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=>Nashi

Appena ripresa conoscenza la prima cosa che avrei tanto voluto fare sarebbe stato un bel respiro a pieni polmoni, peccato che la cosa mi riuscì piuttosto male.
Sentivo le tempie pulsare e respirare mi risultava sempre più difficile. Era tutto buio, non vedevo ad un palmo dal mio naso ma sentivo i piedi penzolare nel vuoto e la schiena attaccata a qualcosa di freddo, probabilmente pietra.
Il mio peso era tenuto sospeso da delle catene che racchiudevano i miei polsi e che erano fissate alla lastra di pietra alla quale ero appesa.
Provai a muovermi e ad utilizzare la magia, ma ogni minimo movimento mi provocava fitte in tutto il corpo e stavo nuovamente perdendo lucidità a causa del poco ossigeno che mi arrivava al cervello. Poi un rumore fece scattare la mia testa verso destra, dove una porta era appena stata chiusa. Erano entrate delle persone, potevo sentire i loro passi e il rumore strascicato delle catene contro il suolo.
"Ho una sorpresa per voi" una voce roca e allegra si espanse ovunque fossimo, e quella che gli rispose fece bloccare ogni mio muscolo, smisi di ragionare mentre il mio stomaco di stringeva su sé stesso.
"Cosa diavolo blateri, bastardo" una voce calda, che conoscevo troppo bene e che mi fece tremare le mani.
E poi un altra, che mi fece venire voglia di urlare e di piangere.
"Natsu..."
"Lucy, stai dietro di me"
Mamma, papà.
Erano loro, erano lì, a meno di dieci metri da me.
Strinsi gli occhi quando una luce accecante esplose nella sala, illuminandomi e illuminando di luce riflessa tutto l'ambiente. Ma non mi guardai intorno, non riuscì a distogliere lo sguardo dalle iridi terrorizzate dei miei genitori.
"No..." sentì mia madre sussurrare, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Mio padre era come paralizzato, le labbra tremanti e gli occhi carichi di paura, paura per me.
Non riuscivo a parlare. Mi sentivo volnerabile e inutile, conciata in quella maniera.
Poi mio padre scattò, un movimento fulmineo che percepí appena ma che venne intercettato dal vecchio gobbo che li aveva introdotti nella sala insieme a sei guardie.
Sentì i polmoni stringersi nel mio petto, accartocciandosi su di loro. Un ascesso di tosse mi colse impreparata e abbassai la testa, mentre del sangue usciva dalla mia bocca. Notai solo quando rialzai la testa che le vene delle mie braccia erano di un nero scuro, quasi violaceo.
Quella visione bastò ad immobilizzare Natsu.
I pugni tremanti e uno sguardo che avrebbe potuto dare fuoco a tutto nonostante le manette che gli circondavano i polsi.
"Cosa le hai fatto?! Cosa cazzo hai fatto a mia figlia?!" sbraitò, mentre delle guardie lo tenevano fermo per le braccia. Le catene che gli legavano le gambe e le mani minacciarono di spezzarsi per la sua sola forza fisica.
Volevo tranquillizzarlo, dirgli che stavo bene e che avevo distrutto le loro armi, che li avremmo salvati tutti. Ma in quel momento sembrava un utopia la nostra salvezza. Ed era colpa mia.
"Io non le ho fatto niente. In realtà ha fatto tutto da sola" sorrise il vecchio, aveva uno strano tatuaggio, due strisce nere che gli tagliavano l'occhio in verticale. Mi sentì davvero male solo rendendomi conto del casino che avevo fatto. Non mi importava che schifezza avessi in corpo, avevo deluso la mia famiglia.
Vedevo papà tremare dalla rabbia, mentre mamma, che lo aveva raggiunto, non riusciva a distogliere lo sguardo terrorizzato da me.
Vedere la propria figlia in quelle condizioni pietose doveva davvero essere orrendo.
"M-mi dispiace..." grugní, cercando di introdurre aria nel mio corpo.
"Nashi, ti scuserai quando saremo fuori di qui" disse mio padre, lo sguardo fermo in quello del mago di hell's hunter.
"La tua figliola ha pensato bene di distruggere le nostre armi. Peccato che abbia azionato un veleno aeriforme e che ne abbia respirato buona parte. Che incosciente" scosse la testa, mentre tirava fuori dalla casacca una siringa con un liquido bianco all'interno.
"Ora, ho una proposta per voi, maghetti. Io la tiro giù e le do l'antidoto. Ma voglio voi in cambio" spalacai gli occhi, scuotendo convulsivamente la testa senza riuscire a parlare.
Cosa voleva dire che voleva loro?
I miei genitori sembravano spaventosamente coscienti di ciò che quelle parole significavano. E ciò spaventava anche me.
Non ci pensarono nemmeno un secondo, e mi venne da piangere.
"Salvala" disse papà, facendo un passo avanti mentre sentivo il mio corpo cadere a terra, non mi ressi in piedi, cadendo su un fianco. L'uomo mi raggiunse, e io non fui in grado di muovermi.
"Ricorda che è colpa tua" mi sussurrò in un orecchio, prima di infilare l'ago senza delicatezza nella mia coscia. Gemetti, sentendo i polmoni liberarsi e l'aria entrare in essi.
Era sempre stato così bello, respirare?
Venni raggiunta da mio padre, che mi mise a sedere e che mi abbracciò con tutte le sue forze. Sentì per un istante il mio cuore riempirsi, colmare il vuoto lasciato da quando li avevo persi. Tre o quattro giorni prima che però erano parsi interminabili.
Strinsi le braccia attorno al suo collo, respirando l'odore di casa, di protezione.
"Papà..." gemetti, mentre le lacrime si facevano spazio sul mio viso. Sarei potuta restare in quella posizione per sempre, se solo me lo avessero concesso.
Sentirmi strappata via dalle sue braccia fu come sentirmi strappare via una gamba. Inconsciamente sapevo che qualcosa di orrendo stava per succedere, ma mi rifiutavo di crederlo.
Mentre due uomini mi tiravano indietro io urlavo e scalciavo, avevo ripreso le forze necessarie per oppormi, e di sicuro non sarei stata buona mentre mi separavano di nuovo dai miei genitori.
Vedevo mio padre stare in piedi, guardandomi con occhi pieni di dolore. Non mosse un muscolo finché non mi ritrovai al fianco di mia madre, che mi si gettò addosso, la strinsi a me. Ma non riuscivo a godermi il momento, continuavo a guardare verso papà, e lei faceva lo stesso, pur cercando di nascondere la su palpabile preoccupazione.
"Mamma, cosa succede, cosa vogliono?" domandai, mentre con terrore seguivo i passi di mio padre che si era posto al centro della lastra dove penzolavo io fino a poco prima.
Lucy mi strinse una mano, lo sguardo fisso in quello del marito e una smorfia sul viso, un disperato tentativo di trattenere le lacrime.
"Mamma, cosa sta succedendo? Mamma!" insistetti, passando lo sguardo dai lei all'uomo che sembrava pronto ad affrontare il suo destino.
Non potevano volerli uccidere, non ci sarebbe stato bisogno di rapirli.
Che cosa volevano da loro?
Sentivo dentro di me che non era nulla di buono e che, ancora peggio, non avevo modo di impedirlo.
"Vogliono i nostri poteri, tesoro. Vogliono le nostre anime. E hanno trovato il modo per prendersele"

Our Time [Fairy Tail Next generation] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora