Giochi d'amore

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Il sole e la calura affogavano la campagna di Sant'Eusanio, le piante parevano accasciarsi sotto il peso dell'afa ma l'erba, come tutta la vegetazione, non era secca. L'acqua limpida del fiume Volturno, che scrosciava ovunque nei suoi cunicoli melmosi, nutriva e abbeverava ogni più minuta creatura verde.

Lara camminava leggera verso l'incontro con Edoardo, il compagno di giochi della sua infanzia. Si sarebbero trovati nella loro "casetta" di bambini, un piccolo rudere col tetto mezzo rotto dove erano cresciuti, viziando la loro anima con giochi sciocchi che, crescendo, erano diventati pericolosi, per le implicazioni sessuali che andavano gradualmente acquisendo.

A tredici anni Lara, per gioco, aveva voluto vedere il "gioiellino" che Edoardo si portava in mezzo alle gambe e lo aveva accarezzato per sentirne la consistenza che diventava, sotto le carezze, sempre più dura e compatta. Edoardo, per suo conto, aveva voluto scrutare meglio la "farfallina" che le bambine avevano al posto del gioiello.

A quel giorno, seguì tutta una serie di giochetti strani e divertenti che portarono i due bambini a fare sesso a soli quattordici anni, catturati da una voglia brulicante che non riuscivano né a comprendere né, tantomeno, a dominare. E così avevano abbandonato giochi più fanciulleschi e puliti, per dedicarsi a quello strano modo di incastrarsi che recava un solleticante piacere ad entrambi. Crescendo, avevano anche compreso, come prima intuivano, che era sbagliato giocare in quel modo, tuttavia, era troppo tardi per tornare indietro perché l'abitudine di darsi piacere si era ormai cristallizzata nella dura pietra del vizio. E così, lontano da occhi indiscreti e giudicanti, nel loro fantastico rudere, si appiccicavano in quell'incastro misterioso, senza vestiti né divieti, senza pensieri né sensi di colpa. Se solo Lara avesse avuto almeno un'amichetta, forse non sarebbe cascata in quel circolo vizioso. Purtroppo, le ragazzine della sua età che vivevano nella piccola frazione di Sant'Eusanio erano poche e, quelle poche, erano odiose, troppo composte e viziate secondo il giudizio di Lara, la quale era un'anima selvatica che non conosceva affettazione. A lei piaceva saltare nelle pozzanghere, rotolarsi sull'erba, fare il bagno nel fiume schiamazzando, arrampicarsi sugli alberi per fare scorpacciate di ciliegie e immergersi in attività di questo genere. Per questo motivo, Edoardo era il suo amico ideale, selvatico e genuino come lei.

Appena la vide entrare nel capanno, col suo vestito rosso, troppo corto e decisamente troppo scollacciato, Edoardo afferrò Lara per il braccio, con veemenza, e la strinse a sé, mettendosi dietro di lei e iniziando a frugare sotto il suo vestitino, senza pudore. Lei rideva di gusto, arricciando il naso come faceva quand'era divertita e lasciando che il suo sorriso scavasse una fossetta sulla guancia destra, una specie di incisione a mezza luna. Era senza mutande e senza reggiseno, come la voleva lui, nuda sotto i suoi vestitini succinti.

Edoardo la girò di scatto, per prenderle le gambe e tirarla a sé, appoggiandola al muro. Lara, dopo aver sputato un gemito di sorpresa, fu subito invasa dal piacere folle che provava nel sentirsi riempita di uomo. Mentre Edoardo le mordeva e le baciava i seni, le sue grida e i suoi gemiti si diffondevano in onde fluttuanti, dispiegandosi nell'aria tiepida del rudere. Un raggio di sole, filtrando insidioso tra le tegole del tetto sgangherato, le sferzava gli occhi. Pareva una dea peccaminosa sprofondata nelle sabbie mobili della perdizione ma era solo una bambina incosciente e golosa, un'anima cocente, avvilita dalla libidine..

Dopo aver soddisfatto la lussuria, Edoardo e Lara si trastullarono sulle vibrazioni del piacere, facendo una passeggiata lungo i sentieri sterrati della campagna, sazi e svuotati d'ogni goccia di desiderio sessuale. Lei avanzava nel suo passo scivoloso, quasi strisciando, lui la seguiva a qualche passo di distanza, posando distrattamente lo sguardo sulle natiche formose della compagna di giochi perversi.

Quando Lara cominciò a canticchiare una delle canzoni sconce che conosceva, ripescata a caso nel repertorio ben fornito della memoria, Edoardo scompose l'anima in una cascata di risate. Poi, si accostò alle spalle dell'amica, la tirò per i capelli e afferrò quelle labbra succulente con la sua bocca, incastrandole in una bacio più simile ad un morso bestiale. A Lara piaceva quella rudezza maleducata, le piaceva essere afferrata senza complimenti, le piaceva essere sorpresa dalla violenza birichina di Edoardo. Tuttavia, non poteva resistere alla delicatezza struggente delle carezze di Fulvio.

Si cullò al pensiero che avrebbe passato la sera con lui, in qualche fratta del paese.

Fulvio aveva 17 anni ed era d'una bellezza inquieta, tutto selvatico e scapigliato, non più bambino e non ancora uomo. Le invase la mente il ricordo della frazione di secondo in cui, ammanettata agli effluvi succulenti di una fragrante notte estiva, aveva deciso di sedurlo. L'aveva visto camminare tutto solo per le strade affollate del paesino in festa, quando sentì un formicolio nascere tra le gambe e invadere tutti i sensi. Non seppe resistere alla tentazione.

"Fulvio, ciao! vieni a fare una passeggiata con me!"

Gli prese la mano e se lo trascinò, attraversando, fluida e bollente come la fiamma di una torcia in movimento, il campo ubriaco dei rumori della festa. Le casse fracassanti delle giostre sputavano ovunque le ultime follie della disco-music, le urla eccitate dei ragazzini si appiccicavano alle luci psichedeliche, tutto intorno regnava una confusione invadente, alienante.

Fulvio si lasciò trascinare inerme, senza dire mezza parola, incredulo e incapace di reagire. Guardava Lara che camminava di fianco a lui, risoluta e volitiva. Osservava i petali rossi delle labbra, piegati in un sorriso folle; seguiva il movimento furioso dei capelli che danzavano scomposti sulle spalle; abbarbicava lo sguardo lascivo sul capezzolo che faceva capolino dalla scollatura della camicetta gialla. Era ammaliato ed eccitato, quando arrivarono al campo dove erano accampate le roulotte dei gitani. Tentò di protestare con un incomprensibile mugolio, vedendo Lara infilarsi in una di quelle roulotte, ma lei affogò il suo mugolo in un bacio. Poi, gli prese la mano, per infilarsela sotto la camicetta, lasciando il ragazzino sorpreso ed estremamente eccitato. Si spogliarono con foga e lei si gettò sul letto, nuda e vogliosa, invitandolo a stendersi su di lei.

Fulvio era diverso da Edoardo, da Remo e da Pietro, al di là delle differenze puramente anatomiche, ognuno aveva il proprio modo di fare l'amore. Di Fulvio amò da subito il modo dolce e intenso che aveva di baciarla e la delicatezza con cui la penetrava, scivolando dentro di lei con movimenti sinuosi e profondi. Quando faceva l'amore con lui, l'orgasmo arrivava lentamente ma era di un'intensità pungente, che la lasciava per molti minuti spossata e priva di energie, immersa nelle acque del suo limbo, confusa e gioiosa, quasi drogata.

Mentre era chiusa a chiave nella stanza viziosa dei suoi ricordi libidinosi, la voce di Edoardo la richiamò alla realtà.

"Gioia! Ci vediamo domani alla stessa ora?"

Il sole era in procinto di immergersi tra le colline e Lara, come sempre, era stordita dagli ultimi sprazzi languidi del sole che rendevano torbidi il suo sguardo e la sua anima, affogandoli in un torpore che sapeva di morte.

Si voltò verso l'amico, fece sì con la testa, gli stampò un bacio sulla guancia e volò via come una colomba rossa, ridendo fragorosamente e alzandosi la gonna per mostrare le natiche ad Edoardo, che rimase a guardare incantato quelle due curve di carne che rimbalzavano davanti alle sue pupille madide di desiderio.


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