Dopo aver pregato, si preparò per la celebrazione della santa messa, indossò la veste liturgica e si diresse defilato sull'altare, con il peccato che gli mordeva la pelle. Guardò la chiesa, spruzzi di persone macchiavano alcuni banchi, metà dei quali erano completamente mondi. Ebbe paura di voltarsi a guardare sul primo banco a destra, dove solitamente sedeva Lara. Finì per trascorrere i primi cinque minuti tutto irretito nel timore di soccombere alla tentazione di posare lo sguardo dove non doveva. Un colpo di tosse improvviso, proveniente proprio dal punto proibito allo sguardo, ingannò la sua mente e lo costrinse a voltarsi, per una frazione di secondo che bastò a riconoscere la sagoma rosa e ambigua di Lara. Proseguì la celebrazione, sforzandosi di rimanere imperturbabile di fronte alla pesante certezza di quella presenza scomoda.
Quando arrivò il momento della comunione, sentì il desiderio folle di fuggire, le persone gli sfilavano davanti come fantasmi in processione e lui era lì, a porgere loro il Corpo di Cristo, ma ne era davvero degno? No, certo, non lo era, ora più che mai. Percepì un pizzico dentro lo stomaco quando fu il turno di Lara, lo sguardo si proiettò dritto sul suo volto verginale e, quando vide quella bocca di rosa schiudersi come un bocciolo, si sentì più immondo che mai. L'atto di infilare nella sua bocca l'ostia bianca gli sembrò un perverso rituale di iniziazione. Ma il momento più insano fu certamente quando sfiorò il labbro inferiore di lei con l'indice e ritirò immediatamente la mano, quasi come se avesse toccato una parte ben più intima del suo corpo di donna. Lara, con gli occhi chiusi e l'anima in raccoglimento per accogliere il Corpo di Cristo, non si accorse di nulla e sfilò davanti a Don Antonio, il quale, sfiancato sotto il peso della sua colpa, proseguì, con grande sforzo, il resto della celebrazione. Quando arrivò al fatidico "la messa è finita, andate in pace", si infilò in sagrestia come un ladro che aveva da nascondere in un posto sicuro un'ingente refurtiva. Si sfilò di dosso la veste sacerdotale, la gettò sulla scrivania. Uscì come una furia dalla porta che si apriva sul retro della chiesa, in un giardino piccolo ma ben curato. Lasciò cadere il suo corpo sulla panchina di legno, con le mani fece una maschera sul volto, con l'illusione di schermare e magari soffocare i pensieri che serpeggiavano viscidi dentro la sua testa. Vide Lara, col culo sopra la scrivania della sagrestia, i piedi nudi posati sulla sedia di legno, il vestitino rosa pericolosamente risalito verso l'inguine, le cosce nude e invitanti. Lo guardava con i suoi occhi languidi, mentre gli faceva la linguaccia e divaricava le gambe, mostrandogli la carne rossa del suo sesso, turgida e bagnata di un liquido copioso e vischioso. Sì portò l'indice verso la bocca, lo infilò in quel mistero rosso, avvolgendolo e succhiandolo come un lecca lecca. L'indice venne fuori, umido e tremante e raggiunse, viscido, la grotta di carne aperta fra le gambe, sfregandone l'entrata.
Don Antonio serrò la mascella, e deglutì rumorosamente, quasi volesse ingollare quell'immagine e lasciarla al meticoloso e implacabile lavorio dei succhi gastrici. Invece di svanire, l'immagine si fece più vivida e ne seguì un'altra, dove lui aveva già il volto affondato tra le cosce di Lara, mentre leccava e succhiava quella rosa di carne inzaccherata di liquido denso. Gli parve addirittura di percepire in bocca il suo sapore acre e pungente.
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ChickLitUn, due, tre stella... Eccomi, tento di fermarmi, come una statua di carne e sangue, davanti alle vostre menti voraci, torbide, ambigue. Niente di strano, anche la mia è inzaccherata di non detti, mezze verità, bugie mascherate di veridicità. La mia...