Ritorno al peccato...

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Nella sagrestia, l'aria fresca e corrotta dall'odore acre dell'incenso non aveva dato sollievo a Don Antonio, che era crollato su una sedia, come una friabile montagna calcarea sfinita sotto la violenza silenziosa dell'acqua e del vento. Era stordito e fradicio di emozioni convulse che a tratti lo spaventavano, in altri momenti lo sbattevano sul terreno gelido della rassegnazione. Proprio quando pensava di essere riuscito a cavalcare il turbinio di sentimenti violenti che la presenza di quella ragazzina evocava in lui, si sentì imprigionato di nuovo nella ragnatela delle proprie passioni. Era stanco di lottare, forse doveva semplicemente rassegnarsi a convivere con quelle tentazioni che gli dilaniavano l'anima. Magari avrebbe dovuto semplicemente inglobarle nella propria realtà, sentire i loro tentacoli viscidi che lo svegliavano la mattina, udire i sorrisi osceni di quelle bestie mentre consumava i suoi pasti modesti, abituarsi all'odore sessuale che si insinuava violento nelle sue narici mentre recitava le sacre scritture. Il mese appena trascorso era stato il più lungo e faticoso della sua vita, ma gli era servito per capire che la sua carne, fragile e malconcia, era sostenuta da uno spirito rinvigorito dal tessuto duro che lo avviluppava: la fede. Ma come avrebbe fatto a non soccombere a quell'attacco costante e insidioso? Che razza di vita sarebbe stata la sua, tutta invischiata dall'ossessione del peccato? Come avrebbe potuto operare il bene, con quella fiacchezza che gli sfondava l'anima e la carne? Queste domande si affollavano nella sua mente come barboni affamati che elemosinano un po' di cibo, e lui si sentiva vuoto come un magazzino senza più scorte alimentari da offrire. Gli sembrava di soffocare sotto quella calca affamata di risposte e non riusciva a vedere una via d'uscita. Si sentiva simile ad un prigioniero a cui rimangono pochi minuti prima dell'iniezione letale: un guscio svuotato da qualsiasi speranza e brulicante di angosce di morte. Purtroppo, a consolarlo, non trovava l'aspettativa della fine, che reca in sé almeno uno schizzo di sollievo. Attraversarono la sua mente le lunghe chiacchierate con Frate Lorenzo, i caparbi tentativi del monaco di insinuare nel suo cuore il seme della fiducia, i bicchieri di vinsanto che gli offriva, insieme al suo sorriso genuino. Per schiacciare i peccati sotto la fatica, aveva pure deciso di aiutare l'amico e confidente nella cura dell'orto del convento, e si era sentito davvero più sollevato la sera, dopo il duro lavoro. Percepiva la stanchezza fisica prevalere su ogni tipo d'emozione o desiderio. Le immagini peccaminose, che sfondavano le porte della mente contro la sua volontà, andavano gradualmente scomparendo sotto i colpi della fatica. Aveva sperimentato la possibilità di rinascere più forte che mai dalle ceneri del proprio essere, aveva percepito l'odore terrigno di una vita tutta nuova, più dignitosa e operosa che mai. Si era davvero illuso d'essersi liberato dalla propria ossessione, d'essersi disintossicato dall'odore di pioggia e pesca che emanava la pelle di Lara. E invece eccolo lì, ancora piegato sotto il peso dei propri desideri libidinosi, più inconsistente e debole che mai, l'ombra di un uomo, un prete fottuto da se stesso. Affondò il volto dentro le mani, e sputò sui palmi un respiro di rassegnazione. Poi utilizzò l'unica arma che aveva per cercare di liberarsi dal peccato che gli rifiatava addosso il suo alito fetido: la preghiera.

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