Salto temporale

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Tredici anni dopo

"Come faccio a spiegare cosa ho provato in quel momento? La morte è una piaga che ti piomba addosso e trasfigura tutto. E' lebbra. Ho provato morte, è un'emozione più forte del dolore, più lancinante della tristezza, più fredda dell'angoscia, più trasfigurante di qualsiasi altra emozione. La morte è molto simile ad un iceberg che ti invade l'anima, e non riesci neppure a vomitare il sangue che schizza da dentro perché diventa immediatamente ghiaccio e rimane lì a soffocarti. La morte è un vuoto terrifico che ti mangia la carne e io per molti giorni mi sentii scarnificata. Giovanni si era schiantato con l'auto contro un albero e io mi ero schiantata con l'anima contro la morte."

Le parole di Lara saturavano l'aria del piccolo salottino arredato in stile etnico, riverberava nell'ambiente la luce tiepida di un tramonto settembrino, carico della malinconia di fine estate. Eva rimase a guardarla con gli occhi alluvionati di lacrime.

La figlia di Lara non conservava più la leggerezza dell'infanzia, ma neppure aveva sulle spalle il fardello dell'adolescenza, era una sorta di ibrido che ristagnava in un pantano insipido, rimanendo in attesa di una qualche evoluzione. Addosso a lei tutto era trepidante attesa: il viso tondo e gentile, con gli occhi color nocciola, aspettava una più attraente fioritura; i capelli, selvatici come quelli di sua madre, le invadevano la fronte e le spalle ed erano incastrati in boccoli lenti, ancora poco definiti; il corpo era corrotto da forme appena abbozzate.

Eva era seduta su uno dei cuscini fioriti di rosso che sbocciavano sul tappeto color porpora, tagliato per tutta la superficie da sinuosi motivi decorativi bianchi. Lara sedeva composta sul divano: una donna che sfiorava la trentina con i suoi capricci ancora fulgidi di sole che ruzzolavano giù per la testa, il viso illuminato da una bellezza disarmante e consapevole, il corpo sempre snello e tonico. Tutto in Lara era passione e voglia, nonostante tutto, ed ella camminava sul mondo come una freccia puntata sull'universo, fiera ma non superba, determinata ma non spavalda, resistente ed elegante.

"Come hai fatto a sopravvivere, mamma? Come hai fatto a sostenere la vita dopo la morte? Come ... come è possibile? Dove hai trovato il coraggio?"

"Per la morte di una persona che ami non esistono cure, è un vuoto che rimane, un buco sull'anima. Ma la vita è spudorata, invincibile, inossidabile. La vita vince sempre e vince sempre anche l'amore. Non credere a chi ti dice che si può amare una sola persona nella vita, è una grossa corbelleria. L'amore è una qualità dell'anima e l'anima non è legata a limiti di sorta, perciò si può amare più di una persona, ma ogni passione è unica e diversa."

La voce di Lara aveva assunto note e tonalità molto diverse da quelle di un tempo: il tono melodioso e non più interrotto da bruschi picchi, il ritmo calmo e regolare, la pronuncia limpida e scandita fino all'ultimo suono di ogni parola. Lara non era più la bambina volubile, fragile e instabile di un tempo, le esperienze di quei quasi tredici anni di vita l'avevano cambiata profondamente, era sbucata fuori dal bozzolo friabile di dubbi e incertezze, meravigliosa farfalla. Ora volava sul mondo senza paura, florida e resistente, nelle sue ali colorate. Adesso il bruco in via di trasformazione era sua figlia, che le stava di fronte con la testa incatenata al passato.

Eva stava ancora metabolizzando le parole che aveva appena ascoltato e cercava di incastonarle nella propria realtà, dove l'amore aveva ancora sfumature banali e banalizzanti. Così, invischiata nell'umiltà della sua età, decise di voler essere informata su dettagli più "pratici".

"Mamma, insomma, come sono andate le cose dopo?"

Lara la guardava con occhi carichi d'amore, ripensando a quando sua figlia era solo un fantasma scolpito dallo scalpello della sua immaginazione vivida. Sorrise, divertita dalla vaghezza che vedeva nello sguardo di Eva, perso in chissà quale pensiero. Poi, rassegnata a soccombere alle sue domande avide, volse lo sguardo in alto a sinistra e annegò nelle maglie brumose passato.

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