Sogno..

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Era seduta su un banchetto di scuola, timorosa e vigile, costretta in un minuto grembiule, la cui innocente stoffa blu, con una fatica percettibile, si arrabattava nell'arduo compito di coprire tutti i nodi, i germogli e i getti del suo corpo di donna in fioritura. Lo sguardo era tutto concentrato nel tentativo di decifrare un'incomprensibile formula matematica, scritta col gesso bianco sopra la lavagna nera. Improvvisamente, si materializzò, dal nulla, un portento di donna. Pareva aver preso corpo e sostanza proprio dalla dura materia scura della lavagna, quasi creata da un soffio vitale di soprannaturale provenienza. Era bella, forse come la prima donna che aveva abitato l'Eden. Tuttavia, il suo corpo soffriva di un surplus di carne, era traviata da curve troppo tortuose, una dea fertile e fiera nella sua nudità, con una frotta frondosa di boccoli neri che schizzavano nell'aria come serpenti inquieti. Sotto le ciglia fitte, arcuate, si aprivano due pozzi neri come la pece, immersi nella poltiglia bianca della sclera. La bocca era un fiotto di sangue scarlatto, schizzato sulla pelle del volto, che splendeva di un bianco inconsistente. Lara affogò lo sguardo in quel cratere femminino che eruttava sensualità e indecenza, si sentì corrotta da un'inquietudine tumultuosa di terrore e desiderio, una marea scomposta di emozioni che unificava vita e morte. Quell'antro misterioso di lingua e sangue si aprì, per vomitare una voce le cui note si decomponevano gradualmente in suoni orripilanti.

"Perché? Vorresti dirmi che tu sai resistere alle tentazioni?"

Lara si svegliò, con il corpo avviluppato a tratti nel copriletto di rose fiorite, stampate nelle focose sfumature del rosso. Un'orda scomposta di minuscole goccioline di sudore le bagnava volto e petto. Il suo respiro folle pervadeva l'aria della stanza, densa degli effluvi del sonno. Il cuore galoppava furioso, minacciando di spaccare la pelle tenue dei seni, per schizzare sul soffitto. Lara rimase cristallizzata nella posizione scomposta in cui l'aveva sbattuta il risveglio improvviso: le gambe piegate e rovesciate sul lato destro, le braccia distese accanto alle spalle, piegate a formare un angolo pressoché retto. Sembrava una vergine impaurita, in attesa di essere sacrificata a chissà quale dio pagano. Immobile, con lo sguardo in fiamme, si offriva, come una meretrice inesperta, alle carezze frizzanti della brezza notturna. Le folate, lievi e furtive, si infilavano a fiotti dal balcone, spalancato sulle tenebre che fottevano la campagna di Sant'Eusanio, assopita ai piedi di Monteroduni. Si riverberava, nel buio denso, il lucore pallido della mezza luna mancante, che andava a mangiucchiare avidamente la pelle di Lara. E il sangue e le ossa della ragazzina si intricavano con i suoni della notte, con i colori pallidi della luna, con i fluidi del sonno.

Lara era fatta di incertezza e di passione, era impastata di eccitazione e di sogni, non sapeva essere diversa, e questa incapacità cronica di cambiarsi era la sua rovina e la sua fortuna insieme. Aveva fame di vita e non riusciva a voltare le spalle ai suoi desideri, ai suoi istinti bestiali, alle sue voglie birichine e libidinose. Era sempre un passo al di là della ragione, oltre di essa, fuori dal suo campo d'azione, libera di essere e di sbagliare, di bruciare e di godere, senza limiti, senza proibizioni. Lara odiava le proibizioni, se le sentiva troppo strette addosso, soffocavano la sua pelle e la facevano respirare a fatica, imputridivano i suoi impulsi, corrompevano le sue voglie orgastiche. In un circolo vizioso, diveniva sempre più sregolata la fame di piacere, quanto più diventava folle il terrore della colpa che era condannata a subire. Si trasformava in una tiranna bastarda, allorché regnava oltre il controllo della coscienza, ma ritornava ad essere uno spaurito agnellino quando rientrava nel suo regno di colpa e rimorso.

Ripensò alla giornata ormai sfumata, le parve di sentire, più pungente che mai, l'odore acre del sesso. La sorprese il piacere, la travolse il ricordo del godimento che aveva provato, l'eco dei suoi gemiti che colmavano l'aria viziata dall'afa estiva.

Forse domani, pensò, sarebbe andata a confessarsi, avrebbe chiesto perdono a Dio per i suoi peccati e, forse, si sarebbe sentita un po' più leggera. Lara era una contraddizione dentro un corpo di donna, si dava al piacere senza pudore ma sentiva il bisogno di redimersi sempre. Quando era in confessionale, e ascoltava la sua voce dispiegare nell'aria racconti osceni di cui era la protagonista, si chiedeva quale strano morbo le intossicasse l'anima. Nel momento in cui confessava a Dio e al prete i suoi peccati, non provava imbarazzo bensì confusione. Percepiva l'assurdità della sua condotta, la contraddizione tra la sua fede ardente in Dio e la sua ossequiosa dedizione al peccato. Aveva sull'anima una spaccatura profonda che inghiottiva ogni tentativo di mettere veti al suo desiderio sessuale.

Solo un occhio frivolo avrebbe potuto non accorgersi di quanto fosse devastata dentro. Aveva gli occhi frantumati da una sofferenza nera, la voce insaponata di paura, le cui note languide e sensuali mal celavano acuti picchi di dolore. La sua gestualità era una danza scomposta e perversa, tutto uno scrosciare di ritmi intaccati dall'insanità. Lara era una bambina con l'anima in pezzi, la coscienza fragile e un buco dentro che la svuotava di tutta la volontà, era un nucleo magmatico di voglie brulicanti che frantumava ogni tentativo di arginarlo.

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