Si inclinava verso le colline un sole ubriaco d'una luce riottosa ad ogni esagerazione. L'estate volgeva ormai al termine e si portava sulle spalle il fardello dei tempi di bollore, emanando un calore più tiepido e lieve che presagiva già l'autunno. Tutte le cose ristagnavano in un'attesa malinconica e languida, l'aria era talmente densa da ovattare i rumori e dalla terra esalava l'odore intenso delle piogge dei giorni precedenti.
Lara aveva sempre vissuto il mese di settembre in uno stato di languore e spossatezza, ma quella fisiologica condizione di melanconia, che accompagnava la fine dell'estate, era acuita dalla ferita che portava sull'anima, ancora in via di guarigione.
Quel giorno di fine settembre, la sofferenza si era rivelata tanto pruriginosa e assillante, da condurre la ragazza ad una decisione inaspettata.
Si trovò di fronte al cancello che conduceva sulle porte di quell'assurdo luogo di follia umana, dove i corpi senz'anima se ne stanno distesi sul loro ridicolo letto di morte, vestiti di tutto punto per presentarsi allo scempio della decomposizione.
Lara non aveva mai compreso quel bizzarro modo di esorcizzare la morte e aveva rifiutato categoricamente di vedere il corpo morto di Giovanni. Non si trattava di un rifiuto dettato dalla banale intenzione di conservare intatto il ricordo dell'amato, la sua era un'opposizione che aveva motivazioni più pratiche.
Quel corpo, deturpato dai morsi della morte, non era null'altro che carne putrida e non recava più neppure il baluginio di quel ragazzo che le aveva rapito l'anima. Questa certezza la tenne ben lontana dall'aderire acriticamente a quel rituale macabro che si svolgeva in onore della morte.
Se la visione della lapide di Giovanni aveva un ruolo era semplicemente quello di portarla ad un'accettazione più completa della sua dipartita. E proprio la necessità di volgersi verso questo scopo, sollecitava nella sua anima un subbuglio di sentimenti che andavano dalla paura al puro terrore, dall'ansia all'angoscia più terribile.
Si diede un pizzico sullo stomaco e varcò la soglia di quella desolazione di silenzio urlante, di marmo freddo, foggiato in forme sacre di Angeli in preghiera, Madonne dal volto inclinato sulla terra e Cristi coronati di spine. Le parve di percepire, sotto l'acciottolato, i cumuli di ossa che la morte sgranocchiava, emanando un rumore sordo.
I cipressi graffiavano il cielo, come a richiamare l'attenzione di un'entità superiore su quel luogo osceno. Un puzzo acre di terra putrida le schiaffeggiò le narici, e una voglia matta di fuggire via le punse gli stinchi nudi.
Combattendo contro l'istinto, si fece largo tra le lapidi lamentose, con il suo vestitino rosso sangue. Era un sussulto di vita sanguinante dentro un baratro di morte, una macchia di emozione rossa su una tela nera, era presenza pulsante nel silenzio assordante dell'assenza.
Si dirigeva a passi piccoli e timorosi verso la cappella dove avevano tumulato il corpo di Giovanni, quel tragitto le sembrò di una lunghezza infinita, tutto disseminato di tombe che nascevano sulla terra come piante oscene, ricolme del miasma dei crisantemi, puntellati di oggetti morti che si ergevano come macabre sentinelle.
In quell'accozzaglia di marmo fiori e morte, le parve di perdere ogni riferimento terrestre, quasi fosse stata sbattuta da una forza misteriosa contro le porte dell'aldilà. Con il numero di tombe che scivolavano dietro i suoi occhi, andava crescendo pure l'ansia di arrivare alla sua meta.
Il cuore schizzava oltre i confini del petto, ad un certo punto le parve di sentirselo colare tra le mani, nella sua consistenza soda e sanguinolenta. Gli occhi sputavano l'angoscia che andava accumulandosi dentro e, quando arrivò sulle soglie della cappella, si fermò come congelata, quasi temesse, entrando, di sporcarla di sangue e terrore. Ma forse, più che di sporcare, temeva di immergersi nella melma miasmatica della morte ed esserne sopraffatta, sparendo per sempre sotto quell'onda ripugnante.
Come in un atto di rivolta, la vita, dentro di lei, si fece più densa che mai, tanto che Lara si sentì invasa dal suo fluido di luce e così, nascosta dentro gli anfratti di quel lucore, trovò il coraggio di entrare. Non riuscì mai a comprendere cosa esattamente avesse provato in quel momento.
L'immagine di quel volto amato imprigionata dentro un ovulo di vetro, il suo nome scolpito dentro il marmo, i fiori che si stagliavano sul pavimento gelido come una flotta di navi in guerra. Tutto l'insieme di questa visione offese gli occhi di Lara più che il pensiero di quel corpo morto dentro il loculo. Le ginocchia facevano fatica a sorreggerla, le lacrime uscivano a fiotti, si accasciò sul marmo freddo del pavimento e vide la pareti della cappella farsi così vicine che temette potessero tritare le sue ossa fragili.
Anche a distanza di anni, non riuscì a ricordare quanto tempo le ci volle per riprendersi, ma rimembrava nitidamente la sensazione di pulizia emotiva che aveva provato uscendo da quella porta. Aveva lasciato lì dentro tutti i residui di morte che le erano rimasti appiccicati addosso e ora poteva camminare più libera e più leggera.
Anche i ricordi del suo amore erano stati mondati da ogni macchia mortifera e, ora, poteva ripercorrerli con la memoria, senza esserne sopraffatta. Aveva compiuto anche l'ultimo passo verso l'accettazione del passato e, da quel momento in poi, la sua vita perse l'odore fetido della morte e ritornò a volare nelle fragranze delle infinite possibilità del presente e del futuro.
Non avrebbe mai più fantasticato sul futuro che avrebbe potuto costruire con Giovanni perché, ora, era inebriata dalla consapevolezza che quell'amore furioso e caduco era tutto quello che la vita aveva voluto concedere loro ed era assurdo e inutile immaginare l'impossibile.
Giovanni era un angelo che brillava nel suo passato, era una rivelazione d'amore e, ora più che mai, percepiva quanto l'amore fosse svincolato dalle persone. Quanto sciocca era stata a pensare che l'amore avesse un volto e un nome, ora sapeva che, invece, è una qualità dell'anima, un derviscio rotante che si dimena senza altra meta che il folle girotondo.
L'amore è senza nome, senza oggetto e senza tempo, come tutti i sentimenti. Egli è un dio selvatico che ci possiede contro la nostra volontà, per regalarci la possibilità di far germogliare l'anima in tutte le sue infinite possibilità, e Lara era troppo giovane e troppo incatenata al suo istinto primordiale per precludersi la possibilità di amare ancora.
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ChickLitUn, due, tre stella... Eccomi, tento di fermarmi, come una statua di carne e sangue, davanti alle vostre menti voraci, torbide, ambigue. Niente di strano, anche la mia è inzaccherata di non detti, mezze verità, bugie mascherate di veridicità. La mia...