Il balcone era sfondato sulla campagna massacrata dal sole, la tenda rossa e gialla si gonfiava come una vela dispiegata, sotto la furia del vento che si addentrava nell'aria rarefatta della stanza. Tutto lo spazio era sconvolto da uno scontro furioso di atomi.
Ai piedi del letto, si ergeva la figura di una dea rea, su cui la vergogna aveva gettato un vestito di seta, troppo colorato e troppo sottile per riuscire a celare il peccato che, sotto il tessuto prezioso, brulicava come un insetto perverso. Lara aveva gli occhi chiusi, la schiena dritta, le gambe incrociate come un indiano e l'anima in comunione orgastica con il cielo. Le sue mani, colorate di sole, afferravano un foglio romito, violentato dai segni sinuosi e indecenti d'una scrittura nera d'inchiostro, era la poesia per la sua Madonna.
Lara aveva una fede vetusta e solida per la Vergine, ma non riusciva a ricordare da dove e in che modo avesse preso piede dentro il suo cuore. Era come se le si fosse infilata nell'anima nello stesso momento dalla sua nascita, manifestandosi, in tutto il suo mistero glorioso, dall'istante in cui iniziò ad avere una rudimentale consapevolezza del mondo. Da sempre, o almeno da quando il pensiero aveva cominciato a cristallizzarsi nel ricordo, la fede viveva nel sangue e nel respiro di Lara, intricata e radicata nelle sue membra. Ella guardava alle donne come a solchi arcani impregnati di sacralità. E si sentiva ella stessa una fontana da cui il divino poteva schizzare il suo sangue cristallino sul mondo.
Negli occhi di una donna, poteva vedere baluginare il mistero della Madonna, nelle pupille femminine scrutava la potenza arcana della Vergine che aveva calpestato il demonio, con i suoi bei piedi, delicati ma volitivi. E quando osservava allo specchio il proprio sguardo riflesso, si sentiva posseduta da uno strano turbamento nello scoprire che, nascosto nel fondo di quelle due feritoie, si rannicchiava l'alito di Dio. Tutte le femmine della terra erano, agli occhi di Lara, un pallido e opaco riverbero della Donna per eccellenza: l'Immacolata Concezione. E da femmina che era, custode terrestre di un frammento minuto del mistero della Madonna, Lara venerava senza posa la sua Madre Celeste.
Qualche giorno prima, in una delle sue preghiere, tutta rapita dal fluido misterioso e vischioso della fede, aveva gettato sul foglio quelle parole che scrosciavano dal centro dell'anima. Ora stringeva il foglio tra le mani, silenziosa.
Si alzò risoluta per andare a porgere la sua lode ai piedi della Vergine, nella caverna protettiva della chiesa.
La madre la vide attraversare il corridoio con gli occhi trasognati e il passo volitivo, sorrise nel vedere la sua cerbiatta irretita in quello stato di beatitudine.
"Tesoro, aspetta solo un secondo!"
Lara, trascinata sul pavimento ruvido della realtà, si girò verso la madre, piccata.
"Mamma, cosa c'è? Devo andare in chiesa."
Lo disse con un tono che lasciava ben trasparire il suo essere contrariata; guardò incuriosita la madre che apriva il primo cassetto del mobile che era all'ingresso, ne tirò fuori un oggetto di stoffa rosso che Lara non riuscì ad identificare. Scrutò lo sguardo della madre, che sembrava intriso della stessa soddisfazione che invade il mago quando tira fuori un coniglio dal cilindro.
"Questo è per te, tesoro. L'ho comprato stamattina al mercato, ho pensato subito a te quando l'ho visto: rosso, vivace e carico di energia. La signora della bancarella mi ha assicurato che è fatto di vera seta e la targhetta dentro pare dimostrarlo, in effetti. Ti piace?"
Lara guardò quel fermaglio con gli occhi di una bambina a cui viene fatto un inaspettato regalo, si lasciò risucchiare da quella sensazione semplice e genuina e si gettò con le braccia al collo della sua mamma.
"Oh mamma, ti voglio troppo bene! Mi fai delle sorprese stupende e io non credo di meritarle. A volte sono così scontrosa."
Clara, stringendo a sé quel cucciolo di ragazza, respirò il profumo zuccherino incastrato sul suo collo bianco, tenero, liscio.
"Tesoro, ma che dici! Tu meriti solo il meglio e io sono davvero contenta che ti piaccia questo fermaglio!"
Poi si staccò con delicatezza, si mise dietro di lei, insinuò le dita di entrambe le mani tra i suoi boccoli morbidi, tirando su una parte dei capelli, con quel pettine di carne e unghia. Raccolse il fiotto di boccoli nella morsa del fermaglio e la stoffa si rovesciò, voluttuosa come una macchia di sangue, sopra la chioma di Lara. La ragazzina si pose davanti allo specchio che si apriva sulla parete dell'ingresso e vide il fiocco del fermaglio scivolare giù morbido dal centro della testa. Si sentì come una dea venerata, quel maroso d'amore che la travolgeva la faceva sentire più viva che mai. Si voltò verso la madre, che la guardava estasiata, morse le mattonelle che la separavano da lei, le lasciò un baciò fuggitivo vicino alle labbra e scappò via come uno scroscio d'acqua.
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Chick-LitUn, due, tre stella... Eccomi, tento di fermarmi, come una statua di carne e sangue, davanti alle vostre menti voraci, torbide, ambigue. Niente di strano, anche la mia è inzaccherata di non detti, mezze verità, bugie mascherate di veridicità. La mia...