time [Fairy Tail Next generation] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora