Clara

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Don Antonio se ne stava nel suo modesto bilocale, seduto al tavolo rotondo di legno, intarsiato dai vari ghirigori che negli anni si erano accumulati, intrecciandosi disordinatamente tra loro, opera delle innumerevoli disattenzioni nelle quotidiane faccende di parroci e perpetue. Una croce sbilenca, creata probabilmente dalla lama seghettata di qualche coltello, era piazzata di traverso allo sguardo del parroco, che stringeva una tazzina di caffè nella mano destra, con una presa più tenace del solito. Di tanto il tanto si portava il bordo frastagliato della tazzina sulle labbra, per sorseggiare il suo vizio nero, seguito e scia di un pranzo frugale, costituito da due fette di pane casereccio e qualche fetta della mortadella profumatissima che vendeva l'alimentari antistante la chiesa. Più del pranzo e della cena, amava quella scia nera che ne costituiva l'epilogo e, al contempo, il culmine. Sentiva il liquido inondargli la bocca e scorrere giù per la gola, gloglottando come un liquido che mormora sotto il calore del fuoco. Intanto guardava distrattamente la parete bianca e spoglia che aveva di fronte. Mancava ancora qualche sorso di piacere, nel momento in cui si sentì risucchiare da un pensiero che ormai da giorni lo teneva in ostaggio per gran parte della giornata, sequestrando tutte le sue energie psicofisiche, facendo brandelli del suo essere.

Lo fece ricascare nel momento presente il trillo stridulo del campanello.

Lasciò la tazzina nera, ancora calda e piena per metà, sul tavolo duro, coprendo in parte la croce sbilenca che aveva attratto per un po' la suo attenzione. Si alzò per andare ad aprire la porta. Gli parve quasi di trascinarsi come un superstite, un reietto senza speranza.

Si trovò di fronte la madre di Lara. Rimase imbambolato con la maniglia in mano e un'aria interrogativa appiccicata sul volto.

"Mi scusi per il disturbo, Don Antonio. Avrei voluto passare più tardi in chiesa ma tra poco meno di mezz'ora dovrò andare allo studio del dottore Giorgi e finisco di lavorare stasera tardi. Avrei urgenza di parlarle di una cosa perciò se lei potesse ascoltarmi gliene sarei davvero grata."

Don Antonio bevve le parole di Clara distrattamente, la vista della madre di Lara l'aveva fatto piombare in uno stato di inquietudine profonda. Si schiarì la voce, temendo che Clara si fosse accorta del suo turbamento.

"Buongiorno Clara, entri pure, la prego!"

Clara varcò la porta un po' timorosa, come quando entrava in una chiesa, graffiata dal timore di corrompere spazi troppo sacri. Adagiò il suo corpo sulla sedia dove il novello parroco l'aveva pregata di accomodarsi. Assunse una posa artificiosamente composta, quasi fosse un'alunna imbarazzata di fronte al proprio maestro.

Anche Don Antonio prese posto, si piazzò con la sedia di fronte alla donna, ancora un po' confuso e inquieto. Non capiva cosa potesse volergli riferire Clara e, per un attimo, si sentì attanagliato dall'insensata paura che lei potesse conoscere il desiderio proibito che aveva provato nei confronti della sua figlia adolescente.

"Mi scusi ancora per averla disturbata in quest'orario scomodo ma avevo ansia di chiacchierare un po' con lei."

Fece una breve pausa, guardandosi un po' intorno, poi riprese le maglie del discorso che aveva in mente.

"Sono un po' preoccupata per Lara, è sempre stata una bambina gioiosa e giocosa ma ultimamente mi pare di vedere nei suoi occhi un'ombra di inquietudine. Lo so che potrebbero essere ansie infondate di una madre apprensiva eppure ..."

Si fermò ancora un attimo, con la bocca semi aperta, sembrava avere qualche parola incastrata tra i denti che faceva fatica a tirare fuori.

Don Antonio notò in Clara una viva somiglianza con la figlia e questo lo portò a distogliere istintivamente lo sguardo da lei, quasi temesse di essere morso ancora dallo stesso desiderio che aveva provato per Lara.

Stava per interrompere il silenzio, nel tentativo di esorcizzare l'imbarazzo e l'inquietudine che lo stavano incalzando, ma Clara lo anticipò, spezzando quel vuoto di parole carico di adrenalinica attesa e di sordo timore.

"Insomma, io so che mia figlia viene spesso a confessarsi e questo non mi sorprende perché ha sempre avuto una ferrea fede in Dio, almeno quanta ne ho io, però non capisco proprio quali peccati le turbino l'anima tanto da indurla a confessarsi così di frequente."

Clara si interruppe, il suo sguardo frugava il volto di Don Antonio in cerca di una risposta. Lui si sentì quasi violato da quegli occhi graffianti e, distogliendo ancora una volta lo sguardo dalla donna, cominciò a parlare, non per l'esigenza di raccontare qualcosa ma per la necessità di tacere in merito a ciò che provava.

"Beh, io l'ho confessata una sola volta, lei sa bene che prima c'era Don Berardino e che mi ha lasciato le redini di questa comunità da poco meno di due settimane. Io credo, comunque, che non debba preoccuparsi troppo per sua figlia. Anche i peccati più lievi inducono nei fedeli il bisogno di confessarli a Dio, per avere l'assoluzione."

"Oh, Padre, mi scusi! Io so benissimo che non può certo parlarmi di quello che viene detto in confessione, sono venuta qui solo perché vorrei che parlasse più spesso con Lara, lei ha proprio bisogno di una guida. Non so se conosce la nostra storia familiare, non è un segreto in paese che mio marito ci ha lasciato quando Lara aveva appena sette anni. Quello che mi fa male è che la mia bambina, in quei sette anni, ha dovuto assistere a litigi furibondi tra me e Giorgio, il padre. A volte anche a violenze che non sto qui a raccontare e che spesso coinvolgevano anche lei, povera stella! Io ho cercato di fare di tutto per liberarmi di quel bastardo ubriacone e alla fine ho trovato il coraggio di denunciarlo alle autorità. Purtroppo non posso cancellare i ricordi di Lara e a volte temo che sia troppo per lei sostenere il peso di un passato così tremendo. Anche se sembra serena e, a volte, oserei dire, stoica, io sono certa che dentro porta ancora le ferite di quello che ha dovuto soffri..."

Non riuscì a continuare, le si sgretolarono in bocca le parole, il dolore che la lacerava era troppo forte, scoppiò in un pianto disperato ma composto, si coprì il volto con le mani, lasciò che le lacrime scivolassero in quella coppa di palmi e dita, ancora profumata di pomodori spaccati per mettere su il condimento per la pasta.

Don Antonio si ritrovò a commuoversi, sentì che anche qualche cellula al centro del suo petto si scioglieva in lacrime calde. Sotto l'impeto della commozione, come riverbero dell'empatia, avrebbe voluto abbracciarla ma temeva di invaderla, di importunarla, forse di corromperla, perciò rimase in silenzio per un po', senza sapere cosa fare o dire. Sapeva che nessuna parola avrebbe potuto asciugare quel dolore. La sua esperienza di parroco gli aveva insegnato che, nella gran parte dei casi, l'ascolto silenzioso è la consolazione più grande, il balsamo medicamentoso più efficace per un cuore traviato dalla sofferenza.

Dopo alcuni secondi, Clara si asciugò le lacrime con le mani, tirò su col naso e si schiarì la voce.

"Mi dispiace, a volte è dura gestire il passato anche per me. Io vorrei solo che lei sia una guida per Lara, ecco tutto. Vorrei che lei diventasse per mia figlia una sorta di mentore, capisce? Può fare questo per me e per lei?"

Don Antonio la guardò con una compassione infinita.

"Certo che posso farlo, Clara! stia tranquilla!"

Clara si congedò, scusandosi ancora una volta per il disturbo, sembrava più serena e tranquilla e questo rasserenò anche il parroco che, quando chiuse l'uscio, si gettò sulla poltrona e pensò alla storia che le aveva raccontato Clara sull'infanzia burrascosa di Lara. Ora poteva comprendere meglio il motivo della condotta perversa di quella ragazzina, la cui confessione, qualche giorno prima, lo aveva sconvolto e reso preda di istinti bestiali. In quel preciso istante, decise che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riportare Lara sulla strada di Dio. Sì, avrebbe cercato il modo di essere davvero la sua guida. Non sapeva ancora come avrebbe fatto a gestire la tentazione che temeva avrebbe ancora potuto assalirlo, ma in quel momento la priorità era aiutare una ragazza a ritrovare se stessa, d'altra parte era questo il suo dovere di pastore della comunità.

Le sue intenzioni erano pure e sincere, eppure riusciva a sentire, dietro la fragranza delle loro vesti bianche, il miasmatico alito di un desiderio morboso che stava corrompendo la sua anima, schiacciando ogni tentativo di scacciarlo via.

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