la Madonna e il serpente...

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La chiesa era una nicchia ampia, fragrante di fresco e di silenzio, scavata nel cuore del cocente desiderio umano di comunione con il Cielo; un luogo di pace, dove ritrovare le redini del cuore, dissolvere le resistenze che il peccato intesse sull'anima e abbandonare le paure che vi si incrostano sopra.

Lara sentì un brivido insolito, prima di filtrare dentro l'ampio arco dalla porta principale; una folata di vento la frustò nel momento preciso in cui varcò l'uscio. Si ritrovò scaraventata brutalmente in quel misterioso spazio che sta tra l'uomo e la divinità, un limbo che ha la consistenza fluida del sogno e la nettezza rorida della realtà. Si avvicinò timorosa all'acquasantiera e si inumidì dita e fronte di liquido benedetto, attraversò lentamente la navata centrale, assorta a scrutare il tabernacolo, colmo di Dio.

Alla sinistra dell'altare, si stagliava la statua della Madonna, lo sguardo limpido e arcano fioriva sul viso roseo, la bocca piccola era semiaperta, come volesse sputar parola da un momento all'altro, le mani giunte in preghiera stringevano il rosario bianco e dorato. I capelli, di un indefinito castano chiaro, sbucavano timorosi dal lungo velo bianco che avvolgeva l'intera figura. Una cinta di stoffa celeste le cingeva la vita divina, scendendo giù, fin quasi ai piedi, come una cascata disegnata sul marmo. E, infine, da sotto la tunica bianca come una nuvola, sbucavano due piedini d'una delicatezza disarmante, eppure erano intenti nell'eroica azione di pestare il demonio, nelle sembianze di un verde serpente, con la bocca spalancata. Lara si lasciò cadere sul primo banco, catturata dalla contemplazione della statua della Vergine Maria, stravolta come sempre da quella misteriosa visione di pura castità e seducente forza.

Era così assorta e assente che non sentì arrivare Don Antonio che, uscendo dal confessionale e vedendola lì, col volto piegato verso l'alto a contemplare la statua della Madonna, non riuscì a trattenersi dal desiderio di guardarla più da vicino. Si accostò, quasi strisciando, come il serpente che era sotto la Vergine, e cominciò a scivolare con lo sguardo sui contorni netti e sinuosi di quel nugolo pulsante di femminilità terreste. Si sentì talmente sporcato dal peccato, da percepire il desiderio di stracciarsi a morsi la pelle di dosso, per gettarla via lontano da lui, come fosse un indumento sudicio e consunto.

Con un deliberato atto di volontà, scostò lo sguardo dall'immagine troppo sensuale di Lara, per regalarlo alla Madonna e, mentre recitava a mente l'atto di dolore, sentì una voce raggiungerlo nella preghiera e strapparlo via dal suo luogo sicuro.

"Don Antonio, non l'avevo sentita arrivare. Ho portato la lode alla Vergine."

Lara mostrò il foglio che aveva tra le mani e guardò il parroco con i suoi occhi da gatta selvatica. Don Antonio cercò di ricomporre i frammenti del proprio sé per apparire il più naturale possibile.

"Ciao, Lara. Sono contento che tu sia venuta oggi. Ti prego, leggimi quello che hai scritto!"

Dicendo questo, si sedette accanto a lei, forse troppo vicino, tanto da schiacciare, sotto il peso della sua coscia, un pezzo della gonna ampia della ragazza. Lara abbassò lo sguardo sul foglio stropicciato e sudato, che aveva posato sulle gambe coperte di seta in fiore, e cominciò a leggere, senza un filo di imbarazzo né una parvenza di affettazione, stretta nella propria fede come in un corpetto che le diffondeva il respiro verso l'alto, oltre il suo fermaglio di sangue.

A Te, Madonna Celeste

E' a te, Madonna Feconda, che ho affidato i brandelli del mio cuore

Perché ne facessi schegge di vita;

E ora son qui, ubriaca di dolore,

A scrutare il Tuo Volto Celeste;

E' a te, Fertile Madonna, che parlo di desideri e speranze

Perché siano nutriti dai Tuoi Occhi Misericordiosi;

E sono qui, con l'anima ridondante d'amore,

A godere del Tuo Divino Ascolto;

E' a te, Madre Pura e Casta, che confido i peccati più neri e sporchi,

Che albergano nudi nella mia anima peccatrice,

Perché tu mi invada con il Tuo Perdono,

Spazzando via tutte queste belve che mi mordono il cuore;

E sono qui, accasciata dinanzi ai Tuoi Piedi Sacri,

A guardare il demonio che calpesti,

Insieme ai demoni che mi strisciano dentro;

Sempre a te porgo, Dolce Madre, il sangue che mi cola tra le pieghe del cuore

Perché voglio che tu ne faccia linfa ristoratrice;

E son qui, liquida e languida,

a cercare la Luce che gronda generosa dalle Tue Mani Pure;

Ho voluto che tu, Regina Sacra, custodissi la mia anima sanguinante

E come un unguento prezioso il Tuo Amore è sopraggiunto a guarirla;

Sono qui ora, umile e strisciante,

A succhiare la manna che sgorga dai Tuoi Piedi Divini

Lode, Onore e Gloria a Te, Madre di Infinita Misericordia.

Don Antonio ascoltò, con l'attenzione che fluttuava tra la melodia seducente della voce di Lara e il significato delle parole che pronunciava, incastrato tra il turbamento che le provocava la vicinanza di quella piccola donna e la confusione che evocava in lui il tono languido e peccaminoso della sua voce. Rimase lì, strascinato sotto la carne da quel mescolio di sentimenti che andavano ad intricarsi con la percezione vivida e abbacinante del profumo di Lara, che sapeva di terra e di sangue, di ortensia e di pioggia. Rimase molto tempo in silenzio, troppo tempo, tanto che la ragazza percepì uno strano imbarazzo, bagnato di timore.

"Non le piace, Don Antonio?"

Il parroco si perse nei suoi occhi di opale, e vide le pupille tremare nel mare verde dell'iride, mentre la bocca sanguigna si schiudeva piano, per lasciare intravedere una parte di incisivi bianchi e splendenti, posti sopra un pozzo scuro, in cui affogò i suoi pensieri morbosi. Risalì faticosamente la china dei sentimenti, per riprendere una parvenza di controllo di sé.

"Ma ... ma che dici, Lara! E' davvero molto bella! Posala pure ai piedi della Madonna! Lei sarà contenta di questo dono che le fai."

Lara si voltò verso la Vergine, si alzò lentamente e si accorse che un pezzo della sua gonna era incastrato sotto la coscia del prete.

Don Antonio si sentì esageratamente imbarazzato, come se quel pezzo di stoffa fosse il corpo intero di quella ragazzina e lui ci fosse caduto sopra con il proprio corpo, che portava tutto il peso del peccato. Arrossì in modo vistoso, si alzò come una molla dalla panca e vomitò dalla bocca un verso rauco, che recava l'impronta sbiadita di un urlo di dolore, mentre gli occhi si spalancavano sul terrore.

"Scusami, Lara. Ora devo proprio scappare, ho un impegno urgente! A presto!"

Mentre parlava, già si avviava verso la sagrestia come se qualcuno gli mordesse i calcagni. Lara si sentì confusa e stranita da quel comportamento assurdo, rimase in piedi con lo sguardo fisso sulla sagoma nera del prete che si allontanava sempre di più, fino a svanire dietro la porta della sagrestia.

Non riusciva a spiegarsi in nessun modo il comportamento bizzarro di Don Antonio e si sentiva quasi offesa dalla sua fuga. Scrollò le spalle, si voltò, incamminandosi verso la statua della Vergine, sotto i suoi piedi e sotto il demonio posò il foglio sudato di vita e di peccato che, ripiegato in due, mesceva dentro di sé le parole della lode in segni scomposti e indecifrabili. Poi, ritornò a sedersi sulla panca e si fece cullare dall'Ave Maria, che fluiva magmatica nelle sue membra, per nutrire la sua anima e mondarla dal peccato.

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