7.

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Oggi sono in anticipo, quindi decido di avviarmi a piedi verso scuola.
La campanella ancora non è suonata ma decido di entrare comunque per ripetere italiano, non si sa mai che il prof mi interroghi.

I primi compagni iniziano ad entrare in classe e alcuni di loro mi si avvicinano.
"Ma tu conosci Sferaebbasta?" Mi chiede con foga Andrea, o almeno, penso si chiami così. Ho sempre avuto problemi con i nomi.
"Ehm, si."
"Non ci credo, ce lo fai conoscere? Ceh tu hai preso parte anche a dei suoi video?" Continua Martina.
"Beh, se capita che mi venga a trovare certo, perché no?"
"Qualche giorno di questi ti va se pranziamo tutti insieme?" Mi chiede la ragazza indicando anche i suoi amici.
"Sì dai, volentieri."
E tornano al loro posto entusiasti.

Come immaginavo, la gente viene sempre attratta dalla 'fama'. Non dico di essere famosa, ci mancherebbe, ma ho delle conoscenze nel mondo della musica e della moda, è capitato di far parte di alcuni video musicali di artisti come Sfera, Gemitaiz, la Dark Polo Gang e fatto alcuni shooting per riviste o sfilato un paio di volte per alcuni stilisti.
Ma molta gente vede solo questo di Eva, solo l'apparenza, i capi firmati, i suoi follower, la gente famosa che conosce. La maggior parte non va oltre questo.
Io sono di più, è vero che io conosco tanta gente, ma i miei amici, quelli veri, si contano sulle dita di una mano.
Per questo tendo a non dar confidenza a troppi e fidarmi di nessuno, a fare la stronza se qualcuno si avvicina troppo alla mia zona di comfort.

La gente ti usa solo e iniziare a farsi la pelle già dall'età di 16 anni è dura.
Quante delusioni ho avuto da persone che credevo mie amiche e si sono rivelate delle serpi. Ad oggi non mi faccio più fregare.

"Bambolina, sta mattina mi hai bucato."
Dice Luca con un finto broncio, prendendo posto accanto a me.
"Bucato?" Chiedo confusa girandomi verso la sua parte.
"Com'è che dite voi del nord? Fare il bidone? Appendere? In ogni caso non ti sei presentata."
"Mh, per caso ti ho detto che sarei venuta? Non mi risulta."
"Ribadisco. Quando dormi sei più tollerabile e simpatica."

Sbuffo e mi volto verso la cattedra dove il prof ha appena poggiato il suo materiale, cercando di camuffare il sorriso in una smorfia annoiata, ripensando al biglietto che aveva lasciato in camera mia.

Mentre il prof interroga, inizio a non sentirmi molto bene.
Ho il respiro affannoso, il cuore che batte all'impazzata, inizio a tremare, mi sento soffocare.
No, non di nuovo, non qui per favore.
"Eva, va tutto bene?" Chiede il moro allarmato al mio fianco.

"Prof, posso uscire? Non mi sento molto bene."
Lui annuisce ed esco di corsa.

Da quando scoprii delle schifezze che faceva mio padre, seguite alla rottura con la mamma, la situazione che si era creata in casa, la tristezza di sapere che da li a mesi avrei dovuto lasciare la mia vita a Milano e la paura di trasferirmi qui a Salerno, ha fatto sì che il mio corpo e la mia mente ne risentissero.

Iniziai a soffrire di attacchi di panico, solo i miei amici stretti lo sapevano, anche perchè capitò più di una volta che mi venissero quando ero con loro.

Ho una paura fottuta di morire quando succede, il che alimenta la mia ansia e non placa la situazione, anzi, inizio a piangere come una bambina, ed è quello che sta succedendo in questo momento.

Sono seduta sulle scale in fondo al corridoio singhiozzando, col respiro cortissimo e tremo, tremo come una foglia.

Continuo a ripetermi in mente "Eva sei forte, calmati che tra qualche minuto passa tutto, hai affrontato ben altro nella vita."
Ma prima che i cattivi pensieri prendano possesso della mia mente sento i passi svelti di Luca, accompagnati dalla sua voce.

"Eva, ma che cazzo succede? Mi hai fatto prendere uno spavento."
"Dio, ma stai piangendo? Vieni qua." Continua mentre mi stringe in un abbraccio, vedendo le condizioni in cui sono.
Che odio farmi vedere in queste condizioni da qualcuno che a stento conosco, ma lo apprezzo.

Sembrano passati secoli da quando non ricevo abbracci come questo.
Avrei preferito quello di Mirko, il mio migliore amico, ma me lo faccio bastare comunque.

Passano un paio di minuti e sembro calmarmi, quindi mi stacco bruscamente da lui e mi alzo, incamminandomi verso l'aula, asciugandomi gli occhi e rimuovendo le colate di mascara, specchiandomi dal mio cellulare.

"Ehi, no aspè, mo mi dici che ti è successo." Si impunta davanti a me, con aria severa.
"Niente." Cerco di dire più composta possibile, come se non fosse assolutamente successo nulla.
"Quello io non lo chiamo niente." Dice alzando la voce.
"Chiamalo come ti pare, ma dillo a qualcuno e sei morto. Fammi tornare in classe, è da un po' che sono fuori." Ribatto io sorpassandolo, ma mi blocca il polso.
"Eva, perchè fai così? Vorrei provare pure a capirti, ma me lo impedisci. Non ce la faccio."
"Se te lo impedisco, non ostinarti. A stento ci conosciamo, serve più di qualche giorno per capirmi, a volte nemmeno io so decifrarmi." Dico senza girarmi e liberandomi dalla sua presa, poi torno in classe, sola.

La ricreazione la passo chiacchierando del più e del meno con Marta e Camilla, che mi invitano con loro ad una festa in discoteca tra due sabati, si è un po' presto ma i biglietti per il privè sono limitati, quindi bisogna affrettarsi.
Io accetto il loro invito, mi serve proprio un po' di svago e il ritorno alla mia vita mondana.

Torno a casa a piedi, io e Luca non ci siamo più rivolti la parola dopo quello che è successo, in fondo cosa mi sarei dovuta aspettare? Anch'io avrei fatto la stessa cosa se qualcuno mi avesse risposto nel modo in cui mi sono rivolta a lui.

Dimmi di noi.||CapoplazaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora