"Il problema è la notte, il buio, la solitudine,è tutto ciò che fa luce ai brutti pensieri, e ai ricordi che ti hanno devastata."
Mi maledì quando mi accorsi o meglio ricordai di non possedere le mie pastiglie, ne avevo lasciata qualcuna nello zaino, che sfortunatamente o puntualmente non avevo con me. Non succedeva da sei mesi o forse poco più, e in questi momenti mi rendo conto che avrei dovuto dare retta a mia madre quando mi ripeteva che ne le avrei dovuto portare con me, per evitare spiacevoli imprevisti.
Cercai di respirare e di concentrarmi su qualcosa che mi faceva stare bene, che fosse una serie, del cibo, o le persone che mi sono state sempre accanto, almeno fino adesso.
Questo era il consiglio della dottoressa Müller, mi concentrai sul suo accento un po' strano, ma non riuscì neanche questo a mettere K.O. il mio strano avvertimento di ansia.Tastai le tasche dei miei jeans, il cellulare illuminò l'ambiente circostante, la rete assente non mi avrebbe permesso di fare una chiamata, e la batteria non mi avrebbe concesso nemmeno una partita a Candy Crush Saga.
"Aprite questa dannata porta!"
Urlai, adesso in preda al panico, non avrei resistito a lungo, lo sapevo, nemmeno se
ci provassi potrei. Gli ambienti chiusi non facevano altro che stimolare vecchi ricordi che avrei voluto gettare, eliminare via definitivamente.I ricordi sono come una lama, possono essere taglienti se ti sfiorano la memoria, e possono essere incredibilmente devastanti, si ritroveranno sempre pronti a sbucare, dietro l'angolo come se non ci fosse alternativa,
neanche cercare di archiviare gli avrebbe rimossi.Chiusi gli occhi, cercando di respirare quella poca aria che rimaneva, non sapevo ormai quanto fosse passato, la cognizione del tempo non era il mio forte, ma sembrava esserci dentro da un'eternità.
"Per favore apritemi!"
Urlai, o almeno cercai di dire con un filo di voce, la voce appariva soffocata, ovattata:
come quando sei steso e riponi sulla faccia un cuscino, urlando parole incomprensibili, magari a tua madre che non fa altro che passare l'aspirapolvere alle sette di mattina, o peggio ancora quando ti urla che la cena e pronta ma la verità è che ancora il tegame deve riscaldare.Mi aggrappai a qualche mensola che forse per il peso, forse perché non era stata messa bene cadde a terra procurando un forte rumore, quasi assordante, caddi a terra scivolando sul muro sporco e mal ridotto.
Chiusi gli occhi, ancora una volta:
le mie mani sporche di sangue, i lividi intorno al collo, lividi dappertutto, le gambe molli che minacciavano di crollare da un momento all'altroRicordi.
Maledetti ricordi.
Spalancai come se mi fossi appena ustionata, e un certo senso lo ero, segnata nel profondo, nell'anima.
Come potevo fare?
Ci sono sempre state nelle mie giornate,
in quei dieci minuti o a volte anche solo un istante in qui non ci capivo più nulla, non
importava quante persone ci fossero affianco,
o quante se ne fossero andate, in qualsiasi modo mi sentivo dannatamente sola.
Nessuno avrebbe potuto fare nulla per me,
annegavo nei ricordi, cercavo un appiglio per poter riemergere da quelli squali che erano pronti ad azzannarmi, qual era la cosa da non far vedere mai a nessuno? Le ferite, proprio quelle che attirano nemici e falsi amici.
La paura di riprovare quelle sensazioni che non mi facevano dormire per mesi, notti insonne aspettando l'alba dalla camera...
La paura di non farcela più, di non poter affrontare il resto.Come potevo fare ad aiutare gli altri ad aggiustare i loro pezzi, quando ero la prima ad aver bisogno di una mano?
Un puzzle frantumato.
Tutto ciò che era rimasto di me.
La cosa terribilmente snervante, era quella di non poter parlare con nessuno, nessuno avrebbe capito come mi sentivo, nessuno avrebbe cercato di entrare nella mia testa...
Forse era proprio questa la cosa che mi faceva ancor più male, prima di qualsiasi cosa.Poggiai la testa al muro, ormai sfinita, l'aria sembrava mancarmi, come quando un pesce è fuori dall'acqua, come quando giocavo da piccola con mio cugino Marius, stando in apnea o tappare il naso con una molletta.
Com'era sadico il destino, non faceva altro che prendersi gioco di me, scrollai le spalle e sperai ancora per una volta che quella porta venisse aperta.
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REVOLUTION
רומנטיקה[STORIA IN CORSO] -POTRÀ SEMBRARE UN CLICHÉ, MA PRIMA DI GIUDICARE UNA STORIA, DOVRESTE SAPERNE TUTTO IL CONTENUTO- Un ragazzo dai capelli corvini, dagli occhi neri come la pece e la carnagione olivastra, nascondeva un segreto, un'opportunità che av...