ardentemente viva

256 48 36
                                    


Lara arrivò sotto il suo salice lacrimante, si lasciò accarezzare la testa da quei rami sottili e solo apparentemente fragili, sedette sulla terra umida che ricopriva le radici volitive e rimase ad aspettarlo. Nell'attesa, riempì il tempo recitando alla cascata una delle sue poesie preferite, di Neruda.

"Rotolando a goccioloni lenti, a gocce come denti, a densi goccioloni di marmellata e sangue, rotolando a goccioloni, cade l'acqua come una spada in gocce, come un tagliente fiume vitreo, cade morendo ..."

Si interruppe, raggiunta da un crepitio di foglie e rametti calpestati che la invitò a voltarsi, era lui. Corse ad abbracciarlo, succhiando il profumo maschile che bagnava il suo collo taurino.

"Sei cattivo Giò! Devi essere puntuale!"

Giovanni la afferrò per le gambe, sollevandola e appiccicandosela addosso, si avvicinò all'acqua corrente e fece per buttarla nel fiumiciattolo. Lara rise fragorosamente.

"No, Giò , non farlo! Non mi lasciare, l'acqua è gelida!"

"Allora mi perdoni?"

"A te perdonerei un omicidio per motivi abietti, per dirla come Bud Spencer."

Giovanni la mise a terra e si sedette accanto a lei, lungo le sponde di quel luogo d'amore e pace.

"Ascolta, farfallina, io devo andare via."

Lara lo guardò piccata e confusa.

"Ma che cavolo stai dicendo? Dove devi andare? Sei pazzo, Giò? Tu devi stare con me!"

A queste parole, afferrò il collo della maglietta beige del ragazzo, si fiondò con la propria bocca a ridosso di quella di lui, fermandosi sulle soglie di un bacio, in un luogo misterioso e caldo di aneliti. Giovanni stava lì a respirare la sua dea, con uno sguardo sereno e imperturbabile.

"Mi dispiace, farfallina, ti amo, ma non posso più restare. Abbi cura di te e vedrai che andrà tutto bene. Io farò in modo che vada tutto per il meglio."

Giovanni rubò un bacio alla sua donna e sparì come un'ombra evanescente. Lara si sentì invasa da un dolore violento, esplose in un urlo e si trovò seduta sul letto, tra le lenzuola madide di sudore e sofferenza. Clara accorse nella sua stanza, atterrò su di lei veloce e si incatenò al suo corpicino emaciato e stanco. Lara parlò, dopo otto giorni di totale mutismo.

"Ti prego, mamma, non mi lasciare! Resta con me, non te ne andare!"

La sua voce aveva la preghiera intricata in ogni suono, la sofferenza abbarbicata in ogni gemito. Clara si allungò dietro di lei, accogliendola nella culla calda delle sue braccia e accarezzandole il viso bagnato di sudore e lacrime.

"L'uccellino quando imbruma mette il capo sotto l'ala, fa un batuffolo di piuma e s'addorme sulla rama. Ninna in su, ninna in giù. Egli ha il vento che lo frulla tu la mamma che ti culla, egli ha il vento che l'infrange tu la mamma che ti piange. Ninna in su, ninna in giù. Egli ha il vento che lo frulla tu la mamma che ti culla egli ha il vento che lo schianta tu la mamma che ti canta. Dormi amor, amor amor ...."

Erano le rime semplici di una ninna nanna senese quelle che gonfiavano la bocca di Clara, le aveva imparate da suo padre, che proveniva da un piccolo paesino delle campagne senesi, e le aveva intonate a sua figlia da quando era un fagotto appena sbocciato alla vita. Le parole ridenti di quella ninna nanna arrivavano da un passato lontano, come qualcosa di brumoso e sbiadito, ma nella bocca di Clara si incarnavano in una realtà più attuale che mai. Nello scontro atomico tra passato e presente, Lara sentì il suo baccello di sofferenza spaccarsi con un tonfo silenzioso. Esplose in un pianto incontenibile e sano che recava, insieme ai germi purulenti del dolore, i semi color indaco della speranza. In una frazione di secondo, percepì il fluido magmatico della vita traboccare sul terreno lacerato e instabile del presente, per colare inesorabilmente verso il futuro. Era viva, irrefutabilmente viva, ardentemente viva.


More SelvaticheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora