Quando tornò a casa, Lara non riuscì a nascondere alla madre le sue ferite, disegnate col sangue sulle ginocchia e sugli stinchi. Soccombendo sotto i colpi decisi della preoccupazione materna, Lara dovette sedersi sulla sedia che la madre le aveva letteralmente infilato sotto il sedere, impaziente com'era di medicarla, con una generosa colata di acqua ossigenata e un'onda copiosa di affetto. Non senza piacere, Lara si abbandonò alle apprensive cure materne e si lasciò coccolare come una bambina, inerme sotto la folla smaniosa di baci e carezze che la madre le rovesciava addosso, insieme ad una serie di domande che volevano indagare le circostanze della caduta.
"Tesoro, ma come hai fatto a farti queste ferite e questi lividi? E la camicetta?"
Lara non poteva fingere di non sentire, quindi disse semplicemente una banale bugia, impastata con una parvenza di verità.
"Correvo verso la cascata, impaziente di raccogliere le more, e sono inciampata sulle radici di un albero."
Clara sembrò parzialmente soddisfatta dalla risposta e continuò a medicare scrupolosamente le ferite sanguinolente.
Intanto, Lara guardava il cestino di vimini posato sul tavolo e si sentì esattamente come quel contenitore di fili intrecciati, pullulante di nutrimento che le pareva potesse addirittura assumere dentro di sé lo stesso colore rossastro e intenso delle more. Inaspettatamente, si scomposero in una risata i lineamenti lisci e delicati del suo volto, e iniziò a raccontare alla madre la storia degli scienziati e del nome ridicolo che avevano appioppato alle more selvatiche. Clara rise di gusto, seguendo la figlia nei suoi pensieri divertiti, poi la cinse in un abbraccio lieve, come un nastro legato lento attorno ad una pergamena avvolta a spirale. L'anima di Lara leccò il fluido amoroso che si dipanava dall'abbraccio, con lo stesso gusto e piacere che il palato può provare succhiando il liquido copioso di una mora. Districandosi piano dal contatto affettuoso, guardò la madre con due occhietti carichi di sonno e di amore. Quella sera, niente cena e niente passeggiata, aveva fatto una scorpacciata di emozioni e ora aveva bisogno di dormire.
Clara osservò la figlia mentre imboccava la volta delle scale, e fu in quel momento, quando lei si voltò per darle la buonanotte, che vide nei suoi occhi una luce ancora più densa di quella che aveva notato il giorno prima durante la cena. La guardò sparire dietro al sibilo dei suoi passi felpati che scorrevano su per le scale, e fu presa da una strana inquietudine, nel constatare che la sua bambina era ormai una donna. Non poteva che accettare questo fatto, senza però poter evitare di essere catturata da un insano e vano desiderio di legare il tempo ad un qualsiasi perno, per non vedere Lara volare fuori dalla coperta bianca e pura dell'infanzia come una farfalla dal proprio bozzolo protettivo. Persa dietro la nebbia di questo pensiero indecente, sì sentì più vecchia che mai. Quella sensazione di declino verso l'ignoto la invase, senza consentirle di opporsi.
Afferrò un post-it dal mazzetto che era sul frigorifero, prese la penna che trovò lì accanto e si sedette al tavolo a scrivere, come faceva nei momenti in cui si sentiva sopraffatta dalle emozioni.
"Il tempo corrode le pareti del cuore, succhiando la linfa della vita e si perdono tra le maglie del passato frammenti di me che mai più ritroverò alle soglie del domani. Vita, amata Vita! Mai mi sono sentita tanto vicina al flusso liquido delle tue sorgenti! Tempo, bastardo Tempo! Violentatore della realtà che vola via dal proprio bozzolo sconquassato."
Intanto, Lara, coricata sul pavimento sdrucciolevole dei sogni, costruiva con la mente il suo futuro con Giovanni. Immaginava la casa che avrebbero condiviso, il sonno che avrebbero perso per amarsi, i loro due figli: Eva e Samuele. Lara era così vicina al mondo immaginativo che costruiva il suo puzzle mentale con dovizia di particolari, mai nettamente consapevole del confine tra realtà e sogno. Se li immaginava quei bimbi suoi come se fossero lì, di fronte a lei, in carne e ossa. Eva era mora e selvatica come lei, tutta impastata nella polvere di sogni e sarebbe diventata una donna dal cuore grande e la testa fra le nuvole. Samuele, invece, aveva il fervore e la spigolosità del padre, avrebbe fatto impazzire le ragazze e, forse, sarebbe diventato un pilota di aerei o un paracadutista.
Con gli occhi trasognati, Lara guardava il soffitto riempirsi della luce tenue del suo futuro inventato e bramato. Mentre disegnava la sua vita insieme a Giovanni, la sorprese un sonno profondo e ristoratore.
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ChickLitUn, due, tre stella... Eccomi, tento di fermarmi, come una statua di carne e sangue, davanti alle vostre menti voraci, torbide, ambigue. Niente di strano, anche la mia è inzaccherata di non detti, mezze verità, bugie mascherate di veridicità. La mia...