(MIA)mi?!

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Il sole coceva alto nel cielo, come gettato sulle stringhe dell'universo da una forza arcana, a vomitare raggi pulsanti sulla volta della terra, ad illuminare la notte che tutti gli esseri umani, indistintamente, si portano nell'anima come un buco nero che tutto vorrebbe ingurgitare, pure la vita stessa. La notte di Lara, ora, aveva un nome e pure un cognome: Giovanni Fontana.

Strascicava i piedi sull'acciottolato che attraversava la campagna, mentre il cuore pullulava di desideri, intricati tra loro come una massa di serpenti striscianti. Aveva infilato frettolosamente una gonnellina bianca a balze che le copriva appena il sesso e sopra aveva messo una delle sue fasce nere, che aveva giusto la stoffa necessaria a formare una maschera sottile sui seni, i cui capezzoli parevano voler bucare il tessuto per tuffarsi sul mondo. Le sue corde vocali non vibravano sotto le note sconce delle solite canzonette, eppure un urlo sottile forava gli occhi, per schizzare folle tra i sentieri della campagna. Un urlo simile ad un bisbiglio voluttuoso che piegava l'aria e si infilava frettoloso giù per la cascata, nel posto dove Lara aveva contratto la sua funesta malattia. L'anelito era già là e la ragazza lo seguiva come ipnotizzata, il pancino frustato dal sole e dal vento, i passi lunghi, lesti, ansiosi.

Finalmente si trovò di fronte la sua cascata furiosa, rigurgito limpido della sacra terra. Con movimenti languidi, le mani liberarono i pochi angoli di pelle ancora celati da stracci di vergogna. Nuda e beata, si infilò tra le braccia liquide del suo lubrico amante, il fiume. Mentre gli occhi le si inumidivano di eccitazione, ecco sbucare tra i cespugli Giovanni, le gambe strette in un jeans slavato, pettorali e addominali infilati in un budello di cotone bianco. Lara lo scrutava, traviata dalla voglia bizzarra di grattare su quella pelle tinta di sole, per scoprire il mistero che si nascondeva sotto. Si chiese quali altri curiosi e osceni desideri invocasse l'Amore, racchiuso dentro la nicchia che scava nell'anima delle proprie prede.

Intanto, Giovanni si era già liberato degli indumenti, senza grazia e, con un sorriso strafottente appiccicato sul volto e due occhi tronfi, camminava verso di lei, esposto allo sguardo liquido di Lara. Si fermò a pochi centimetri dal suo corpo, fissandola senza dire una parola né sfiorarla in alcun modo. L'acqua lo copriva fino a metà dell'addome scolpito. Rimasero qualche secondo ad affogarsi a vicenda uno nello sguardo dall'altra, quello di Giovanni fiero e feroce, quello di Lara languido e selvatico, lui un lupo affamato, lei una cerbiatta sessuosa. Eppure, contro ogni previsione che potesse esser fatta ad osservare i loro occhi, fu la cerbiatta a fare il primo passo. Si tirò su un po', sottraendo al fiume una certa dose della sua carne, e sfondando con un bacio la pellicola brumosa che la divideva dal lupo. Fu il preludio di una cascata sempre più scrosciante e violenta di carezze, morsi baci e altri baci, un rimestio farraginoso di tocchi sempre più profondi. Il profumo di Lara andava ad accumularsi come un fumo compatto nelle narici di Giovanni, che lo sniffava con cupidigia; sapeva di ortensia e di follia, di acqua selvatica e di capricci. Giovanni agguantò i glutei scivolosi di Lara. Cosa sono le mani di un uomo quando afferrano, scivolano, premono, scavano la pelle? Cosa sono i palmi che accolgono la carne, le dita che avvolgono, i polpastrelli che spingono? Tutto lì, in quelle bocche affamate di contatto, trova dimora la brama di prendere e possedere. E così, aiutato da quei tentacoli avidi, tenendo Lara saldamente ancorata al suo tronco, avvinghiata alla sua carne, si avviò versò la riva e, inginocchiandosi, la fece sdraiare sul letto d'erba. Sistemò gli avambracci come una cornice vicino al volto di Lara, avvicinandosi alla sua bocca per baciarla. Esitò, bevve l'odore zuccherino del suo respiro. Rimase a ridosso di quell'orifizio peccaminoso e, improvviso e rude, si ficcò nella carne di Lara, con l'urgenza colpevole di chi lega ogni azione all'ambizione del possesso. La riempì senza darle il tempo di abituarsi a quel contatto, facendo scaturire dal suo petto un sussulto che fiorì sulla bocca come un lamento. Un lamento acuto e sferzante che, a potergli dar forma, sarebbe stato come sangue rosso che sgorga da una ferita. Si fermò dentro di lei, mentre affondava il muso nella massa boccolosa di quei fili scarmigliati e bizzosi, annidava la lingua sulla pelle sottile del collo, facendo riposare le labbra sopra l'aorta che pulsava forte. Bocca, labbra, lingua, connubio divorante, trio sinfonico di melodie carnali. Ritornò alla bocca, morbida, rossa, calda e, mentre la massacrava di baci, si muoveva dentro di lei, penetrandola con intensità. Un rivolo di gemiti, ora lievi, ora acuti, sgorgava dalla bocca di Lara, mescendosi con il bruire folle della cascata, incastrandosi tra i rami dei cespugli, dei pioppi e dei salici, per poi scivolare sulle lacrime verdi e affogare nell'acqua.

Dopo aver consumato l'amore, rimasero riversi nudi sulla riva erbosa, con le ginocchia e l'anima intricate. Quando i loro battiti cominciavano a riprendere la naturale regolarità, Giovanni vomitò sui capelli di Lara un sospiro profondissimo, preludio ad una bizzarra e pretensiosa dichiarazione di possesso.

"Ho deciso che devi essere mia. Ovviamente questo vuol dire che devi dimenticarti di qualsiasi altro uomo."

Fece un pausa, con la mano destra afferrò il mento di Lara, costringendola a guardarlo negli occhi e, poi, proseguì con tono perentorio.

"Da oggi esisto solo io! E' chiaro?"

Quelle parole avide e dure si riversarono sull'anima di Lara, inaspettate, violente, come una grandinata d'estate. Sgretolarono anche l'ultimo baluardo che si parava contro quell'uragano che stava per divellere dal suo cuore ogni certezza. Frugò nella sua anima, come una bimba potrebbe rovistare nella sua cesta dei giochi, in cerca di una risposta che, certamente, non doveva essere la più giusta e nemmeno la più sensata. No, né giusta né sana né sensata, doveva solo essere, evidentemente, la più vera.

"Va bene, ma solo se mi prendi ancora, adesso!"

Si rovesciò su di lui come una ricca fronda di ciliegie, infilandosi, nell'anima gocciolante, la carne già turgida del suo amante. Lo sguardo di Giovanni, viscido d'eccitazione, scivolò sul volto di Lara, infilandosi in quella feritoia rossa e bianca che vi si apriva, pozzo di desideri. Ne fuoriuscì, ebbro, per ruzzolare giù, temporeggiando sull'ombelico, seducente nel suo nodo carnoso, e cincischiando sopra il cespuglio castano e folto, dove si apriva l'orifizio rosso che risucchiava, insieme alla sua carne, pure la sua volontà.

Quando sciolse i nodi dell'eccitazione, Lara schizzò in un orgasmo in cui le sembrò di svanire per sempre. Ebbe così paura di perdersi e di perderlo che sputò lacrime cocenti sopra il petto del suo amante, sgretolandosi su di lui, come vinta da una forza bruta. Giovanni la avvolse in un cappio di braccia e di speranza.

Si salutarono sotto le fronde lacrimanti dei salici. Il tramonto bussava ansioso alle porte del giorno, lurido di un'afa tanto densa che si poteva tagliare. La sera sopraggiungeva incalzante, riversandosi sulla campagna come una peste che tutto ricopriva d'un alito sempre più cupo. L'Amore, riottoso di fronte ad ogni tipo di limite imposto dal tempo, nutriva se stesso sulle soglie della sera che arrivava impaziente.

Lara fu richiamata all'ordine temporale dal pensiero della madre che l'attendeva trepidante per la cena, quindi si staccò da Giovanni furiosamente, imponendo una regola al desiderio, che si avvolse come una serpe tra le sue spire. Scappò via, per soppiantare quella voglia matta di restare ad oltranza che le incatenava le gambe. 

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