Quella mattina, si alzò dal letto schizzando come uno zampillo d'acqua. Il sole stava lì lì per spuntare dietro due seni prosperosi di terra nera e verde vegetazione.
Lara era pervasa da quel fluido furioso in cui la immergeva la vista del sole al mattino. Era quello il momento che più amava di tutta la giornata, un inizio ancora abbozzato e pallido, dove tutto è in potenza e niente ancora in atto, un limpido orizzonte in cui qualsiasi cosa sembra possa accadere, anche l'impossibile. Lara amava, in particolare, le tiepide mattine estive. Si sedeva sul balcone a gambe incrociate e, mentre lasciava che l'aria fresca e umida sfrigolasse sulla sua pelle nuda, guardava estasiata la campagna lasciva che se ne stava distesa ed eccitata come un'anima focosa, a farsi leccare dai fragranti raggi del sole. Perdeva lo sguardo tra le fronde fertili degli alberi da frutto, lo faceva saltellare sui campi di granturco e poi lasciava che zampillasse su, oltre le colline, sopra le nuvole bianche, al di là del percepibile. Mentre i colori densi della campagna e quelli limpidi del cielo si fondevano in un nugolo di sfumature indistinte, la sua anima raccoglieva ciliegie in paradiso. Sì, volava in paradiso, lo immaginava voluttuoso come la sua campagna ma con i colori più intensi, di una vivacità quasi violenta, i profumi più decisi e pungenti di quelli terrestri e le case costruite nei tronchi degli alberi e sotto le cascate dei fiumi. Nel suo paradiso immaginario, ogni luogo era casa, ovunque potevi gettare le ossa inconsistenti dell'anima per riposare. E' così che s'immaginava i campi elisi: distese infinite di piante e fiori, campi crepitanti di api e farfalle.
Anche quella mattina trascorse qualche minuto nel suo particolarissimo paradiso, poi, a malincuore, ritornò sulla terra, con uno dei suoi balzi feroci. Fece un respiro profondo, con la bocca ancora arricciata nel fragrante sorriso del cielo e la pelle distesa e liquida, si alzò risoluta, galoppando fuori dalla stanza e ruzzolando per le scale, per scivolare in cucina, come una ninfa sinuosa e impalpabile.
Riempì di latte la sua tazza capiente, afferrò la confezione di biscotti al cioccolato che era nella credenza e si sedette, polpacci sotto il sedere, per consumare il suo pasto preferito: la colazione. Inzuppava i biscotti nel latte caldo, li mordeva con voracità, e dai suoi occhi schizzavano fiotti di piacere.
Mentre era tutta immersa in uno dei suoi più succulenti momenti di godimento, sentì il passo morbido della madre, la quale si materializzò in un attimo di fronte al suo sguardo. Era avvolta dentro la stoffa rigida di un prendisole, che la copriva fino alle ginocchia, era fatto d'un tessuto giallo, tempestato da minuscoli fiorellini verdi e rossi. I capelli, raccolti in un voluminoso fermaglio dorato, lasciavano cadere qua e là flutti di boccoli d'un castano fulgido. I sandali bianchi, con un grosso fiore di stoffa al centro, raccoglievano le dita dei piedi, dominate da unghia sinuose, rosse di smalto. Il volto, sfumato dal bronzo del sole, accoglieva una bocca rossa e carnosa, due grandi occhi verdi e il naso leggermente aquilino. Qualche sottile rughetta seguiva il sorriso dello sguardo, ricalcando la vena seducente che lo faceva palpitare di vita. Clara era una donna di trentacinque anni, ancora avvenente e raggiante di sensualità, con il fisico formoso e forte di una giumenta. Recava in una mano un cestino pieno di lamponi e more, sorrise a Lara e lo posò sul tavolo, di fronte ai suoi occhi divoranti.
"Oh! Le more selvatiche, le mie preferite! E i lamponi! Così succulenti! Sei la mamma migliore del mondo!"
Lara si avvinghiò al ventre della madre, come avrebbe potuto fare una bambina di pochi anni, ma lei, con i suoi sedici anni scolpiti addosso, recava dentro al petto il cuore fragile di una bambina e mai aveva smesso di abbracciare sua madre in quel modo infantile e invischiante. Clara, dal canto suo, sembrava nutrita da quel contatto primitivo, a cui, col tempo, aveva finito per assuefarsi, senza dare la minima importanza a quanto potesse essere disadattivo per entrambe. Stampò un bacio schioccante sulla fronte pulita e liscia della figlia, per poi staccarsi da quel contatto simbiotico e dirigersi verso i fornelli.
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ChickLitUn, due, tre stella... Eccomi, tento di fermarmi, come una statua di carne e sangue, davanti alle vostre menti voraci, torbide, ambigue. Niente di strano, anche la mia è inzaccherata di non detti, mezze verità, bugie mascherate di veridicità. La mia...